Autore: Francesco Forestiero
Sono parole che accompagnano il risvolto di copertina di Accabadora, il bellissimo libro del 2009 di Michela Murgia. Parole che richiamano una figura carica di fascino che la bravissima autrice sarda ha utilizzato per scrivere una storia incentrata intorno a una figura che è un retaggio della Sardegna rurale d’un tempo, l’accabadora, appunto. La stessa identica figura che Eugenio Nascimbeni pone al centro del suo quarto romanzo: L'angelo che portava la morte, edito da Lettere Animate per la collana Incubi e Dintorni. E infatti, nelle note finali, Nascimbeni fa un esplicito richiamo proprio al libro di Michela Murgia, non prima di aver ringraziato sua sorella Nives per avergli fatto scoprire questa tradizione, regalandogli il saggio Ho visto agire s’accabadora di Dolores Turchi.
L’angelo che portava la morte è un romanzo breve: si compone di sole 189 pagine. È classificabile come giallo e racconta la storia di Giorgio Ferrandi, un noto scrittore che vola in Sardegna per dare conforto alla vecchia zia, ricoverata in una casa di riposo e profondamente turbata dalla morte di una sua amica, anch’ella ospitata dalla stessa struttura. Ma al suo arrivo sull’isola, quella che sembrava essere una morte naturale, si rivela, invece, un omicidio in piena regola; un omicidio che ricorda gli antichi rituali dell’accabadora: «donna – come riporta Wikipedia – che uccideva persone anziane in condizioni di malattia tali da portare i familiari o la stessa vittima a richiedere questo servizio di eutanasia».
Ferrandi, spinto dalla voglia di consolare la sua anziana zia, a cui è molto legato, avvierà un’indagine personale, supportato dalla moglie e dal direttore della struttura. Scaverà nella storia del luogo, trovandosi di fronte a rivelazioni eccezionali e aneddoti particolari che ruotano attorno a questa figura affascinante, un po’ assassina, un po’ angelo…
Complessivamente, L’angelo che portava la morte è un buon libro, una lettura leggera che si fa apprezzare soprattutto dagli amanti del genere. Non è pesante e non presenta punti morti o parti sottotono che smorzano il ritmo della storia. Da buon thriller, la tensione è alta e rimane tale per tutte le pagine che compongono la trama, anche se c’è da precisare che un pizzico maggiore d’azione, forse avrebbe contribuito a rendere più accattivante la storia.
Il linguaggio è semplice e ben s’incastra con le vicende descritte. Tuttavia, è evidente un uso di termini, da parte dell’autore, che sembrano poco adeguati al resto delle frasi. Forse, sarebbe stato meglio puntare ancor di più sulla semplicità.
La suddivisione in paragrafi non troppo lunghi migliora di molto la leggibilità: anche chi ha poco tempo potrà tranquillamente interrompere la lettura senza dover per forza continuare a leggere per pagine e pagine prima di trovare un punto ideale al quale potersi fermare.
Volendo trovare quale difetto a questo volume, si possono riportare: la già citata carenza di scene d’azione, i pochi indizi che aiutano il lettore a individuare l’assassino e la mancanza di una forte caratterizzazione dei personaggi secondari che, sicuramente, avrebbe aiutato non poco il lettore a calarsi nella storia.
Di contro, le note positive sono tante: buoni i dialoghi, forse un po’ troppo formali, ma posizionati al punto giusto e ben strutturati; buona la scrittura, senza fronzoli e capace di richiamare immagini con semplicità; buona la caratterizzazione del personaggio principale, con i suoi dubbi e le sue incertezze, plasmate e descritte in poche occasioni, ma sapientemente; buona la struttura narrativa adottata, che rispecchia quella classica del genere giallo; e non mancano i colpi di scena e le rivelazioni finali che chiudono un volume degno di nota.
Una piccola nota personale: in passato, ho già letto e recensito libri di Eugenio Nascimbeni e posso confermare che il miglioramento dal punto di vista stilistico c’è, ed è evidente. Buona lettura.