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“L'anno 3000”: il viaggio immobile di Paolo Mantegazza

Creato il 25 giugno 2013 da Sulromanzo
Autore: Alessandro PuglisiMar, 25/06/2013 - 15:30

Articolo pubblicato nella rubrica I (rin)tracciati nella Webzine Sul Romanzo n. 3/2013, Le tentazioni della cultura.

Paolo Mantegazza, L'anno 3000, Webzine Sul Romanzo
«Paolo e Maria lasciarono Roma,  capitale  degli Stati Uniti d'Europa, montando nel più grande dei loro aerotachi, quello destinato ai  lunghi viaggi»: questo è l'incipit de L’anno 3000, che ha per sottotitolo (o per parte del titolo, se si preferisce) Sogno di Paolo Mantegazza, romanzo del 1897, riedito nel 2007 da Lupetti, curato da Davide Bigalli, nella collana I rimossi.

Utopia positiva, potremmo dire, usando una tautologia, escogitata da un intellettuale atipico, quale Paolo Mantegazza certo fu: nato a Monza nel 1832 e morto a San Terenzo nel 1910, fisiologo, antropologo, parlamentare del Regno d'Italia. E per di più uno dei principali “importatori” delle teorie darwiniane nel nostro Paese. Autore, tra gli altri, della Fisiologia del piacere, della Fisiologia della donna e di Testa, ipotetico “sèguito”, dal titolo fortemente icastico, di Cuore di Edmondo De Amicis.

L’anno 3000 è un romanzo dentro un romanzo. La storia di Paolo e Maria che, partiti sul loro aerotaco per un lungo viaggio, decidono di passare il tempo dilettandosi nella lettura di un libro, L’anno 3000, appunto, «scritto da un medico, che dieci secoli prima con bizzarra fantasia aveva tentato di indovinare come sarebbe il mondo umano dieci secoli dopo». Si tratta dunque già di un duplice livello di narrazione; per meglio dire, si tratta di due livelli diversi di affabulazione che, continuamente, s’intersecano, si giustificano, si rafforzano l’un l’altro. E se, come dice il protagonista Paolo a un certo punto del romanzo, «la natura umana è così elastica, è così proteiforme, che ci permette di ripetere a lunghi intervalli le stesse esperienze e di ritentare le stesse strane utopie», allora ogni utopia non dovrebbe essere stata, e non dovrebbe essere, altro che una constatazione della struggente e ineffabile ciclicità della storia umana e, quindi, della storia delle organizzazioni sociali. Mantegazza, invece, scrivendo L’anno 3000, dimostra, pur non essendo originale, che l'utopia ha una sua ragione di utilità e di esistenza, mettendo in scena un dispositivo narrativo di alta speculazione e, nello stesso tempo, di grande piacevolezza alla prova della lettura meno “impegnata”.

È necessario, però, capire che opere come quella di Mantegazza non sono monadi, non sono cattedrali nel deserto. E comprendere pure che la cosiddetta “letteratura d'anticipazione” ha scavato, nel corso della storia della letteratura tout court, un solco piuttosto profondo e foriero di grandissime invenzioni e intuizioni. A questo scopo, utile risulterà una velocissima carrellata.

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