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Negli ultimi decenni la condizione del nostro ambiente sta peggiorando progressivamente.
- Risorse rinnovabili e vitali come l’acqua e l’aria hanno subito gravi trasformazioni che ne hanno peggiorato la qualità e corroso la disponibilità fino a renderle veicolo di malattie a volte anche mortali.
- Il diffuso aumento dell’urbanizzazione ha sottratto terreno all’agricoltura, anche se quest’ultima grazie al ricorso a prodotti chimici, pesticidi e quant’altro, ha aumentato la propria produttività. Ma in questo modo prodotti naturali e biologici stanno diventando sempre più un miraggio.
- L’inquinamento, il problema più grande, soprattutto nel meridione (Napoli in particolar modo). La cosiddetta società dei consumi ha aumentato la produzione di rifiuti in modo vertigionoso, tanto che il loro smaltimento è e sta diventando sempre più problematico.
In conclusione possiamo quindi affermare che quest’uso forsennato del territorio sul quale viviamo ha distrutto le difese contro fenomeni naturali non solo aumentandone di numero, ma anche e soprattutto aumentandone di volume rendendoli ancor più catastrofici, provocando milioni di morti causa terremoti, uragani, maremoti e altro solo per quanto riguarda il nesso natura-ambiente. Se volessimo soffermarci anche sulla correlazione natura-uomo-ambiente i rischi e le catastrofi da analizzare sarebbero innumerevoli.
Ed è proprio il rischio ambientale il secondo punto sul quale volevo soffermarmi in questo brevissimo articolo/saggio volto a sensibilizzare il lettore.
Il noto sociologo Anthony Giddens, nel suo libro “Le conseguenze della modernità. Fiducia e rischio, sicurezza e pericolo“, indica sette termini per interpretare il rischio:
- la consapevolezza del rischio in sé;
- la consapevolezza diffusa del rischio (la comune conoscenza dei rischi ai quali siamo esposti);
- la consapevolezza dei limiti del sapere esperto (nel senso che nessuno ha una totale conoscenza delle conseguenze di un determinato accadimento definito rischioso);
- la globalizzazione nel senso di intensità (riferito ad una situazione che può rappresentare un pericolo per il mondo intero);
- la globalizzazione nel senso di numero crescente di eventi contingenti (eventi che modificando la condizione di singoli soggetti si riflettono su grandi masse);
- lo sviluppo di ambienti di rischio istituzionalizzati (come i fenomeni mercantilistici che suggestionano le scelte di intere fasce sociali).
Dopo questa breve classificazione volta a farvi capire cosa si intende precisamente per rischio, possiamo classificare quest’ultimo in vari tipi:
rischio sanitario; rischio sociale; rischio tecnologico e rischio ambientale.
Come dicevo prima, il rischio ambientale non può, non deve e non tiene conto solo della componente naturale (quindi di eventi quali alluvioni, eruzioni, instabilità idrogeologica ecc.), ma anche di quella umana, che si riferisce appunto a rischi come quello dell’inquinamento e quello tecnologico (due tra i più imponenti rischi umani): come non fare l’esempio delle centrali nucleari, le cui esplosioni corrodono il sistema ambientale a tempo indeterminato. Ancora oggi il disastro di Černobyl’ provoca migliaia di nascite di bambini deformi, malattie e morti, e chissà quella più recente di Fukushima quanti problemi causerà.
Concludo con l’affermare che in ogni caso, sia i rischi concernenti la costituente umana che quella naturale, sono stati, sono e saranno causati principalmente sempre da noi uomini, che con il nostro modo di fare incidiamo attivamente e intensamente sulle cause, fino a velocizzare anche i tempi di questi rischi ambientali. Siamo noi gli artefici del nostro destino, noi gli artefici del nostro sistema.
Salvaguardiamo l’ambiente, salvaguardiamo la nostra vita!