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L’Amore Non Si Può Cancellare

Creato il 15 luglio 2011 da Dietrolequinte @DlqMagazine

L’Amore Non Si Può CancellareAmore, ti odio con tutte le mie forze. I tuoi residui mi stanno logorando, mi stanno uccidendo, cellula dopo cellula, dopo aver dilaniato l’anima stai facendo a pezzi il corpo. Pensieri paratattici mal vergati cantori di sofferenze non più domabili, mai più, non dopo aver ceduto così stupidamente a te, Amore. Ci si sfoga in virgole e aggettivi ma si recensisce in punti e sostantivi, ed ecco la mia settimanale elegia al film più sadico degli ultimi anni “Eternal Sunshine of the Spotless Mind”, tradotto in Italia con l’obbrobrioso titolo di “Se mi lasci ti cancello”. Riprendo una mia vecchia denuncia sugli orrori dell’industria culturale del Belpaese (la bellezza non giustifica nulla, scriveva un vecchio saggio): non si può continuare a ragionare con logiche di abietto marketing, targato anni ‘80, in quest’epoca così globalizzata e consapevole. Nell’era del Web 2.0 e di Wikipedia, cercare di speculare sul successo di “Se scappi ti sposo”, insulsa commediuccia con Richard Gere e Julia Roberts, spacciando una bellissima e cerebrale pellicola per un insulso episodio di un filone peraltro già chiuso, è un’operazione più che altro masochistica. Provate a leggere una qualunque recensione inerente a questo film: tutti gli internauti e perfino i parrucconi della carta stampata deplorano con inusitata violenza la scelta del titolo italiano. L’originale riprende infatti un verso di una poesia di Alexander Pope, che peraltro è pure citata all’interno del lungometraggio. Di sicuro queste scelte distributive non aiuteranno a sbrogliare la matassa del downloading illegale, anzi lo alimenteranno. “Eternel Sunshine of the Spotless Mind” (non è per vezzo che mi rifaccio al titolo originale ma per il motivo che l’uscita del DVD ha cercato di rimediare parzialmente a quel disastro relegando quello italiano a mo’ di sottotitolo) è un film del 2004 diretto da Michel Gondry. Quest’opera rappresenta il non plus ultra di un autore eccentrico ma discontinuo, nato come regista di video musicali (sua la firma di alcuni dei migliori di Björk e dei Chemical Brothers). Gondry qui non riesce a dilapidare la sua famosa artigianalità perché coadiuvato dal solidissimo script di quel Charlie Kaufman adorato da tantissima critica. “Geniale” è l’aggettivo che accompagna il suo nome, e il successo gli ha tanto arriso che proprio per questo lavoro ha ottenuto l’Oscar per la migliore sceneggiatura originale nel 2005.

