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L’Altalena: Due Versioni a Confronto

Creato il 12 marzo 2012 da Dietrolequinte @DlqMagazine
Postato il marzo 12, 2012 | TEATRO | Autore: Laura Cavallaro

L’Altalena: Due Versioni a ConfrontoVi è mai capitato di avere un chiodo fisso in testa? A me, spesso e volentieri. Una mia ossessione viene fuori dalla curiosità viscerale di poter confrontare diverse letture di uno stesso testo teatrale. Questa “stramberia” nasce dalla riproducibilità dell’opera d’arte: nell’epoca del digitale tutto è divenuto copiabile, imitabile, ristampabile in un battito di ciglia, tendenzialmente senza alcun problema. Ma uno spettacolo teatrale no, ogni singola recita è un evento esclusivo, e anche qualora venisse ripreso e ritrasmesso, il carico di coinvolgimento che si porta dietro non può essere eguagliato. A distanza di anni il fato ha compiuto il suo corso. Due diverse interpretazioni, due regie, due compagnie, accomunate da un classico del teatro, L’altalena di Nino Martoglio. Come in una partita di calcio, due squadre in campo: da una parte la meno nota compagnia In…Stabile di Bronte, dall’altra quella del Teatro della Città di stanza al Brancati di Catania. Inevitabili i raffronti. Innanzitutto entrambe fanno una lettura “classica” del testo, anche se ciascuna vi lavora in maniera diversa, eliminando alcune battute e aggiungendone altre. La scenografia è quella di una bottega di barbiere, la prima più modesta, la seconda più d’impatto. Uno a zero per il Brancati. Ma la partita a questo punto prende una piega diversa. Francesca Ferro dirige magistralmente un gruppo ben compatto composto da Dario Daquino (Don Neli), Valeria Maio (Donna Aitina), Giuseppe Di Bella (Ninu), Giovanni Giudice (Mariddu), Giuseppe Fallico (Pitirru), Domenico Maio (Don Ignazio) e Teresa Portaro (Za’ Sara). Dall’altra parte Giuseppe Romani, “allenatore” della squadra Brancati, si trova a dirigere grandi interpreti come Filippo Brazzaventre nei panni del protagonista Neli, Massimo Leggio in quelli di Mariddu, Nellina Laganà in quelli di Flavia, Luana Toscano (Aitina), Miko Magistro (Ninu), Tuccio Musumeci (Pitirru), Guia Jelo (Za’ Sara). Purtroppo i loro grandi nomi e la fama che hanno viene offuscata da attori meno popolari ma perfettamente calati nei panni dei personaggi e che, con la freschezza della loro età, riescono a rendere credibile una vicenda incentrata su un amore giovanile.

L’Altalena: Due Versioni a Confronto

È vero che la bravura di un grande attore riesce a far dimenticare al pubblico la sua età anagrafica, come afferma George Bernard Shaw in un suo famoso testo, ma in questo caso il tutto risulta poco verosimile. Tuccio Musumeci appare per esempio piuttosto improbabile come giovane garzone di bottega. La verve e la comicità di Miko Magistro o di Guia Jelo non bastano a restituire lo spirito dell’opera martogliana che non è fatta solo di comicità. La chiave di lettura data dalla regista Francesca Ferro mostra un lavoro curato nei minimi dettagli. Intensa l’interpretazione della sua Aitina, sul cui volto si poteva leggere la sofferenza dell’abbandono; il suo personaggio ha un bellissimo sviluppo nel corso dei tre atti, fino al culmine della storia, nel lieto fine, cosa che purtroppo non si avverte nell’altra interprete, la Toscano, che risulta piuttosto monocorde. Di conseguenza la credibilità di Neli si sgretola in Brazzaventre. Cosa che invece non succede a Daquino; in questo contesto quel quid in più dato dalla serenata, eseguita dal vivo con il supporto del gruppo “I scantati ra stilla”, serve a creare quell’atmosfera di passionalità e sentimento che è pregnante del suo personaggio. Intimistica la Za’ Sara della Portaro che nell’ultimo atto scioglie il vero senso di tutta l’opera, mentre Guia Jelo gioca più sull’aspetto buffo e grottesco di questa zia un po’ strega, un po’ ruffiana. Il personaggio più riuscito in entrambe le versioni è sicuramente Ninu il barbiere; reso benissimo sia da Magistro che da Di Bella, ciascuno con il proprio repertorio di sketch comici. La partita dunque si conclude con un pareggio, ma la vera vincitrice in questo caso è l’Arte.

L’Altalena: Due Versioni a Confronto



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