Non c’è niente come il fenomeno dell’innamoramento per riconoscere quanto l’uomo non basti a sé stesso. «Noi desideriamo tante cose diverse, alcune di meno e altre di più. Più intensamente desideriamo una cosa, più grande la soddisfazione che ci aspettiamo da essa. Ma ditemi, quale oggetto del desiderio, una volta ottenuto, è riuscito a soddisfarvi in maniera totale e definitiva? In altri termini, quale oggetto vi ha reso definitivamente felici? Nessuno, vero?», con queste parole inizia un bell’articolo su “Pepe. Il giornale delle grandi domande”, scritto da Giovanna Jacob.
La quale continua: «Se ponete attenzione a questa vostra fatale incontentabilità, potrete prendere coscienza del fatto che tutti i vostri desideri, uniti insieme, formano un unico desiderio infinito. Prenderete coscienza che noi non desideriamo questa o quella cosa, ma l’infinito stesso». L’uomo come strutturalmente teso all’infinito e, come dicevamo, proprio il fenomeno misterioso denominato innamoramento ci fa sperimentare l’ampiezza del nostro desiderio. Anche se, quando finalmente “otteniamo” l’oggetto del nostro amore, ci accorgiamo che l’agognata felicità si è spostata più avanti, come un cielo che tanto più si allontana quanto più è avvicinato. Neanche lei/lui ha soddisfatto davvero l’insopprimibile desiderio di felicità.
L’amore non soddisfa l’esigenza umana di compimento, di soddisfazione e di felicità perché è un segno, un segno e una freccia che «allude ad un significato più grande del segno stesso». Un mazzo di fiori trovato sul tavolo di cucina non si giustifica da sé ma è segno di qualcun altro che lì lo ha messo. Rimanda ad altro da sé, così è l’amore. Tuttavia, anche se il segno non è capace di rispondere totalmente all’uomo, l’amore «ha in sé stesso un anticipo del significato cui allude. Amare non significa soltanto aspettare l’infinito ma, in un certo senso, goderne un piccolo anticipo». Una piccola caparra di gioia, che non spegne il desiderio ma anzi, lo amplifica, spingendolo oltre l’oggetto d’amore, verso Colui che lo ha creato e gliel’ha donato.
Ma non sempre accade così, l’inganno è dietro l’angolo. Si può infatti credere di essere «completamente appagati da siffatta caparra e dimenticarsi di risalire dal segno al significato. In altri termini, per quanto possa sembrare paradossale, ci si può inchinare al segno come ad un idolo». L’amore diventa idolo, chiusura, così come lo è «nella maggior parte dei romanzi, dei film, delle canzoni. Te lo riducono ad un sentimentalismo zuccheroso dalle proprietà afrodisiache e te lo vendono come il paradiso in terra».”Tu sei tutto ciò di cui ho bisogno”, si dicono gli innamorati: è un bugia. Vissuto così l’amore «non dura a lungo» perché appena la persona amata sembra non suscitare più quella mescolanza inesplicabile di emozioni spirituali e desiderio sessuale, non si trova più nessuna ragione per stare con lei, bisogna cambiarla.
Eppure la soluzione c’è per non cadere nell’idolo, per non illudersi che l’eros sia tutto ciò che abbiamo bisogno. Bisogna continuare a vivere l’amore sessuale come segno di Altro, così come è stato per l’innamoramento. Perché viverlo come segno del Mistero significa godere dell’anticipo di felicità, che cristianamente è chiamato “centuplo”: «Chi mi segue avrà la vita eterna e il centuplo quaggiù» (Mt 19,29), ovvero amerà cento volte tanto. E goderlo cento volte tanto significa capire che, in fondo al volto della persona amata, ad aspettarci c’è proprio Lui.
La redazione