... E BUON PESCE D'APRILE A TUTTI!!!
Oggi voglio presentarvi un libro di un'esordiente scrittrice italiana uscito da pochi giorni in tutte le librerie...
Lei è Valentina Laforgia e questo è il suo romanzo...
TITOLO: "Ogni goccia del mio sangue"AUTORE: Valentina Laforgia
PREZZO: 17,90€
DATI: 212p. EDITORE: Arduino Sacco Editore
ISBN:978-88-6354-617-0
DATA USCITA: Marzo 2012
TRAMA:
Quando nei bassipiani pugliesi il vento viaggia più veloce della luce, si ode loscalpiccio veloce di zoccoli che tritano la terra spruzzando schegge di pietriscocalcareo, e un nitrito roboante si libera nell’aria insinuandosi tra le gobbe dellecolline, vuol dire che Viola e il suo stallone Fufi sono vicini, e nessuno può fermarli.Viola è una ragazza di vent’anni piena di energie, innamorata della vita, indipendente,che fatica a stereotiparsi, che studia quello che le piace e si comporta secondo il suometro di giudizio. Bocciata all’ultimo anno del Liceo si ritrova ancora tra gli odiosibanchi di scuola.
Né donna, né bambina. Fiera, scapestrata, indomita e sognatrice. Preferisce unabuona lettura o una passeggiata in groppa al suo amato cavallo piuttosto che unanottata in discoteca. L’ebbrezza della libertà e quella pulsione selvaggia che la rendeindomita fanno si che poco dopo la maggiore età lasci la fattoria degli amati nonnimaterni, che si sono presi cura di lei fin dalla nascita, e si trasferisca in un piccolobilocale. Ma la voglia di spiccare il volo è più forte di tutto, e lei freme per dibatterele ali.
Conosce perfettamente la lingua inglese in quanto sua nonna e di origini anglosassoni,e questo rappresenta la carta vincente nella realizzazione del suo più grande sogno, esarebbe a dire lavorare per un’importante casa editrice londinese.
Matteo, il suo ex ragazzo, a cui ha donato tutta se stessa, le ha spezzato il cuore e nonvuole più saperne di allacciare legami destinati a spezzarsi inevitabilmente a causadella sua imminente partenza, o cosa più vera a ferirla.
Ogni settimana, in un giorno prestabilito e inviolabile ,Viola ha un appuntamentoirrinunciabile, quello con sua madre. Uno strano sogno o una beffa del destinocambiano i giochi in tavola.
Mai dar confidenza agli estranei, soprattutto se l’affascinante e terrificantesconosciuto lo s’incontra all’imbrunire tra le tombe e il suo nome è Gabriele, l’angelodella morte.
Avrebbe dovuto dimenticare quella strana conoscenza e quel viso spigoloso eproseguire per la sua strada, ma lei è Viola. Troppi quesiti le frullano per la testa.Vuole risposte, e quando la sua curiosità verrà soddisfatta sarà ormai troppo tardi perfare marcia indietro. Castrata nella sua libertà e costretta ad assecondare le richiestedi una creatura sovrumana, senza via di fuga se non la morte ,la sua o quella del suocarnefice, si ritroverà a giocare al gatto col topo, e questo ménage perverso finirà perpiacerle, più del lecito e più di quanto sia disposta ad ammettere perfino con sestessa.
Sarà sfibrante combattere con la sua coscienza, e restare lucida nell’anteporre semprequello che è bene da quello che è male le costerà non poca fatica.Essere braccati e prede indifese può far fremere di paura, allo stesso tempo può faragognare ciò che si dovrebbe solo disprezzare…
DAL LIBRO...
Nella saliva ho distinto chiaramente il retrogusto dolciastro del sangue fresco, lo stesso tipo di sapore che m’impastava da piccola la bocca quando sbadatamente mi ferivo un dito con il coltello, cocciuta com’ero nel volermi sbucciare da sola la mela, e per alleviare il bruciore dovuto al taglio lo spremevo tra le labbra cercando di lappare la fessura vermiglia avviluppandovi intorno la lingua. Sapeva di ferro grattugiato misto a polvere di vaniglia.IL PRIMO CAPITOLO...
