L’animalista mannaro
Creato il 14 novembre 2012 da Tnepd
Essermi trovato alla riunione della commissione comunale a Palazzo D’aronco mi ha fatto sentire come un alieno che sbarchi sulla Terra e osservi gli strani usi e costumi dei suoi abitanti. Mentre ancora infuriavano le schermaglie tra assessori, nel cercare un titolo per questo articolo continuava a venirmi in mente “Un lupo mannaro americano a Londra”, ma sapevo che sarebbe stato difficile adattarlo a ciò di cui avrei dovuto parlare e ne sarebbe venuto fuori un pastrocchio del tipo “Un animalista mannaro friulano a Udine”.
Francamente non avevo capito bene di cosa quegli alti o medi papaveri avrebbero discusso, perché ero stato invitato a parteciparvi tramite Facebook e sapevo solo che dovevano parlare della recente legge regionale numero 20 che mi permetterebbe di entrare alla COOP con Pupetta.
Bisogna riconoscere che una legge che elimina il divieto d’accesso ai cani nei negozi di alimentare e negli uffici postali, è una piccola rivoluzione e forse può essere fatta rientrare in quel cambiamento di consapevolezza di cui ancora trent’anni fa noi “protezionisti” vagheggiavamo il compiersi e di cui ultimamente su internet si parla con maggiore insistenza, in riferimento al fatidico 2012, anche al di fuori degli ambienti animalisti.
Che consiglieri e assessori si riuniscano per legiferare di animali è già di per sé interessante, se non altro per poter constatare se lo specismo che domina il pensare comune nella società si sia ammorbidito, abbia mutato forma o sia calato notevolmente, rispetto ai miei tempi.
Non ricordo di aver mai assistito ai lavori di una commissione e potrebbe darsi che sia la prima volta in assoluto, per me, vedere all’opera la democrazia. Si tratta di persone elette dalla gente, ma io sono ventitrè anni che non vado a votare. Da qui, il mio spaesamento iniziale.
Non voglio dire che le loro intenzioni siano malvagie, ma per la prima ora, dalle 17.00 alle 18.00 di martedì 13 novembre, i commissari lì riuniti non hanno fatto altro che discutere di forma e non di sostanza, tanto che gli animalisti presenti in sala, al di qua del cordone di separazione tra sacro e profano, si chiedevano a che ora avrebbero cominciato a parlare di cose serie e forse io non ero l’unico a guardare spesso l’orologio.
Evidentemente, funziona così. In tutte le riunioni delle commissioni comunali si devono perdere delle mezzore di tempo a discutere se affrontare i singoli punti della legge con o senza gli emendamenti, oppure se rimandare la discussione o cominciare subito. Ed è un subito che dura tanto tempo, troppo per i miei gusti.
Il consigliere Luca Dordolo, che insieme all’avvocato Piergiorgio Bertoli ha fatto la parte del leone, ha chiesto già all’inizio di rinviare la discussione perché votare il regolamento comunale di attuazione di una legge regionale e poi dovervi ritornare sopra per fare modifiche quando il consiglio regionale promulgherà il proprio regolamento, significa buttar via il denaro pubblico, presumo a causa delle sedute che si moltiplicano e che sono pagate con il denaro dei contribuenti.
Sentire che un consigliere si preoccupa di non far spendere soldi alla gente e pensare che i soldi della gente vengono sperperati in mille altri modi, in primis con le spese militari, fa quasi tenerezza. Il consigliere Dordolo, infatti, non mi ha convinto. Di quelli che premettono i propri interventi dicendo che a casa hanno TOT gatti, TOT cani e TOT pappagalli, quasi in una specie di captatio benevolentiae, bisogna sempre diffidare.
E infatti, si è visto dopo qual era il suo pensiero sui diritti degli animali, quando si è messo a parlare di infestazioni, di cinghiali invadenti, nutrie zannute, colombi scagazzoni e di zanzara tigre, di difesa della salute della popolazione contro i ratti portatori di malattie e altri luoghi comuni su cui ci sarebbe molto da dire.
Lì però ci sono stati dei passaggi poco chiari per me. Non per niente manco dai palazzi del potere da ventitrè anni, durante i quali ho sviluppato un sano disgusto verso la politica. L’assessore Lorenzo Croattini e il signor Dordolo, infatti, si sono scambiati parole dure e si capiva che stavano su fronti opposti degli schieramenti politici.
