Un anno bisestile è un anno solare in cui avviene la periodica intercalazione di un giorno aggiuntivo nell'anno stesso, un accorgimento utilizzato in quasi tutti i calendari solari (come quello giuliano e quello gregoriano) per evitare lo slittamento delle stagioni: ogni 4 anni accumulerebbero un giorno in più di ritardo. Per correggere questo slittamento, agli anni "normali" di 365 giorni (ogni 4 anni) si intercalano gli anni "bisestili" di 366: il giorno in più viene inserito nel mese di febbraio, il più corto dell'anno, che negli anni bisestili arriva a contare 29 giorni.Un giorno per riguadagnare tempo...
In pratica è come se ogni anno l'equinozio di primavera arrivasse con oltre 6 ore di ritardo - un tempo che sul nostro calendario non viene calcolato - finché, ogni 4 anni, non interviene l'anno bisestile a rimettere a posto le cose, sincronizzando di nuovo anno siderale e calendario gregoriano e colmando gli ultimi quarti di giorno "persi" nei 4 anni precedenti.Quando un anno si definisce "bisestile"?
Un anno è bisestile se il suo numero è divisibile per 4, con l'eccezione che gli anni secolari (quelli divisibili per 100) sono bisestili solo se divisibili per 400. Sono cioè bisestili tutti gli anni la cui numerazione termina con le due cifre 04, 08, 12... fino a 96; gli anni che terminano con 00 sono bisestili solo se l'anno è divisibile per 400, cioè il 1600, il 2000, il 2400 eccetera. Quindi il 2000 è stato un anno bisestile, il 2100 non lo sarà. La formula per sapere se un anno è bisestile è: se le ultime due cifre sono divisibili per quattro, oppure se l’intero anno è divisibile per 400.
Ricapitolando, secondo il calendario giuliano, sono bisestili gli anni la cui numerazione è multipla di 4: l'anno giuliano medio dura quindi 365 giorni e 6 ore circa. Questa durata non corrisponde esattamente a quella dell'anno solare medio, che si ricava dalle osservazioni astronomiche: quest'ultimo infatti è più corto di 11 minuti e 14 secondi. Di conseguenza, il calendario giuliano accumula un giorno di ritardo ogni circa 128 anni rispetto al trascorrere delle stagioni.
Dal 325 d.C., anno in cui il Concilio di Nicea stabilì la regola per il calcolo della Pasqua nel calendario, nel 1582 si era ormai accumulata una differenza di circa 10 giorni. Questo significava, ad esempio, che la primavera, in base alle osservazioni astronomiche, non risultava più iniziare il 21 marzo, ma l'11 marzo. Così la Pasqua, che avrebbe dovuto cadere la prima domenica dopo il plenilunio di primavera, veniva spesso a cadere nella data sbagliata.
Nei secoli questo scarto aveva fatto cadere l’equinozio primaverile il giorno 11 marzo, con un anticipo di 10 giorni. Per recuperare i giorni perduti fu presa una misura drastica: la gente si coricò la sera del 4 ottobre del 1582 e si risvegliò pensate bene… il 15 ottobre. Inoltre, per evitare interruzioni nella settimana, si convenne che il 15 ottobre fosse un venerdì, dal momento che il "giorno precedente", il 4, era stato un giovedì.
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