Aveva consumato da poca la sua cena. Ne ero certa.
Non riesco a smettere di rosicchiare il cappelletto della biro rossa e a guardareincessantemente il quadrante dell’orologio. Sono così snervanti quelle lancetteminuscole che quando dovrebbero rallentare, accelerano, e quando dovrebbero darsiuna mossa fanno durare ogni minuto centottanta secondi, se ti va bene.
Faccio finta di guardare la lavagna con un occhio, mentre con l’altro sbircio la paginadel giornale che sbuca per metà da sotto l’enorme volume di algebra.
Conoscendo anticipatamente il calendario della giornata memorabile che m’attendevala puntata all’edicola è stata quasi d’obbligo. Meglio distrarmi con l’articolo sulnuovo taglio triangolare della Hilton e beccarmi qualche astiosa ripresa daquell’antipatico del professore, piuttosto che finire con la fronte sul banco a russaresonoramente.
La mia bocciatura dell’anno scorso è stata per la maggiore siglata da lui, tralasciandoovviamente le mie personali responsabilità.
Si è così incaponito da riuscire a costringere il resto del corpo docenti a farmi fuori.Solo la Palmieri, quella d’italiano, e la Bruscoli, quella d’inglese, hanno cercato didifendermi a spada tratta. Non è un caso che nelle loro materie sia da dieci. Per ilresto raggiungo appena la media complessiva, e stiracchiata, del cinque.
Ma non posso farci nulla se non riesco ad appassionarmi a qualcosa di cui nonm’importa un accidente, e non li biasimo se tutti i professori, tranne due, che pergiunta adoro umanamente parlando, mi danno addosso. Ma sono fatta così, e me neassumo le grave conseguenze. Tradotto vuol dire che sono coerente con i miei ideali,ma ciò viene automaticamente convertito in una bocciatura quasi assicurata.
Infatti per quanto mi riguarda quel “quasi” è stato spiacevolmente superfluo.
Ma ci siamo, ci siamo, solo tre mesi e poi potrò andar via da questa scuola chedetesto e da questo bigotto paesino di provincia. Londra, aspettami, ci sono quasi!Soltanto un paio di cose mi dispiacerà lasciare qui. Poche ma buone.
I miei nonni materni e la loro fattoria vicino al bosco di faggi.
Fufi, il mio cavallo, uno stallone di due anni.
E la mia casa, un bilocale accogliente, arredato da me personalmente con i risparmiguadagnati facendo la traduttrice per un paio di piccole case editrici locali.
E poi, più di tutto, quello che non mi fa dormire la notte e sapere di dovermiallontanare da lei. Mia madre. Di non poterle più far visita una volta a settimanacome faccio da quando i miei nonni mi hanno parlato di lei. Lei che ha dato la suavita per poter far iniziare la mia. Questa donna è per me effettivamente un’estranea,non l’ho mai conosciuta, ma sento d’amarla con tutto il cuore, e ad abbandonarla misento una traditrice. Sembra assurdo provare del rimorso nell’allontanarsi daqualcuno che materialmente non c’è più, ma è quello che provo.
Di mio padre non so assolutamente nulla. Mia madre si è portata il segreto nellatomba. Neanche i nonni sono a conoscenza della sua identità, e non hanno forzato lamamma a svelarla. Forse non mi voleva. Posso soltanto ipotizzare e fantasticare su dilui, ma tutto sommato non ne sento la mancanza. Ma la mamma, lei si che mi manca.
Stamattina ho acciuffato dall’armadio i primi indumenti che mi sono capitati tra lemani e li ho indossati senza neppure stirarli. Ero in pauroso ritardo, avevo giusto iltempo di spazzolarmi i denti e sciacquarmi il viso se non volevo rischiared’imbattermi per la centesima volta nel preside, e beccarmi l’ennesima nota. No,avevo deciso, questo era l’ultimo anno in questa stramaledettissima scuola.
