La sua carriera sui set cinematografici incomincia proprio per caso, come in una classica storia da film. Notato da Pupi Avati mentre duellava in un castello della provincia, si è trovato in mezzo a spari, fiamme, cavalli imbizzarriti e cariche militari. Tutto per fi nta, ovviamente, anche se più di una volta se l’è vista brutta. Dura la vita dello stuntman. Walter Siccardi ha 52 anni e vive ad Acqui Terme. Da venti studia le arti marziali “occidentali” e ha trasformato una passione per la storia medievale in un’opportunità che lo porta a contatto con le star di Hollywood. Una professione, o quasi. Già perché a casa nessuno lo riconosce. Infondo non è facile distinguerlo in mezzo ad un’orda di briganti feroci, o mentre si getta alla carica dei nemici, quando va bene. Lo stuntman, infondo, fa il “lavoro sporco” al posto dell’attore che si guadagna i primi piani senza correre rischi. “Pupi Avati un giorno mi disse: ‘Walter, se ti fai male tu mi dispiace tanto, ma se si fa male Raul Bova il fi lm si ferma e 140 famiglie si troveranno in diffi coltà’”. Ma alla fi ne è giusto così, la magia del cinema è questa.
La carriera cinematografica di Siccardi inizia proprio con il regista del “Papà di Giovanna”, nel 1996, quando, notato ad una rievocazione storica in un castello da un collaboratore di Avati, incomincia a collaborare nei fi lm in costume. Nel 2001 era responsabile delle armi ne “I cavalieri che fecero l’impresa”, poi “La freccia nera” (2006) come stuntman. Via via si faceva conoscere da produzioni e registi, si trova a contatto con grandi attori premi Oscar e maestri storici del cinema. Ma per i suoi clienti di Acqui e Ovada è il fruttivendolo Walter: una vita di cinema ti porta gioco forza fuori dall’Italia per molti mesi, incompatibile con la famiglia. E poi i compensi non sono commisurati all’impegno speso: “A tutti piace l’idea del cinema, ma noi stuntman lavoriamo anche 10 ore
al giorno per preparare al meglio e in sicurezza le scene da girare”. E la paga non è il massimo, soprattutto quando le produzioni cercano di retrocederli a “figurazione speciale” (comparsa non esperta), con una riduzione netta dei compensi.
Siccardi non si lamenta, anzi, coglie tutte le opportunità cinematografi che (soprattutto internazionali) e continua a coltivare la sua passione per i combattimenti e le armi con la voglia di tramandare la sua arte ai più giovani. Ultimamente ha collaborato a dieci episodi della serie “Roma”, è stato “artista stunt” in “New Moon” ed ha collaborato nella serie tv “Il bene e il male”. Nella scena fi nale sulla spiaggia del “Robin Hood” di Ridley Scott, con Russel Crowe, lui c’era: “Russel è una persona molto simpatica, disponibile, e quando l’ho visto dal vivo, con un po’ di pancetta anche lui, ho pensato: ma allora è reale!”. In quel colossal fece anche il… consulente religioso. “La produzione internazionale era formata da vari professionisti da tutto il mondo, ma nessuno che sapesse come si faceva il segno della croce al tempo dei crociati”. A settembre, quando uscirà “The Eagle” (girato due anni fa in Scozia), sarà impegnato in Inghilterra con Charlize Theron e Kristen Stewart in una versione dark-gotica di Biancaneve. “Sarò un cattivissimo brigante agli ordini della strega cattiva”, rivela. Anche in provincia di Alessandria, ultimamente, si sono girati alcuni film a cui, ovviamente, ha preso parte: “Il Gioiellino”, girato proprio nella città termale e poi la fiction tv “Violetta” ambientato in un castello fuori Torino, ma per alcuni ciak si utilizzò un set che lo stuntman acquese definisce “magnifico”: la Cittadella. “E’ un luogo perfetto, si presta alla creazione di scene. Potrebbe diventare un’altra Cinecittà. D’altrode la Torino Film Commission sta lavorando bene e ad imparare il mestiere delle armi vengono ad Acqui un po’ da tutta Italia. Chissà che non si possa realizzare qualcosa di grande in quella fortezza”.
Anche se prima di ogni scena pericolosa il “fattore pericolo” viene ridotto ai minimi termini, c’è sempre l’imprevisto in agguato. “Sono specializzato nell’andare a fuoco, ma quando cambia il vento improvvisamente il rischio è di rimanere soffocati od accecati”. E quando si ha a che fare con i cavalli, seppur addestrati a rimanere calmi in ogni situazione, può capitare di ricevere una zoccolata di troppo. Costole rotte, ustioni, lividi. Sono i “segni” di un lavoro non certo noioso: “Una sessione da stuntman è un po’ più dura di una partita di rugby”, scherza, anche quando racconta di quella volta in cui, scivolato a terra durante una carica, è stato calpestato da centinaia di persone in corsa. “Le protezioni in abs sotto gli abiti di scena sono state fracassate. Immaginate se non le avessi avute”. E
quando quella volta, torcia umana, stava per fi nire vicino ad una polveriera? “Ero a San Marino, per delle riprese con la BBC: mi stavo avviando pericolosamente a della polvere da sparo”.
Venti secondi, qualcuno di più al massimo. La tuta ignifuga del tipo di quelle da Formula Uno non resiste oltre: “Si raggiungono presto i cento gradi”. In carriera ha girato tante scene pericolose al posto di attori internazionali: “I più preparati. Gli anglosassoni provengono spesso da scuole complete, dove insegnano scherma, equitazione e ginnastica. Tra gli italiani ci sono piacevoli eccezioni (Bova, Rossi Stuart, i Tognazzi, per esempio) che si preparano al meglio, ma la maggior parte sono belle faccine e basta”. E’ l’unica nota un po’ polemica sul mondo della finzione in pellicola. Ma la vita dello stuntman è così: si resta nell’ombra, e si lavora con il divo per creare la magia del cinema.
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