Fra le più recenti ed interessanti iniziative di recupero del patrimonio artistico diocesano va segnalato il restauro della seicentesca pala dell’Angelo Custode della collegiata di Pieveottoville. Promosso e finanziato dalla stessa parrocchia, l’intervento, splendidamente riuscito, è stato realizzato con la consueta cura e perizia da Francesca Ghizzoni che si è avvalsa della direzione scientifica di Mariangela Giusto della Soprintendenza ai Beni Artistici di Parma.
L’eccezionale valore del dipinto restaurato, finora variamente attribuito alla “scuola” di Guido Reni, a Francesco Monti detto il Brescianino e di recente anche al cremonese Giovan Battista Natali, ma più probabilmente di ambito emiliano, databile entro la prima metà del sec. XVII, era stato riconosciuto anche nel passato, come provano le antiche ridipinture e le integrazioni ottocentesche rimosse nel corso del restauro.
Caratterizzata da toni ricchi e ombreggiati, che ricordano
la tipica “macchia” di derivazione guercinesca, e ispirata ad
una nota immagine incisa dal pesarese Simone Cantarini, la tela
merita di essere studiata ulteriormente, non solo per dare un nome
certo all'autore di tanta bellezza ( forse Camillo Gavassetti
un modenese attivo in quel periodo tra Cremona e Piacenza), ma anche
per chiarire alcuni aspetti iconografici apparentemente estranei
alla tradizione figurativa dell’Angelo Custode ed emersi più
chiaramente dopo il restauro.
Sullo sfondo in alto a sinistra, si
intravedono infatti le mura di una città assediata e una
distesa di corpi di soldati morti o feriti giacenti tra i fuochi
dell’ accampamento, mentre sull'orizzonte rischiarato dai primi
bagliori dell’alba si profila la figura minacciosa di un secondo
angelo, armato con la spada fiammeggiante e lo scudo. Il significato simbolico di questa drammatica scena, tutt'altro che un “capriccio” d’artista, come si è tentato finora di spiegare, va probabilmente ricercato nei testi biblici. Forse nel II Libro dei Re, dove si narra dell’angelo sterminatore mandato da Dio nell'accampamento degli assiri per fare strage durante la notte dei soldati che agli ordini dell’empio sovrano Sennacherib avevano posto sotto assedio Gerusalemme.
Si tratta di un soggetto
piuttosto insolito, ma quasi sempre associato alla figura
dell’angelo custode, come avviene ad esempio per la “Battaglia
di Sennacherib” dipinta nel 1629 da Tanzio da Varallo
(1575-1633) per la cappella dedicata all'Angelo Custode nella
Basilica di san Gaudenzio di Novara, un’opera di folgorante e
drammatica bellezza molto amata da Giovanni Testori.
Come raccontano le sacre scritture, il
potente re assiro invase tutta la Giudea e cinse d’assedio
Gerusalemme. Nonostante l’avvenuto pagamento di un pesante riscatto da parte degli israeliti, Sennarcherib mantenne l’assedio intorno a Gerusalemme. Re Ezechia strappatosi le vesti, consigliato dal profeta Isaia , chiese aiuto al Signore, pregandolo nel Tempio. Il Signore presto ascoltò la preghiera, l’angelo del Signore intervenne e colpì 185.000 soldati assiri. Così fallì l’assedio e Sennacherib tornò nella sua città di Ninive, dove fu ucciso dai suoi stessi figli.
L’ accostamento tra l’ immagine
rassicurante dell’angelo come compagno e guida dell’anima,
simboleggiata dal fanciullino che si aggrappa alla sua veste, e
quella dell’angelo vendicatore che semina morte tra i soldati del
re assiro non deve sorprendere : “Ecco io mando un angelo davanti
a te, per custodirti sul cammino e per farti entrare nel luogo che ti
ho preparato. Abbi rispetto della sua presenza, da ascolto alla sua
voce e non ribellarti a lui; egli infatti non perdonerebbe la vostra
trasgressione, perché il mio nome è in lui. Se tu dai ascolto alla
sua voce e fai quanto ti dirò, io sarò nemico dei tuoi nemici e
l’avversario dei tuoi avversari” (Es. 23,20-23). Altrettanto
illuminante sul ruolo dell’angelo, nella sua doppia veste di
consolatore e di implacabile esecutore della giustizia divina,
proprio come sembra mostrarsi nel quadro di Pieveottoville, è il
Salmo 90, riproposto dalla liturgia nella ricorrenza del 2 ottobre
dedicata come noto agli angeli custodi : “Chi abita al riparo
dell’Altissimo passerà la notte all’ombra dell’Onnipotente. Io
dico al mio Signore mio rifugio e mia fortezza, mio Dio in cui io
confido./Egli ti libererà dal laccio del cacciatore, dalla peste che
distrugge. Ti coprirà con le sue penne, sotto le sue ali troverai
rifugio; la sua fedeltà ti sarà di scudo e di corazza:/ Non temerai
il terrore della notte, ne la freccia che vola di giorno, la peste
che vaga nelle tenebre, lo sterminio che devasta a mezzogiorno./ Non
ti potrà colpire la sventura, nessun colpo cadrà sulla tua tenda.
Egli per te darà ordine ai suoi angeli, di custodirti in tutte le
tue vie”.
Da segnalare infine le bionde testine
alate dei cherubini, che fanno da corona alla luce divina indicata
dall’angelo custode: anche i loro volti paffuti resi con
incredibile scioltezza confermano che siamo di fronte a un recupero
davvero molto importante.
Guglielmo Ponzi Articolo pubblicato dal settimanale diocesano "il Risveglio" 19 settembre 2014





