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L’Almanacco

Creato il 07 agosto 2010 da Fluente

L’Almanacco

Il buongiorno anche per questo sabato vi giunge da Federico e il consueto appuntamento con l’almanacco.Iniziamo immediatamente con le rubriche e come al solito vediamo insieme che tempo avremo nei prossimi giorni sulla nostra penisola.

Previsioni meteo

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l’Italia resterebbe ancora divisa in due, con il nord sempre pronto a subire gli effetti di una certa instabilità, indotta da infiltrazioni di aria fresca di origine atlantica. Qualche corsa parallela del modello a cui facciamo riferimento seguita anche a lanciare l’ipotesi “spacca-estate”, cioè con la saccatura pazza che si tuffa dalla Scandinavia,  ci mitraglia con temporaloni e ci cannoneggia con bombe di aria fredda. Ci sembra francamente un’ipotesi troppo estrema e anacronistica, almeno per il momento.

Ricapitolando: chi è in vacanza al centro-sud rischia poco, chi è al nord solo un po’ di più, anche se nelle Alpi l’agosto senza temporali, è come uno strudel senza mele, che montagna sarebbe?

SINTESI PREVISIONALE SINO A VENERDI 13 AGOSTO 2010:
sabato 7 agosto:

nubi residue su Venezia Giulia, Alpi orientali di confine con sporadici rovesci o piovaschi, ma con tendenza a miglioramento. Isolati focolai temporaleschi pomeridiani anche su monti abruzzesi ed Appennino meridionale, bel tempo altrove, temperature in aumento.

domenica 8 agosto:

bel tempo ovunque, in giornata passaggi nuvolosi lungo le Alpi con qualche rovescio o breve temporale possibile, specie sui settori centro-orientali, caldo moderato.

lunedì 9 agosto:

bella giornata calda ovunque.

martedì 10 agosto:

si accentuerà l’instabilità al nord, con qualche rovescio o temporale pomeridiano, specie sui rilievi ma anche con bei momenti di sole. Bel tempo al centro-sud, salvo nubi passeggere sulla Toscana e un po’ di cumuli in Appennino. Caldo un po’ afosetto, più fresco nelle Alpi.

mercoledì 11 e giovedì 12 agosto:

poche variazioni, ancora qualche temporale sparso pomeridiano-serale al nord, sporadici sull’Appennino centrale, bel tempo altrove, caldo moderato, più intenso al sud.

venerdì 13 agosto:

al nord e sulla Toscana instabile con nubi sparse e qualche temporale o rovescio, tempo migliore altrove, in serata tendenza a miglioramento. Temperature in lieve calo al nord e sulla Toscana, stazionarie altrove.

Alessio Grosso

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I lavori della settimana


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I lavori che vi consiglio da fare nella prossima settimana possono iniziare con il potare  e  cimare i rampicanti sempreverdi come l’edera e il gelsomino, appena terminata la fioritura, e i nuovi rami delle siepi sempreverdi. Seminiamo all’aperto   cardo, prezzemolo, ravanello e rucola, ma solo se il clima non sia troppo caldo, altrimenti tendono a diventare piccanti.

IL proverbio

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Acqua d’agosto,
olio, miele e mosto.

Da sapere

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I meloni vanno raccolti un giorno prima poi lasciati 18 o 20 ore in luogo fresco, acquistano maggior delicatezza e profumo. Per stabilire il momento giusto per la raccolta ci si basa sul colore della buccia, che deve avere una colorazione tendente al giallo piuttosto che al verde, e sulla quantità di profumo he emanano. Invece, siccome le angurie non esalano alcuprofumo particolare e conservano sempre il loro colore verde,anche se mature è più difficile stabilire il momento giusto per la raccolta. Empiricamente, si può fare una certa pressione con il pollice, dalla parte opposta del peduncolo, sulla corteccia
la quale, se il frutto è maturo, cede leggermente e crepita sotto la pressione. Si può anche dare al frutto qualche deciso colpetto e, se per il colpo applicato coll’unghia del dito medio si sente un suono cupo, il frutto può essere staccato se ,invece rimanda un rumore più sonoro,risulta necessario aspettare qualche giorno prima di coglierlo.

Il libro verde


È comune pensare alla botanica come a una scienza noiosa. Invece il mondo animale, si pensa, è molto più vicino a quello umano per la varietà dei comportamenti e della “moralità”. Le piante non si muovono, non pensano, insomma vegetano… E se non fosse così?

Giorgio Celli, noto etologo ed entomologo, con il suo tipico humour che stempera il rigore scientifico, ci guida in un viaggio pieno di sorprese e curiosità alla scoperta dei comportamenti vincenti nella lotta millenaria per la sopravvivenza delle piante.

Tra patate che mettono in fuga gli afidi segnalando chimicamente la presenza di una coccinella e certe orchidee che si “travestono” al tatto e all’olfatto da femmina di imenottero così che i maschi, copulando di fiore in fiore, portano con sé il polline, gli esempi di astuzie si moltiplicano come in una commedia degli equivoci.

Ma Celli si spinge oltre. Rielaborando sapientemente idee dei grandi naturalisti del passato, da Darwin a Haeckel a Fechner, avanza ipotesi e domande suggestive su un’ipotetica «intelligenza» delle piante.

Come spiegare il caso della mimosa sensitiva che si ritrae a mo’ di difesa se viene urtata, ma poi si «abitua» a questo stimolo se ripetuto? Perché le piante rampicanti riescono a seguire il supporto a cui aggrapparsi anche se si sposta? Cosa le guida?

La scoperta di un’attività elettrica simile a quella dei nervi umani nelle radici delle piante può spingerci a ipotizzare che sia una forma di sistema nervoso dei vegetali? Di certo, se le piante mentono ai predatori, comunicano fra loro e si adattano alle pressioni dell’ambiente, allora vuol dire che in Natura l’«intelligenza» è un concetto molto più elastico di quanto siamo pronti a capire.