Il modo di relazionarsi tra assessori e consiglieri era piuttosto formale. Alla fine di ogni intervento il presidente ventinovenne Fabrizio Anzolini concludeva con un “Beeeene!” e sembrava una maestra di scuola che incoraggia i suoi scolari, anche quelli più somari. Però, nonostante i forzati salamelecchi, si sentiva che il fuoco covava sotto le ceneri e che tra consiglieri avrebbero voluto sbranarsi e insultarsi, piuttosto che fare tante cerimonie e inchini, in senso non letterale ovviamente, giacché non siamo in Giappone.
Strana anche l’atmosfera e forse era proprio quella a determinare i modi da consiglieri della Serenissima che imperavano tra i presenti. Il soffitto alto e pieno di stucchi, i due enormi lampadari che se ti cadono in testa t’ammazzano, gli affreschi alle pareti con scene bucoliche, l’illuminazione scarsa da tempio massonico, i mobili dell’Ottocento intarsiati e dal presumibile valore inestimabile, palpabile e verificabile, rendevano bene l’idea di come devono essersi rapportati i consiglieri mandati da Venezia a Udine per gestire quel vasto rurale territorio dell’impero.
Palazzo D’aronco è stato costruito nell’Ottocento, forse dopo l’annessione del Friuli all’Italia e dentro quella sala devono essere passate migliaia di persone. Lì devono aver preso decisioni importati, per fregare i villici e arricchire i patrizi, salvo poi diffondere, già fin dagli inizi del regno d’Italia, la barzelletta che la democrazia serva al bene della popolazione.
Martedì si doveva approvare il regolamento comunale. Si sono approvati solo i primi due articoli, ma è saltato fuori lo stesso qualcosa d’interessante. Non solo il consigliere Dordolo, con la sua ferrea convinzione della pericolosità dei ratti, ma anche una laureata del museo di storia naturale che si trovava lì come consulente e che ha voluto rimarcare fin dall’inizio che gli animali selvatici sono cosa diversa da quelli domestici e la legge regionale in discussione riguarda questi ultimi. Tutte le altre specie sono soggette ad altre leggi, non di pertinenza del Comune di Udine.
Siccome Luca Dordolo si preoccupava delle infestazioni di pidocchi nelle scuole, per il cui trattamento servono 30 euro a botta e di trattamenti ne servono almeno tre, la dottoressa del museo ha specificato che i pidocchi e i ratti possono essere uccisi giacché la legge nazionale sulla caccia, la numero 150, lo consente.
A me è sembrato che quel consigliere volesse arrampicarsi sugli specchi e che non avesse ben chiaro il quadro generale in cui versano gli animali, domestici o selvatici fa poca differenza, se non sulla carta. La sua insistenza a voler difendere la salute dei cittadini e le loro tasche, a cui si è unita la consigliera Orlanda Primus e l’assessore Croattini, fa capire quanto antropocentrici siano i modi di ragionare dei presenti.
Mi sembrava una presa in giro: si riuniscono per approvare il regolamento su una legge in difesa degli animali d’affezione e si preoccupano dei ratti pericolosi, dei pidocchi infestanti nelle scuole, con la gente che non può permettersi di pagare ai propri bambini i trattamenti, ma delle sofferenze degli animali ancora non ho sentito parlare. E sono andati avanti così quasi fino alla fine. Evidentemente, quello passa il convento!
Mi sono chiesto come reagirebbero Dordolo & colleghi se prendessi la parola dicendo che io, le scatole nere con le esche topicide, le distruggo, o facessi loro notare che si stanno preoccupando delle malattie zooiatriche possibili, ma poco realistiche, nel mentre trascurano le scie chimiche con i loro effluvi sospetti, altrettanto possibili e ancor di più realistiche. Si aggrappano a vecchi stereotipi basati sul concetto di natura matrigna e pericolosa e non vedono le scie bianche in cielo che lo rendono prima grigliato e poi bianchiccio. La natura è cattiva perché per secoli l’abbiamo vista così, mentre l’aviazione e il traffico aereo sono buoni perché da Marinetti in poi li consideriamo sinonimo di progresso.
Quando anche il signor Dordolo si accorgerà che è in atto una qualche operazione militare segreta ai nostri danni, capirà da solo che i ratti di Udine sono l’ultimo dei nostri problemi.
