L'altro Giuliano

Creato il 23 maggio 2011 da Ilpescatorediperle
Ora che proprio tutti, persino il tremebondo Corriere della Sera, iniziano a prendere, criticamente, pen(s)osamente, già col tono di chi l'aveva sempre detto, le distanze dal berlusconismo, in un trionfo di verbi al passato - del passato più adeguato a descrivere il nostro presente: l'imperfetto - ora, insomma, che appare evidente anche ai muri che i muri stanno crollando - con la speranza che il nostro Sansone al contrario, più forte quand'era senza capelli, non trascini con sé anche noi piccoli filistei; ora che molti, se proprio non si accalcano a salire sul carro del nuovo vincitore, che ancora non c'è, di sicuro si accodano a scendere da quello del prossimo perdente: proprio ora vale la pena di leggere l'inconsolabile frustrazione con cui Giuliano Ferrara, senza scendere da nessun carro - che sarebbe certo un'operazione complessa e non priva di effetti collaterali sugli altri passeggeri - intona il lamento neroniano mentre Roma (ma anche Milano, ma anche Canicattì, Spilimbecco... insomma l'Italia tutta), più che bruciare, lentamente (potrei sbagliarmi ma) si affranca dalla morsa del nano.
"Vorrei continuare la corsa, ma se la strada è quella dell’invadenza arrogante a reti unificate, del monologo che umilia gli interlocutori e gli elet­tori, del semplicismo e del ba­by talk arrangiato, sciatto, po­veramente regressivo, mi man­ca il fiato." 
Si capisce che qui, più che alle risa generate da un avventuroso podismo, l'Elefantino si rivolge a san Paolo: "Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede." (2Tim 4, 6-8). All'Apostolo (che personalmente ho sempre detestato per la sua soporifera prosa epistolare e il suo eccesso di marketing) il proprio bilancio appare positivo. "Si può dire lo stesso della mia conversione sulla via di Arcore?", si sarà chiesto Ferrara; avrà ripercorso, così, il suo personale rosario di anni, il suo Calendario Giuliano di atleta del berlusconismo.Ho combattuto la buona battaglia. Una discesa in campo c'è stata, e fin da subito il giornalista ne è stato parte: lo dichiarò nella vecchia Radio Londra, annunciando che avrebbe fatto parte del governo: Ministro per i Rapporti con il Parlamento del Berlusconi I, il famigerato Berlusconidelnovantaquattro che i nostalgici ante litteram esaltano, come le buone cose di pessimo gusto. E non basta che "Radio Londra" sia oggi preceduto da un "Qui" ad evitare che una sensazione di ritorno alla casella di partenza, di 17 anni buttati a mare (se non altrove), di svaporamento dell'illusoria immagine di un '94 che non c'è mai stato davvero, assalga anche un tamburino del berlusconismo come Ferrara.Ho terminato la corsa. Ferrara è caduto nel tranello in cui spesso cadono gli intellettuali, e nello specifico, per quel che vale, i filosofi: immaginare che il potente di turno li accolga a braccia aperte in modo del tutto disinteressato, abbacinato dalle loro teorie, come docile esecutore delle stesse. E' evidente che non è stato, ancora una volta, così. Berlusconi non è mai stato l'artefice di alcuna rivoluzione liberale, politica decisionista, Seconda Repubblica, nuova destra o altro. Berlusconi è stato, come sempre, unicamente artefice di se stesso, dei propri interessi, dei propri comodi. Che cosa rimane di questi 17 anni, a parte la patente a punti e la legge sul fumo? Assolutamente niente. Ho conservato la fede. Ferrara continua a professarsi amico del premier. Si vede bene che, tra le due grandi massime su verità e amicizia: "Platone mi è amico ma mi è più amica la verità" (di fatto Aristotele) e "Preferisco sbagliare con Platone piuttosto che essere nel vero con costoro" (Cicerone) Ferrara ha scelto di seguire la seconda. C'è da chiedersi, però, di che genere di amicizia stiamo parlando e se, tra i suoi doveri, non vi sia forse anche quello di dire la verità all'amico. Questo Ferrara cerca di farlo, crede di farlo, nel momento in cui ne denuncia gli eccessi; ma poi eccolo pronto a dubbie manifestazioni in mutande, a farsi propagatore televisivo dei deliri del Presidente. In Berlusconi, in fondo, Ferrara ha trovato il Lucignolo della situazione: l'amico charmant che ti permette di fare ciò in cui i tuoi complessi personali ti ostacolano: sbracare, sguaiare, sentirti potente e influente (e perché no, ricco) un po' anche tu. Che è poi la ragione per la quale gente anche meno nobile, diciamo, di Ferrara, ha messo le tende a palazzo Grazioli e dintorni.
Ma oggi, che ne è della battaglia, della corsa, della fede? Tutto scolora rapidamente nel tramonto di un'epoca, disfato com'è dalle urla, dagli insulti, da tanta, troppa volgarità. Tutto pare dileguarsi per nausea, per eccesso, più che per riscossa civile. O forse il disgusto è parte del sussulto. E' presto per dirlo. E' difficile dirlo anche nel caso di Ferrara. A me pare che, davanti al caso di Giuliano Pisapia, l'altro Giuliano rosichi, in silenzio. Dopo il comunismo, dopo Craxi, gli è andata male anche stavolta. Non gli rimane che il cupo sogno biologistico di una chiesa trionfante, in rapporto alla quale, però, egli rimane sulla soglia, senza compiere il salto della conversione, e che non gli assicurerà mai, in fondo, quel senso di onnipotenza che deve aver provato, ogni tanto, guardando le spalle al suo leader del momento.
da TEMPI FRU FRU http://www.tempifrufru.blogspot.com

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