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Trama: nel giorno del quinto anniversario di matrimonio Amy Dunne scompare misteriosamente, lasciando il marito Nick preda dei dubbi e delle accuse dei mass media...
Gone Girl (non chiamiamolo L'amore bugiardo, ché è un titolo ben stupido e superficiale) è la storia di una donna che "sparisce". Per estensione, avrebbe potuto anche intitolarsi Gone Boy o Gone People perché il fulcro dell'ultima pellicola di Fincher non è tanto la scomparsa di Amy quanto l'annullamento, la spersonalizzazione dell'individuo nei confronti degli altri, il suo "divenire" agli occhi di chi guarda, di chi nutre aspettative nei suoi confronti, di chi pretende qualcosa di perfetto. Lo aveva già raccontato Spike Jonze con il suo Her, c'era già arrivato Pirandello ancor prima di loro: questa è l'epoca in cui è impossibile essere UNA persona sola e, ancor peggio, è impossibile essere una persona "giusta" perché viviamo nell'era dell'apparenza, della perfezione a tutti i costi, dell'insoddisfazione e della noia precoce che ci rende affamati di scandali, più perversi e sanguinosi sono meglio è. Amy Dunne è la moglie perfetta, bambina prodigio costruita a tavolino (quindi già spersonalizzata a dovere) da genitori "colti", donna bellissima, elegante, raffinata e ricca. Ben è un manzo belloccio che, finché era impegnato in un lavoro gratificante, era l'uomo ideale agli occhi di tutti ma ha fatto presto a diventare una zecca disoccupata, un mantenuto e ovviamente un fedifrago che piuttosto che sfasciare l'apparenza di un matrimonio da sogno ha pensato bene di trincerarsi dietro un mare di bugie. La moglie ad un certo punto scompare e il matrimonio da sogno comincia a mostrare i contorni di un incubo, richiamando orde di affamati avvoltoi mediatici e falsi "amici" che non vedono l'ora di ottenere i famigerati 5 minuti di gloria sulle spalle della gente e che scagliano accuse pesanti fomentando l'opinione pubblica, incuranti di dolore, paura, sentimenti, presunzioni d'innocenza e rischi concreti di carcere o pena di morte. Come in un'orribile programma di Barbara D'Urso c'è la presentatrice che letteralmente sguazza nel letame godendo di ogni succoso pettegolezzo, ci sono "amici" ed amanti che spuntano a raccontare le loro versioni dell'accaduto e, soprattutto e purtroppo, c'è laGGente che, come si diceva in una sigla di Mai dire gol "La trovi ovunque vai" e si fa condizionare da qualsiasi rumenta venga vomitata dal tubo catodico, creando demoni o santi senza sapere nulla.
Gone Girl quindi scava nella società odierna e gioca con le nostre convinzioni, trattandoci alla stregua dei poveri boccaloni che passano le sere a martirizzare Ben e a santificare Amy, mostrandoci pochissimi sprazzi di dolorosa intelligenza (la streppona che vive nel Motel, la detective o la sorella di Ben) soffocati da tanta, troppa voglia di lasciare che sia qualcun altro a pensare per noi; in un mondo dove tutto verte sull'apparenza, vince chi sa manipolarla e chi conosce i meccanismi che regolano il gioco, come lo strapagatissimo avvocato di Ben che si fa vanto di difendere persone indifendibili, mentre gli altri sono condannati o a diventare dei poveri burattini privi d'identità, o dei disadattati incapaci di accettare ciò che non rispecchia i propri desideri oppure, peggio ancora, dei perfetti ingranaggi di un sistema che sacrifica la felicità individuale per un supposto "bene superiore" spesso illusorio quanto le menzogne che si usano per giustificarlo. David Fincher e Gillian Flynn ci spiazzano, ci terrorizzano, ci conquistano fin dal primo fotogramma con una storia terribile e crudele, un pugno nello stomaco che può essere paragonato solo allo stupro della povera Lisbeth in Uomini che odiano le donne, talmente folle nella sua lucidità da farci quasi urlare di frustrazione, come succede a Margo. Il ritmo lento della vicenda, scandito dai giorni di assenza di Amy e dai colori grigi di una fotografia perfetta, poggia interamente sulle spalle dei bravissimi interpreti: Rosamund Pike meriterebbe l'Oscar, Ben Affleck, con la sua proverbiale inespressività, è perfetto per incarnare un marito a dir poco clueless, Neil Patrick Harris e Carrie Coon sono infine due comprimari d'eccezione, ognuno favoloso a modo suo. Ancora non ho idea di quanto sia stato rispettato il romanzo di Gillian Flynn (ma l'autrice della sceneggiatura è lei, quindi non dovrebbero esserci problemi) ma dopo questa meraviglia, questo fantastico modo di concludere il 2014 cinematografico, non vedo l'ora di leggerlo per trovare altri dettagli che potrebbero essermi sfuggiti ad una prima visione. Intanto, vi consiglio di mandare al diavolo il buonismo natalizio e di correre in sala a vedere Gone Girl!
Del regista David Fincher ho già parlato qui. Ben Affleck (Nick Dunne), Rosamund Pike (Amy Dunne), Neil Patrick Harris (Desi Collings) e Missi Pyle (Ellen Abbot) li trovate invece ai rispettivi link.
Kim Dickens (vero nome Kimberly Jan Dickens) interpreta la detective Rhonda Boney. Americana, ha partecipato a film come Codice Mercury, L'uomo senza volto, The Gift - Il dono e a serie come Numb3rs, Lost e Sons of Anarchy. Ha 49 anni.
Tyler Perry, che interpreta l'avvocato Tanner Bolt, negli USA è un famoso regista prima ancora che attore (io, nella mia aulica ignoranza, non ho mai visto nemmeno un suo film) mentre Carrie Coon, che interpreta Margo Dunne, ha partecipato alla serie The Leftovers. Detto questo, se L'amore bugiardo vi fosse piaciuto recuperate Il fuggitivo o The Vanishing - Scomparsa. ENJOY!
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