A luglio dello scorso anno, nella bella cornice del castello di Vigevano, ho visto finalmente John Mellencamp in concerto, sbarcato in Italia per un mini tour di tre date.
La serata è stata molto bella, ed è recensita qui. La conclusione fu che purtroppo abituati ai Live di Springsteen, una performance come quella di John era sembrata un pò tirata via, sia come generosità che come calore e comunicazione verso il pubblico. Troppo freddo e frettoloso nel chiudere. Oltretutto il tour di tre date si è fermato a due, con la seconda serata ancorapiù corta della prima.
Ma la delusione Live non viaggia in parallelo con le scelte musicali da studio del buon vecchio Cougar, che invece da alcuni anni a questa parte si rivelano molto azzeccate.Spesso si dice che proprio Springsteen dovrebbe affidarsi a produttori come T-Bone Barnett o Rick Rubin per cercare di valorizzare al massimo il suo suono e il bagaglio country-folk di cui dispone in quantitàMellencamp questo lo ha capito da tempo, e proprio con Burnett ha pubblicato due dischi splendidi, Love,Life,Death and Freedom del 2008 e No Better Than This del 2010.
Il primo è in assoluto uno dei miei dieci dischi preferiti, quelli papabili per una fuga su un'isola deserta.Un album molto introspettivo, maturo, profondo. Un viaggio di 50 minuti attraverso le strade polverose dell'america rurale, camminando chitarra in mano e stivali ai piedi a descrivere gli scenari desolanti che scorrono in bianco e nero davanti agli occhi del rockerUn viaggio intimo, senza troppi clamori, a scavare nei ricordi del proprio passato, a riflettere sul tempo che scorre veloce e che porta alla soglia dei 60 anni a fare un bilancio tra successi ed occasioni perse.Un disco non immediato, da ascoltare con attenzione, scritto da un artista di spessore all'apice della sua maturità e finalmente in grado di afferrare nuovamente la propria ispirazione consumandola lungo 13 pezzi uno più bello dell'altro, intrisi di folk e blues, country e rock, senza dimenticare qualche episodio più pop a stemperare la tensione riflessiva del disco.Prodotto in modo sapiente con suoni profondi, polverosi, autentici e molto potenti nel messaggio che arriva dritto nell'anima, imprimendosi nella memoria in modo indelebile.
Il pezzo di apertura, Longest Days, consegna nelle nostre mani le chiavi del disco, è magia folk per chi ha voglia di abbandonarsi su un'amaca all'ombra, con la mente che vola quando a 12 anni correva in bici dietro le ragazzine della sua small town.My Sweet Love è uno dei pochi momenti leggeri e ballabili, poi una serie notevole di canzoni trascinanti e taglienti, calde e rabbiose, ma senza mai alzare i toni: If I die sudden, Troubled land, John Cockers e Don't need this body.
Il resto lo scoprirete se avrete voglia di fare questa esperienza e di seguire il suggerimento del vostro Martux, magari sedendovi su una sedia all'angolo buio del Bar, vicino al vecchio Juke Box, ad ascoltare Mean, vero gioiello del disco, con un mano un bicchiere di elegante Nebbiolo.
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L'Angolo del Disco: Love, Life, Death and Freedom di John Mellencamp
Creato il 01 marzo 2012 da Martux75Potrebbero interessarti anche :