Itinerari marchigiani

Montefabbri

Il nome

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Montefabbri, di origine incerta, deriva presumibilmente da Monte Fabrorum, ovvero il castello della famiglia (dei) Fabbri.

La Storia

VII-VIII sec., la discesa dei Franchi coincide con il formarsi delle pievi, come quella di San Gaudenzio, e di insediamenti umani in luoghi più sicuri.
X-XI sec., la scarsa popolazione presente nelle zone intorno alla pieve comincia a dotarsi di strutture difensive.
XII sec., nel territorio della pieve di San Gaudenzio sorgono quattro castelli, uno dei quali è quello di Montefabbri.
1216, il nome del castello di Montefabbri compare per la prima volta nei documenti ufficiali.
XIII sec., le sorti del castello sono legate a quelle dei signori di Urbino e di Rimini, i Montefeltro e i Malatesta, che se lo contendono.
XIV sec., alternanza di potere tra i Montefeltro e la Chiesa.
XV sec., il castello di Montefabbri entra sempre di più nell’orbita del ducato di Urbino, al quale fornisce soldati e capitani di ventura.
1578, il duca di Urbino Francesco Maria della Rovere nomina conte del feudo di Montefabbri l’architetto civile e militare Francesco Paciotti. I Paciotti mantengono la proprietà di Montefabbri fino al 1744, quando il borgo passa definitivamente allo Stato Pontificio.
1862, con l’apertura di una caserma dei carabinieri e l’uccisione del brigante Terenzio Grossi, si mette fine al banditismo locale, finalizzato alla restaurazione del governo pontificio contro lo Stato unitario.
1869, Montefabbri perde l’autonomia amministrativa e viene annesso al Comune di Colbordolo.

Un paesino d’altri tempi

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La prima cosa che colpisce è la visione d’insieme: questo borgo sembra cambiato ben poco dal 1400. II suo impianto urbanistico medievale in posizione sopraelevata conferisce al piccolo nucleo abitato un suggestivo colpo d’occhio. Merito (si fa per dire) della mancanza di risorse, se questo castello equidistante da Pesaro e Urbino non è stato manomesso, conservando nel tempo gli antichi caratteri. Dopo secoli costellati di miseria e privazioni, quando le uniche fonti di reddito erano l’agricoltura e la fornace, gli abitanti ora scoprono di avere in mano un tesoro. E infatti nessuno se ne va o vende casa. Neanche al Comune che vorrebbe creare uno spazio aggregativo. I residenti si tengono ben strette le loro piccole e vecchie casette, che conservano ancora i segni della povertà originaria, ma tant’è: tutto intorno ci sono solo colline, campagne e silenzio. I camion non passano sotto lo stretto arco d’ingresso e la sveglia non esiste, sostituita dal canto degli uccelli. Frenesia è una parola sconosciuta e le giornate lavorative si allungano o si accorciano seguendo il ritmo delle stagioni.

Se, percorrendo il crinale che da Colbordolo porta a Urbino, è impossibile non fermarsi ad ammirare questo splendido borgo, non basta osservarlo da lontano. Conviene entrare dentro la cinta muraria del XII secolo, passando sotto l’arco dove era posto il ponte levatoio. Sopra l’arco fa bella mostra di sé la Madonna Lattante, in pietra arenaria del XV secolo. Ma la vera sorpresa è la Pieve di San Gaudenzio, sorta probabilmente tra VII e VIII secolo e dedicata al primo vescovo di Rimini martirizzato nel 360 circa. All’interno sono conservate numerose opere decorative realizzate con la tecnica povera della scagliola, tutte in bianco e nero e del medesimo autore. Si tratta di paliotti, pannelli e lapidi risalenti alla fine del XVII secolo. Il paliotto più bello è quello dell’altare maggiore (la parte anteriore): datato 1687, rappresenta San Francesco da Paola intento nella preghiera. La chiesa è ricca di marmi (da notare l’elegante balaustra del XVII secolo), ha una cripta del XII secolo dove sono custodite le spoglie di Santa Marcellina (traslate da Roma nel 1666) e una quattrocentesca torre campanaria alta 25 m. Tradizione vuole che sul catino del battistero, ricavato da un cippo marmoreo romano, sia stato battezzato il Beato Giansante Brancorsini di Montefabbri.

Il comune capoluogo di Colbordolo conserva una torre e le antiche mura del castello. Nella struttura urbanistica del centro si colgono i segni delle vicende di epoca medievale e rinascimentale. Qui è nato Giovanni Santi, il padre di Raffaello Sanzio. Nella chiesa romanica di San Giovanni Battista si ammira una pregevole tela di Claudio Ridolfi, la Madonna col Bambino e i Santi (1605) che risente dell’influenza del Veronese. Nella frazione Morciola meritano una visita Villa Albani, casa patrizia di campagna, e la chiesa romanico-gotica di Santa Maria, visitabile solo ogni primo e terzo lunedì del mese perché di proprietà privata.

Il prodotto del borgo

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Colbordolo è città del vino e dell’olio. Il territorio dà un ottimo olio extravergine di oliva ed è ricco di vigneti da cui si ricava una doc interessante, quella dei Colli Pesaresi, da vitigni Sangiovese e Montepulciano. Il prodotto tipico del luogo è la crescia, una sorta di panettone salato a base di formaggio pecorino, che si accompagna con salumi locali, uova sode e vino dei Colli Pesaresi.

Il piatto del borgo

La cucina del Montefeltro ama funghi e tartufi, formaggio pecorino e di fossa, e sente aria di Romagna con la piadina e la crescia.

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