
Molti nostri contemporanei si sentono affascinati dalla religiosità orientale (dal Buddhismo e dall’Induismo); soprattutto specialmente perché questa religiosità, a loro parere, esprimerebbe meglio la solidarietà verso l’altro, verso il prossimo.
Il motivo su cui poggia una convinzione di questo genere davvero esiste; ed è il fatto che, secondo questa religiosità, tutti gli uomini, ma anche le cose, sono un’unica realtà. La religiosità orientale non riconosce la differenza tra il divino e la natura, per cui tutte le cose sono contrassegnate da una diversità che è solo apparente, ma non sono altro che diverse espressioni di un’unica realtà. Per semplificare: le fiamme di un fuoco sono diverse le une dalle altre, ma non esistono di per sé, essendo espressioni di un unico fuoco. Dunque, tutto questo –pensano in molti- porterebbe la religiosità orientale ad insistere di più sull’amore verso il prossimo.
E invece non è così. E non lo è per un motivo molto semplice. Sentirsi vicino all’altro e agli altri vuol dire riconoscere la categoria dell’ “altro”, ma –ed è ciò che solitamente non si capisce- questa categoria dell’ “altro” non è riconosciuta nell’ambito della religiosità orientale, proprio perché, questa religiosità, si fonda su una concezione monistica, che vuol dire che la realtà è una e che le differenze sono apparenti. Se io e Mario Rossi siamo solo due modi diversi di esprimersi di un’unica realtà, allora che valore può avere un eventuale mio altruismo nei suoi confronti? Quello che farò per lui sarà davvero un dono, un qualcosa di cui mi privo per darlo a lui o solo un gesto egoistico verso me stesso, essendo anch’io Mario Rossi?
Non sto giocando con le parole. La religiosità orientale, a causa della sua concezione monistica, manca dei fondamenti dell’amore del prossimo, il che non vuol dire che non ci possano essere bravi indù e bravi buddisti, cioè che non sappiano seguire la loro coscienza naturale; vuol dire, piuttosto, che sul piano teorico e dottrinale questa religiosità non possiede le ragioni filosofiche e logiche dell’amore del prossimo.
Agli inizi degli anni ’90, l’allora vescovo di Copenaghen, monsignor Martensen, pubblicò una lettera pastorale dal titolo Reincarnazione e dottrina cattolica, documento che fu nel 1993 tradotto in Italia dall’editrice Cristianità di Piacenza. Ebbene, il prelato danese, a proposito della categoria dell’ “altro”come fondamento necessario dell’amore, scrisse: “L’identità, il valore e la responsabilità della singola persona non sono in contrasto con comunione e unità. Al contrario sono la loro condizione. Una vera comunione non sorge mai se nego l’identità dell’altro ma sorge, al contrario, quando lo rispetto. Se gli altri sono solamente qualcosa di provvisorio e di passeggero, se possono cambiare identità e reincarnarsi sempre di nuovo, allora questi altri non esigono la mia attenzione completa e totale. Se invece ciascuno di loro è immagine di Dio, una volta per sempre, proprio nell’identità personale che possiede, allora l’amore del prossimo e la comunione che ne consegue sono assolutamente vincolanti.”
Ma la prospettiva monistica della religiosità orientale non si limita a non riconoscere l’esistenza dell’altro, va oltre: non riconosce neppure l’esistenza dell’individualità. L’individualità è un’apparenza e per giunta non definitiva. Il prossimo non esiste sostanzialmente, è solo un’entità apparente e transitoria. La reincarnazione insegna che la vita del singolo è solo un momento di un rinnovarsi continuo di singolarità interscambiabili. Insomma, l’individualità (di cui il corpo è segno evidente) si cambia così come si sostituiscono i pezzi di un’automobile!
Concludendo, l’amore esige dei fondamenti sul piano della logica; cioè ha bisogno della donazione e della definitività. Ebbene, la donazione manca nella religiosità orientale perchè manca la categoria dell’ “altro; ma in questa religiosità manca anche la definitività perchè l’altro è solo un’apparenza transitoria.
Diversa è invece la prospettiva del Cristianesimo. Qui esiste il concetto d’individualità, perchè è ammessa la differenza sostanziale fra le varie realtà; così come esiste anche la definitività dell’individualità. Nel Cristianesimo può e deve esistere l’amore tra gli uomini perchè essi sono diversi, distinti nella sostanza.
Nel Cristianesimo l’amore può e deve esistere perché il prossimo c’è: esiste davvero!
Corrado Gnerre






