L'annichilimento da combattere: le "idee moderne".
Creato il 27 marzo 2015 da Lostilelibero
L'uomo del gregge umano.
Il
resto è semplicemente l’umanità. - Si deve essere superiori all’umanità per
forza, per altezza d’animo – per disprezzo…
F. W. Nietzsche
La democrazia, dimenticando per un attimo il
malinteso storico di Pericle, fiorisce sulle sponde delle colonie americane a cavallo
tra XVII e XVIII secolo. Alexis de Tocqueville ne descrive puntigliosamente il
carattere originario: “la pigrizia e
l’ubriachezza vi sono severamente punite (…) proibisce l’uso del tabacco (…)
costringe ad assistere al servizio divino (…) la frusta punisce la menzogna
quando può nuocere (…) nel 1649 si formò a Boston una associazione solenne
avente per scopo di prevenire il lusso mondano dei capelli lunghi”.
Pare
insomma che l’animo tirannico dei travagliati inizi dell’epopea democratica
abbia persino superato le fantasie di qualche signorotto feudale europeo. A noi
però non interessa l’aspetto meramente politico ed istituzionale, bensì quella
sfera più sottile ed altrettanto indecifrabile che pertiene forse esclusivamente
ad una sensazione. Morale e filosofica, direbbe forse, non a torto, qualcuno.
“Democratico”, in tal senso, è solo un altro aggettivo che qualifica la
possibilità di un’opportunità, quel bisogno che spinge l’uomo ad avvicinarsi al
proprio prossimo per occultare nella “comunità” i demoni della propria
“singolarità”, quello che Nietzsche chiama “ironicamente”: ”immeschinimento dell’uomo, un suo
mediocrizzarsi e invilirsi”.
Per quest’uomo docile ed inoffensivo infatti: “vengono (…) messe e inondate di luce le
qualità che servono ad alleviare l’esistenza ai sofferenti: vengono qui in
onore la pietà, la mano compiacente e soccorrevole, il calore del cuore, la
pazienza, la laboriosità, l’umiltà, la gentilezza – giacché queste sono qui le
qualità più utili e quasi gli unici mezzi per resistere alla pressione
dell’esistenza. La morale degli schiavi è essenzialmente morale utilitaria”.
E così, anche in democrazia
, è solo la pelosa convenienza a spingerla verso l’altro (a questo stitico
genere di altruismo viene dato, di volta in volta, il beffardo nome dibeneficenza
, compassione, sentimento). Appoggiare il proprio soggetto alle
funzioni esistenziali di una comunità umana o a qualsiasi altra natura
alienante e totalizzante che sia in grado di sopire il suo essere esistente
sostituendosi ad esso, affidando a questo palliativo spersonalizzante il
compito d’illuminare un’esistenza, la propria, che pare incapace di farsi luce
da sé, pare essere il maggior incentivo che spinge la pecora alla ricerca del
gregge.
Questo topos umano ha
rinunciato quindi ad essere sorgente di calore per sé stesso, ha abdicato
dall’ideale interezza del proprio sentire per delegare il compito del suo
sostentamento ad un’entità esterna eteronoma, nullificante l’esistenza,
affinché si possa finalmente alleggerire dalle responsabilità di vivere
integralmente, appiattendo sugli accomodanti “altri” ogni vicissitudine personale.
“D’altra parte in Europa l’uomo del
gregge si dà oggi l’aria di essere l’unica specie umana permessa, ed esalta le
sue qualità, per le quali è mite, conciliante e utile al gregge, come le
autentiche virtù umane: vale a dire civismo, benevolenza, rispetto,
laboriosità, moderazione, modestia, indulgenza, compassione”. Un genere d’individuo
che non può fare a meno dell’altro, gregario. Mediocre per necessità, dozzinale
perché incapace di essere unico, laddove la mediocrità è solo l’ennesimo
rimedio all’horror vacui, la garanzia
di sentirsi parte di una società formata da altri mediocri suoi pari (per dirla
col goriziano Michelstaedter: “si son
fatti forza della loro debolezza, poiché su questa comune debolezza speculando
hanno creato una sicurezza fatta di reciproca convenzione. É il regno della rettorica”).
In questo modo il singolo che vive la sua vita nel mondo sociale, trovando
che la libertà di esser schiavo della vita è sicura, è geloso di questa
condizione in ragione della debolezza colla quale vi si era affidato. Per usare l’esortazione di Nietzsche: “soltanto i mediocri hanno speranza di
continuare a perpetuarsi”. E’ in fondo la storia morale dell’uomo prodotto
dalla democrazia, quello schiavo libero che ha trionfato sugli altri, quello
che prima era un debole, soggetto ai forti di cui vuole vendicarsi, ma solo
sostituirsi ad essi. Un uomo inoffensivo, quello orfano del “terzo stato”, ma
profondamente risentito. Nietzsche è di nuovo chiaro e netto nella descrizione
del “sentimento” di minaccia provato dal “gregge” nei confronti di quegli
“uomini superiori” ormai in via d’estinzione: “l’alta spiritualità indipendente, la volontà di far parte di sé, la
grande ragione vengono già sentite come pericoli; tutto ciò che solleva
l’individuo al di sopra del gregge e fa paura al prossimo, viene da ora in poi
detto cattivo; ai principi di equità, di modestia, di integrazione sociale, di
uguaglianza, alla mediocrità dei desideri, vengono conferiti nomi e onori
morali”. Anche per questo “rovesciamento morale” oggi ci sono solo personae e non uomini integri.
Quando va
bene si può inciampare su qualche fantasma, spesso ci s’imbatte solo in un
informe e fetido gregge di simulacri che si tengono insieme solo perché
spaventati gli uni dagli altri. E questa paura, frammista alla voglia di
sicurezza, risultata spesso mortale per l’individuo, è’ il motivo per cui anche
gli Stati
assoluti e i regimi
di ogni genere hanno avuto presa sugli esseri
umani di tutte le epoche. Peccato che quello stesso voglia di abbracciare una comunità
per paura del prossimo sia anche il motivo principale per cui la stessa democrazia
ha avuto successo.
L'annichilimento da combattere: "idee moderne":
Un'introduzione.
La logica.
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