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L’altra faccia della Sincerità

Da Danielevecchiotti @danivecchiotti

L’altra faccia della SinceritàChissà poi perché questo senso di leggera vergogna, di segreto da tenere.
In treno leggo l’e-book “Il paradiso non è un granché”, biofiction di Arisa appena uscito per Mondadori, e lo faccio quasi come se stessi sfogliando una rivista porno (anzi no… come se tenessi in mano l’ultimo numero di “Famiglia Cristiana”, visto che mostrarmi in pubblico con pubblicazioni hard-core non è mai stato un problema, per me).
Mi guardo da fuori e mi rendo conto che ho quasi il timore che qualche altro pendolare, vedendomi sorridere per le efficaci battute ironiche contenute nel testo, possa incuriosirsi e chiedermi cosa sto leggendo, di così divertente.

Noi fintintellettuali abbiamo questo assurdo senso del dovere di apparire in società sempre con un tomo che ci dia un tono, opere spesse di romanzieri noiosissimi e grandi pensatori incomprensibili. E ci sentiamo come se le telecamere de “La vita in diretta” avessero spalancato la porta del bagno mentre stavamo avendo una scarica di dissenteria, quando veniamo scoperti a trovar piacere nelle centosessanta pagine scritte da una cantante pop.

Ebbene.. io  oggi mi ribello a me stesso, e a tutti i cliché sullo scrittore-lettore sempre preso dai suoi onanismi saccenti, e grido a gran voce “Viva la Pippa!” (in questo caso, una volta tanto, non nel senso dell’orgasmo fai-da-te ma in quello del vero cognome di Arisa).

Non comprendo bene la ragione per cui Andrea Camilleri o Margaret Mazzantini siano considerati “narrativa”, mentre il pregiudizio di cui tutti, volenti o nolenti, siamo inconsce vittime releghi le confessioni intime dell’interprete di una canzoncina di grande successo nel limbo dell’intrattenimento di serie B.
Quale sarebbe la discriminante per cui Paolo Sorrentino e Alessandro Baricco sono romanzieri e Arisa invece no?
Gli autori dei prodotti editoriali di oggi – tolti i pochi, rarissimi veri Scrittori – sono tutti trash allo stesso modo. Tutti si fanno rivedere le bozze dagli editor per renderli meglio vendibili, e se non hanno un redattore che taglia e sforbicia a favore delle leggi di mercato è solo perché sono già commercialmente scafati e riescono a far quel mestiere anche da soli.

Dunque ben venga Arisa e la sua Sincerità, che in questo libro non è più solo il banale motivetto vincitore del Festival di Sanremo, ma anche un ingrediente della narrazione che ci permette di scoprire l’altra faccia della presunta cantantina da oratorio: i suoi appetiti sessuali, le serate a fumar spinelli col fidanzato, le sedute con la psicanalista, e tutta la forza e la debolezza di una piccola popstar che non è certo una grande scrittrice ma che almeno – e proprio lì sta la sua potenza – è una tizia come tante.


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