Solo ora abbassando lo sguardo mi stavo rendendo conto del patchwork di coloristridenti che ricopriva i miei arti. I jeans viola, la maglia fucsia, la felpa rossa.Tutto sommato non me ne sono preoccupata più di tanto per due precise ragioni.
Prima di tutto perché non sono una maniaca del look, e secondo perchéinspiegabilmente piaccio anche se mi concio da clown, o arrotolo i capelli in unacrocchia spettinata come quella che ho messo su in fretta e furia stamattina senzaneppure specchiarmi, o non mi trucco per niente, o fumo e ho l’alito che mi puzza ditabacco. Senza volerlo piaccio, e un gran numero di ragazzi vorrebbero avermi comefidanzata. A certi invece, quelli che io chiamo i viscidi, piacerebbe invecesemplicemente ruzzolarsi nelle mie lenzuola fresche di bucato.
Da entrambe le categorie, per ragioni differenti, sto alla larga. Dai primi per paurache si spaccino per quelli che in realtà non sono e mi freghino, come mi è successogià una volta, e da quell’esperienza negativa non ho più permesso a nessuno dimandarmi il cuore in frantumi. Dai secondi invece perché, pur nella loro squallidaonestà priva d’illusioni, restano pur sempre quello che sono. Solo degli scopatori.Le ragazze invece mi guardano con diffidenza e sospetto, perché al contrario loro chevengono a scuola con tacchi da dieci e gonne inguinali per catturare sguardi epianificare incontri notturni, io sono semplicemente quella che sono e non faccioassolutamente nulla per focalizzare l’attenzione su di me, ma paradossalmente sonocolei che gode dei bramosi occhi maschili. Tuttavia per ragioni che mi sono tutt’oraoscure cercano sempre d’inglobarmi nella loro cerchia “d’élite”. Probabilmente soloper farmi fare da esca acchiappa fusti.
Eppure le mie uniche armi seduttive e immeritate sono i capelli lunghi e biondi, e gliocchi blu. Entrambi raramente valorizzati con acconciature particolari o ombretti allamoda.
Ma io sto alla larga da loro. Non mi piacciono per niente. Sono viziate e viziose.
Preferisco passare le serate a casa a leggere un buon libro, o a far visita ai miei nonni,o a lanciarmi in corse al galoppo con Fufi, e a stringermi al suo collo enorme e duro ea baciargli la folta criniera. Come farò senza di lui? Mi manca già! No, farò di tuttoper portarmelo via, è impensabile dovermi separare da lui!
La lavagna è piena di numeri e radici, alcune anche doppie. In vita mia non sono maiandata oltre le quattro operazioni, proprio a voler essere magnanima con me stessa.Il resto, in quanto da me ritenuto perfettamente inutile, mi sono categoricamenteimposta di non apprenderlo. Quest’anno per non rischiare una seconda tranciata misono sforzata(relativamente) di andare un passettino oltre i conticini elementari.Le equazioni di primo grado è stato il massimo che ho concesso a quel deficiente diSaponari, e ditemi se è poco per una che usa la calcolatrice per fare quarantacinquediviso cinque.
Sono scoppiata a ridere e venti paia di occhi mi hanno colpita in piena faccia.A volte mi astraggo in maniera così totale dalla lezione che non ricordo neppure ditrovarmi in aula.
Con la solita finta occhiata alla lavagna ho intercettato la famosa radice quadrata e miè venuto in mente il racconto di mio nonno che agli esami di terza media fatti daprivatista alla veneranda età di quarant’anni, rispose al professore che gli chiedeva didisegnare una radice se dovesse fare anche l’albero. E’ un mito mio nonno!Ecco la ragione della risata mal trattenuta, o meglio non trattenuta affatto.