L’Amore Non Si Può Cancellare

Da allora in poi anche al grande pubblico ormai basta la sua presenza per interessarsi alla visione di una pellicola, fatto alquanto nuovo per uno sceneggiatore puro, che viene dal mondo della TV e ha diretto un solo film. Solita premessa sulla performance degli attori: il protagonista Joel è interpretato da un Jim Carrey convinto ma non convincente. Personalmente la sua altrove osannata prestazione non mi ha soddisfatto del tutto. L’attore di “Ace Ventura”, infatti, troppo astutamente cerca di seppellire la sua straordinaria mimica facciale ma essa in un paio di scene lo tradisce e fa capolino, anche se per poche inquadrature, smascherando l’artificiosità di un’operazione studiata freddamente a tavolino. Insomma, non è vero che un bravo interprete può fare qualunque ruolo. Affidare un personaggio così sottotono, grigio, melanconico all’istrionico Jim Carrey che, nemmeno con tutta la volontà di questo mondo può togliere dagli occhi il velo di follia che lo accompagna, rivela la forzatura dell’originalità a tutti i costi. Un “osanna” deve invece levarsi per Kate Winslet, indubbiamente l’attrice più brava della sua generazione. Ella aderisce pelle, vestiti, capelli e rotondità al personaggio della vulcanica Clementine, riuscendo a non farsi imbrigliare nel macchiettismo che un tal ruolo poteva comportare, anzi donandole una problematicità che nessun’altra attrice americana avrebbe saputo caratterizzare con tale garbo. Il resto del cast funziona a meraviglia, con attori oculatamente scelti: Mark Ruffalo è da sempre sottovalutato, non si sa per quale mistero cinematografico; Kirsten Dunst (che il famoso critico americano Roger Ebert, facendosi portavoce di un pensiero serpeggiante tra tutti noi spettatori, all’indomani dei suoi 18 anni salutò così: «Finalmente potremo dire che è sexy senza passare per pedofili») dimostra la professionalità che la caratterizza sin da bambina con un ruolo che le calza frizzante; Tom Wilkinson è, a ragione, un caratterista rispettato da anni; Elijah Wood, con quel faccino da bimbo mai cresciuto, è antipatico quanto richiede il ruolo. La fotografia è ben curata e sottolinea con la stessa fulgidità scelte cromatiche spesso distanti tra loro. Le musiche, curate da Jon Brion, sono egregie e senza abbracciare facili motivi rock, riescono a radicarsi nella mente degli spettatori. “Se mi lasci ti cancello” cerca di compendiare, maldestramente, già nel titolo la trama del film. Il taglio stilistico scelto da Kaufman per raccontare il tentativo di Joel di cancellare dalla sua mente Clementine è quanto di più postmoderno sia uscito da Hollywood ultimamente. Il classico flashback che racconta l’antefatto di quella drammatica scelta è infatti continuamente intervallato da salti non cronologici nei ricordi e dall’inserimento di due sottotrame. Gondry, con una vivacità registica finalmente funzionale alla storia, riesce a fare un’ampia riflessione su quanto possa essere auspicabile l’eliminazione dei ricordi di un amore finito male. Joel e Clementine si sono amati per due bellissimi anni, poi le differenze di carattere hanno rivelato la loro insormontabilità.

