La splendida Campania felix, ricca di meraviglie e siti archeologici, a pochi passi dal Vesuvio, distesa lungo le coste che affacciano sul Mar Tirreno, ospita tantissime bellezze storiche e artistiche che nei secoli si sono andate ad accumulare, fino a renderla agli occhi dei turisti una delle mete di viaggio più interessanti di sempre.
A Pozzuoli le terme, la Solfatara, e ogni strada brulica di storia; oggi ArcheoVesuvio racconterà ai suoi lettori-turisti la storia e la bellezza dell’Anfiteatro Flavio, un anfiteatro romano che risale alla seconda metà del I sec. d.C., posto nel centro della città, facilmente raggiungibile con i mezzi pubblici poiché a pochi passi dalla Metropolitana di Napoli.
Le origini di Pozzuoli, colonia marittima chiamata Puteoli, hanno antichissime radici affondate nelle pagine dei libri di storia: nel 531 a.C. approdarono presso le coste puteolane alcuni profughi di Samo che, sfuggiti alla tirannide di Policrate (che riuscì a prendere il controllo dell’isola nel 537 a.C. abbattendo il potere dell’aristocrazia e dei proprietari fondiari, i geomori – ndr), fondarono con il consenso di Cuma, la città di Dicearchia, etimologicamente in greco “giusto governo”; fino a oggi il termine Dicearchia viene ritrovato solo in un’unica fonte scritta e perciò pervenuta fino a noi, ma della “presunta città” non è stata rinvenuta una sola pietra. Secondo gli studi di Charles Dubois, uno dei più illustri studiosi della storia antica di Puteoli, si è fatta avanti un’ipotesi: i contatti tra i Sami e i Cumani che erano originari di Calcide, furono verosimilmente facilitati dal ricordo delle vecchie tradizioni di amicizia che esistevano tra Samo e Calcide. Quest’amicizia s’era manifestata durante la lotta che mise alle prese le città euboiche di Eretria e di Calcide nella seconda metà del VII secolo, lotta provocata dalla rivalità delle due città in relazione ai loro rapporti commerciali in Oriente e in Occidente. In questa guerra che ebbe carattere internazionale o interellenico, i Sami si posero accanto a Calcide. L’amicizia dei Sami, dei Calcidesi e delle colonie euboiche dell’Italia e della Sicilia, ebbe certamente peso sulla fusione che si operò tra le genti di Cuma e i fuggiaschi di Samo. Per cui Dicearchia visse alle dipendenze di Cuma e difese con essa l’ellenismo della Campania, contro i popoli nemici, prima contro gli etruschi e poi contro i sanniti.
Essendo piena di abitanti fu necessario progettare la costruzione dell’Anfiteatro Flavio, secondo alcune tesi voluto direttamente dall’imperatore Nerone, come confermano alcune fonti scritte: secondo alcuni studiosi, la presenza di muratura realizzata con la tecnica dell’opus reticulatum, anche se presenti laterizi, farebbe pensare a una sua realizzazione dal 37 al 68; la “paternità” di Nerone poi probabilmente venne dimenticata per un processo di damnatio memoriae; l’Anfiteatro Flavio è stato anche attribuito agli stessi architetti del Colosseo, mentre altri testi riportano la sua edificazione sotto Vespasiano e la sua inaugurazione probabilmente avvenne sotto Tito. Il ritrovamento di un’iscrizione epigrafica che recita Colonia Flavia Augusta/Puteolana pecunia sua (letteralmente in latino, la Colonia Flavia Augusta costruì a sue spese – ndr) e la tipologia edile dell’anfiteatro puteolano, del tutto simile a quella del Colosseo a Roma, darebbe conferma per una collocazione cronologica del monumento in età Flavia, da qui quindi il suo nome.
Il colosso Flavio di Pozzuoli poteva ospitare fino a 40mila spettatori che ivi si recavano per assistere ai ludii gladiatores; lungo il perimetro della grande arena e sulla “fossa scenica” si aprivano le botole rinchiuse con assi di legno durante i combattimenti: da qui le belve feroci facevano il loro ingresso; erano sopratutto tigri e leoni che venivano importate dall’Africa appositamente per orchestrare i combattimenti con i gladiatori, di solito schiavi o prigionieri di guerra provenienti dai paesi conquistati dai Romani nelle loro campagne militari. Ancora oggi durante una visita, nei sotterranei (posti a circa 7 m di profondità – ndr) è possibile scorgere parti degli ingranaggi e dei sistemi meccanici per il sollevamento delle gabbie che imprigionavano le fiere e altri elementi che servivano per le scenografie. L’Anfiteatro Flavio è anche lo scenario dove avvennero i primi miracoli: nel 305 d.C. i martiri Gennaro, Festo, Desiderio e Sossio vennero condannati a essere sbranati, ma le belve si ammansirono.
La struttura di pianta ellittica misura 149 m per 116 m. La facciata esterna, che comprendeva tre ordini di arcate sovrapposte poggianti su pilastri e sormontati da un attico, era in origine preceduta da un portico ellittico impiantato su di una platea di lastroni in travertino, i cui pilastri in piperno erano ornati da semicolonne rinforzate con altri grandi pilastri in laterizio; all’interno dell’arena si accedeva mediante i quattro ingressi principali o attraverso altri dodici secondari. La cavea era divisa in tre livelli di gradinate (ima, media e summa – ndr) ed era proprio sugli scalini che si accomodavano gli spettatori. Ancora oggi questo gioiello di Pozzuoli, accoglie tantissimi turisti e appassionati di storia che camminano lungo i suoi due semiassi, totalmente immersi in un fantastico viaggio a ritroso nel tempo; per qualsiasi informazione riguardo costi di biglietti, tariffe, giorni e orari di visite basta consultare il sito in internet (www.cir.campania.beniculturali.it – ndr).
Bibliografia:
– Raimondo Annecchino, Storia di Pozzuoli e della zona flegrea, Pozzuoli 1960.
– A. Maiuri, I Campi Flegrei, Roma 1958.
– A Maiuri, L’anfiteatro flavio puteolano, in Memorie dell’Accademia di Lettere, Napoli 1955.