Anche quando ha sollevato obiezioni all’articolo della legge che vieta gli allevamenti di animali da pelliccia e per vivisezione, dicendo che è vessatorio (che parolone!) nei confronti dei privati che volessero tenersi in casa un cincillà o un criceto a pelo lungo, mi è sembrato che volesse arrampicarsi sugli specchi, o che interpretasse il ruolo classico del debunker. Forse, cercare il pelo nell’uovo è il suo modo di contribuire al dibattito democratico. A me sembrava pura perdita di tempo e che volesse solo cazzeggiare.
E ne ho avuto conferma quando ha chiesto che si aggiungesse la zoorastria, altrimenti conosciuta come bestialità, tra le forme di maltrattamento ai danni degli animali, e ha fatto riferimento ad episodi accaduti recentemente in Lombardia e nel Canton Ticino. A me sono venuti in mente i mattatoi. E questo si preoccupa degli accoppiamenti contro natura! Non dico che non esistano, ma il suo è il tipico comportamento del disinformatore. Lui magari non se ne rende conto, ma sta deviando l’attenzione su temi secondari, se si pensa a ciò che avviene negli allevamenti in batteria e nei macelli, che non mancano sul suolo del comune di Udine. Il consigliere Dordolo: un criptodebunker.
Infine, altre due cose sono scaturite dalla seduta, e dimostrano come gli addetti ai lavori fossero tutti presi dalle formalità burocratiche mentre i civili esterni come la dottoressa del museo avanzassero esempi concreti.
Costei, di cui purtroppo non ho capito il nome, ha spiegato che mettere gli elastici agli astici, immobilizzandogli le chele, non è maltrattamento, ma l’unico modo di evitare che, in quello spazio ristretto dell’acquario, presso ristoranti alla moda e pescherie, si sbranino tra di loro.
Non lo sapevo, ma so che gli astici, le aragoste e le cappesante non dovrebbero essere lì, ma in fondo al mare. Non dovrebbero essere considerate cibo, ma persone. E invece, l’unica cosa che i consiglieri hanno approvato all’unanimità è il comma iniziale che “Il comune di Udine riconosce agli animali la natura di esseri senzienti”. Bontà vostra! Come mi sento sollevato!
Così, non vedremo i vigili urbani correre dietro ai cinghiali, di notte, sparacchiandogli con la pistola d’ordinanza, nel caso in cui avessero la cattiva idea di andare a spasso per Via Cividale. Né vedremo i dipendenti dell’ASL armati di retini cercare di agguantare le nutrie delle rogge udinesi. Sono esseri senzienti, capite? Una pallottola o una siringa di veleno la sentono bene. Eccome, se la sentono! Meno male che Anzolini, Della Rossa, Pizzocaro, Zaccuri, Croattini, Bertoli, Torretta, Pirone, Primis, Ortis e la dottoressa del museo lo hanno capito. Ora bisognerà farlo capire ai restanti centomila abitanti di Udine. Abbiamo fatto l’Italia, ora dobbiamo fare gl’italiani.
Interessante anche un’altra cosa, detta dalla dottoressa. In agosto molte persone portano al museo piccoli serpenti da loro uccisi, per avere conferma del sospetto che si tratti di vipere, mentre in realtà sono giovani colubri. Gli esperti del museo offrono consulenza spiegando che hanno fatto male ad ucciderli, essendo del tutto innocui. Esempio fatto dalla laureata in merito alla diatriba sorta – che solo in un consiglio comunale o ad una riunione condominiale poteva verificarsi – sul significato di “consulenza”.
E qui si è persa un’altra mezzora perché, preoccupati tutti di non sprecare il denaro pubblico, c’era chi dietro la parola consulenza vedeva il losco peculato e l’intrigo clientelare, e c’erano altri che spiegavano come invece tale termine fosse neutro, candido, gratuito e incorruttibile, come sono incorruttibili, di norma, tutti i funzionari friulani. Sono finiti i tempi della finanza allegra e la Guardia di Finanza è sempre di più all’erta.
Alle sette e mezza ho dovuto scappare a prendere il treno, ma subito dopo la seduta è stata tolta e a ruota i consiglieri, con il testa il presidente Anzolini, mi hanno seguito verso l’uscita, in quelle anguste sale cariche di storia.
La sera, come diceva il Poeta, è un buon pastore: riporta tutte le pecorelle all’ovile.
Gli animali, d’affezione o d’infestazione, possono aspettare. Non è ancora giunta l’ora della riscossa.
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