L’Amore Non Si Può Cancellare

I personaggi sono così antipodici e tratteggiati con una lucidità psicologica sorprendente: Clementine è strabordante, la sua personalità sta tutta in un tubetto di tintura come lei stessa dice di sé, anticipando con l’auto-denigrazione le critiche che si aspetta le facciano gli altri a causa del suo continuo cambio di colore. Joel è invece amorfo, coltiva le sue passioni artistiche senza voglia, chiuso in una laconicità adolescenziale. La prima parte del lungometraggio, con studiato sadismo, sembra dare ragione all’oggettività di noi spettatori: parte difatti dalla fine della loro storia, dalla scelta improvvisa di Clementine di cancellare Joel e dalla piccata contro-risposta di quest’ultimo, che sceglie anche lui di affidare ai tecnici della Lacuna Inc. la definitiva soluzione alle sue sofferenze amorose. I primi ricordi che vengono cancellati proseguono su questa falsariga: l’addio è, come in tutte le grandi storie d’amore, non detto e feroce. Lei lo accusa di essere antiquato e geloso, lui l’apostrofa così: «Vedi Clem, sono sicuro che ti sei scopata qualcuno. Non è così che fai per piacere alle persone?». Qui è meglio allontanarsi da ogni moralismo: esternare insicurezza e confusione nelle forme di una sessualità selvaggia è uno dei tanti temi che il film ha il merito di sollevare con tenera partecipazione. A parte che di quest’accusa lo spettatore non viene informato effettualmente, Clementine è tratteggiata con una delicatezza priva di schematismi etici. «Parlare in continuazione non significa comunicare»: così sardonicamente Joel sintetizza la logorrea verbale ed esistenziale della sua ragazza, in contrapposizione ai suoi bofonchiamenti. Eppure la figura di Clementine non riesce mai ad attrarre la completa disapprovazione dello spettatore. Lei è confusa, impulsiva, orgogliosa, ma bisognosa di una comprensione che, si intuisce, il resto della società non le dà. Mentre prosegue la cancellazione dei ricordi, Joel a un certo punto viene a contatto con uno che non vuole più eliminare. È uno dei tanti piccoli, grandissimi momenti di una storia d’amore, razionalmente privo di profondità ma emotivamente fondamentale. Joel allora sviluppa resistenza alla procedura e cerca di sfuggire al tracciato della Lacuna Inc., interagendo con la Clementine dei suoi ricordi. Gondry può in questo segmento dell’opera dare libero sfogo a tutta la sua arte visiva e il film, per merito anche di una scrittura che si fa più arzigogolata, decolla. La riflessione sull’amore si amplia con l’inserimento della storia di Patrick e Clementine e di quella tra Mary e il dottor Howard Mierzwiak. Ciò che accade tra il giovane ragazzo che cerca di sedurre un’ex paziente rubando i ricordi di Joel e la reduce da un rapporto tormentato è interessante, anche se un po’ incomprensibile risulta la scelta di dare al tutto un ritmo da thriller. La relazione tra il maturo dottore sposato e padre di figli con un’ingenua ragazza è invece splendida nel colpo di scena che l’accompagna. Tutti i personaggi della pellicola sono quindi alle prese con quel dolce veleno che è l’amore, e nessuno ne esce integro. Joel, dal canto suo, dopo aver invano cercato di sfuggire alla mappatura ricorrendo all’umiliazione di una masturbazione scoperta dalla madre e a quella ben più radicata di un trauma infantile (l’omaggio a Freud è qui lampante), arriva con amarezza al ricordo del primo incontro con Clementine. Passato, presente, futuro, rimpianto, malinconia, speranza si intrecciano struggentemente nell’ultima scena che chiude il flashback che dava inizio alla vicenda. Joel esce di casa mestamente e spinto dalla voce interiore di Clementine con la quale durante la procedura di eliminazione si era dato appuntamento, non si reca a lavoro e prende il treno per Montauk.

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Grazie a un magico segno del destino la incontra di nuovo, entrambi sono privi di ricordi, e passa la notte con lei. Arriva il mattino e con esso la scoperta della sconvolgente verità: i due ricevono i nastri della Lacuna Inc. dove motivavano con acribia la scelta della cancellazione l’uno dell’altro dalla propria mente. Si erano già amati per due anni e si erano lasciati per via delle loro differenze inconciliabili. Tutto sembra finito, che senso avrebbe cominciare una storia che è già stata troncata, un rapporto che li vedrà di nuovo fautori degli stessi errori, delle stesse incomprensioni, delle stesse liti? Annichiliti da una tale scoperta, Joel e Clementine si salutano con tristezza. È meglio salvare la bellezza di una singola notte piuttosto che ricominciare qualcosa di irrimediabilmente sbagliato. In fondo, pensa lo spettatore, è giusto così. Eppure, nei meandri di quell’organo pulsante sangue, qualcosa si agita. Un moto indefinibile, il risveglio di una sopita illusione che raramente si accende ma quando lo fa tutto travolge, dovesse anche essere un destino segnato. Joel, l’intellettuale Joel, che si lamentava della scarsa cultura di Clementine, la rincorre per le scale, le sussurra un flebile: «Aspetta». Lei si arresta subito, come se non avesse voluto altro che questo, come se aspettasse quel sussurro. Non mentono a loro stessi, si piacciono subito grandemente, anche se si conoscono da poco. La persona giusta, quando e se arriva, si riconosce subito, c’è poco da razionalizzare. Rifaranno gli stessi maledetti errori, avranno le stesse fottute incomprensioni, le stesse dannate liti. E allora? «OK», dice Joel in un fiato, sommesso ma deciso. «OK?» chiede Clementine, tra lacrime felici. «OK» si arrendono entrambi con gioia. Il film termina così, non ci è dato conoscere il seguito. Solo il capriccioso protagonista della vita di tutti noi saprà delinearlo: è e sarà sempre Amore.


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