-Signorina Viola, vuol condividere con il resto della classe la ragione della suaspumeggiante ilarità? O preferisce invece venir lei a finire l’esercizio al posto delsignor Trespoli?- il baffetto grigio topo, ispido come le setole della scopa, celava unsorriso sarcastico e cattivo. Era il culmine della goduria potermi cogliere in fallo, enon perdeva occasione per poter eiaculare veleno su di me. Per la bruttezzasconfinante, e il carattere spregevole che si ritrovava, penso fosse l’unico tipo dieiaculazioni che potesse permettersi, ed è per questo che se le assaporava come il piùgustoso dei dolci.
La mia risposta a effetto, già pronta a balzar fuori, è stata prontamente interrotta dalprosieguo del suo pestaggio. Sapeva già, reduce da pregresse mie bombardate, chenon avrebbe saputo efficacemente rispondere all’attacco ,e per evitare di rendersiridicolo dinanzi alla classe che sarebbe scoppiata a ridere spruzzandogli saliva sullacattedra anticipò furbescamente la mia mossa.
-Si distragga un’altra volta e la sbatto fuori, sono stato abbastanza chiaro???Continuicosì e sono certo che l’anno prossimo farà ancora parte dei mie più cari studenti…-perfido fino al nocciolo.
Diciamo che non piaccio proprio a tutti tutti…
Contento e soddisfatto si è voltato e ha chiesto a Trespoli, il secchione tipico conocchialoni a lenti spesse, riga laterale, e denti gialli, per giunta guarda un po’ suo“vero” alunno preferito, di proseguire con la risoluzione non so di cosa.
Ho ingoiato la bomba che l’avrebbe fatto diventare paonazzo e ho proseguito inquello che stavo facendo prima dello spiacevole episodio. Distrarmi.
Tutto sommato meglio così, perché quello che mi era saltato in mente di dirgliprobabilmente mi sarebbe costata una sospensione, e non era decisamente il bigliettoda visita ideale per essere ammessa agli esami.
Il mese precedente avevo compiuto vent’anni e non ci tenevo assolutamente aritrovarmi in quella identica situazione l’anno successivo. Invecchiare tra i banchinon era la mia massima aspirazione.
C’era Londra ad attendermi e un’importante casa editrice necessitava di espertitraduttori e chi meglio di me, con una nonna d’origini anglosassoni che fin dapiccolina m’aveva parlato nella sua lingua di provenienza facendomela amare edimparare perfettamente, e una smodata passione per la carta, risultava più adatta perla posizione da ricoprire???
Infatti la mia domanda di candidatura era stata accettata. Attendevano solo che midiplomassi, dopodiché potevo far parte della loro scuderia.
Giocarmi un’occasione del genere per un vecchio, frustrato, orripilante, e sadicodocente, sarebbe stato un enorme peccato, e l’avrei rimpianto fino alla fine dei mieigiorni.
Finalmente le lancette si erano decise a raggiungere il numero romano che m’avrebberesa libera e felice.
Il suono della campanella ha generato sciami di gente nei corridoi. Tutti volevanoscappar via, non ero la sola sfigata sfaticata.
Mi sono catapultata in macchina e con una leggera sgommata la Yaris si è immessanel traffico modesto di questa piccola cittadina di provincia nel cuore della Puglia.Direzione, casa. Avevo una fame lupesca, e un piatto di lasagne preparate dalla nonnache m’attendeva nel frigo. Le più buone che abbia mai mandato giù.
L'AUTRICE...
Valentina Laforgia è nata a Noci, un paese in provincia di Bari, nel 1985.
Dopo aver frequentato il Liceo Scientifico, nel 2008 si è Laureata in Economia Aziendale.Nel 2009 ha conseguito un Master Universitario in General Management.Attualmente vive a Bari dove insieme al suo compagno ha avviato un’attività commerciale.
Il primo libro le è stato regalato dalla zia per i suoi nove anni, “La piccola principessa” di Burnett. Da allora non si è più fermata.Nonostante apprezzi tutti i generi letterari, purché ci sia una storia d’amore di mezzo, manifesta una spiccata passione per il genere fantasy.
“Ogni goccia del mio sangue” è il suo primo romanzo.
Allora che ne pensate???
Personalmente mi intriga molto...
ALLA PROSSIMA!!!