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L'Anticristo è uno di quei film che probabilmente non sarebbe mai esistito se non ci fosse stato il successo mondiale de L'esorcista di Friedkin con il suo nuovo modo di esplorare nuove frontiere dell'orrore cinematografico.
Da certa critica è stato catalogato semplicemente come un rip off del film americano ed in un certo senso è anche vero perchè il film di De Martino non brilla certo per inventiva o per originalità, ma ci troviamo di fronte a una produzione di ottimo livello, brillantemente confezionata, con musiche di Morricone, la fotografia di Aristide Massaccesi ( Joe D'Amato), i pochi effetti speciali sono ad opera di un giovane Carlo Rambaldi e last but not least c'è un cast di attori internazionali come Mel Ferrer e Arthur Kennedy oltre a un pugno di ottimi attori italiani tra cui la protagonista Carla Gravina che si immola anima ma soprattutto corpo nella parte di Ippolita e gli allora giovani Remo Girone, nella parte di Filippo e Umberto Orsini nella parte del dottor Sinibaldi.
Ora, sarà un semplice rip off de L'esorcista ma questo film è legato a parecchi spaventi genuini legati alla prima volta che l'ho visto, quando ero poco più che adolescente e avevo letto da poco il romanzo di William Peter Blatty, da cui poi Friedkin trasse il film, che mi aveva garantito non poche notte insonni.
Ai tempi una lettura quasi clandestina, avendo praticamente sottratto di nascosto il libro alla biblioteca di mio padre contro il suo parere.
L'Anticristo rivisto oggi non fa più paura come allora ma contiene ancora sequenze non proprio facili da mandare giù come la prima parte, quasi semidocumentaristica in cui vengono mostrati alcuni posseduti, un'immaginetta di un Cristo blasfemo tenuta in mano da Ippolita che viene mostrata a favore di camera per pochissimi secondi, poco più di un frame, gli insulti pesantissimi che Ippolita rivolge a chi le sta vicino, il tentativo di esorcismo da parte di un folkloristico guaritore di cui Ippolita si prende gioco vomitando anche verde. Cosa che potrà apparire normale e soprattutto già vista ma obbligare il presunto guaritore a leccare quel vomito verde è un qualcosa che a distanza di quasi quaranta anni fa ancora discretamente schifo.
Ambientato in una Roma oscura e spettrale e questo marca una differenza abissale con l'originale americano, il film di De Martino si segnala anche per qualche scivolata nell'exploitation pura con la presenza di un incesto, malamente tagliato in sede di censura e di qualche virata sul morbosetto più che sull'orrorifico giusto per richiamarsi alla "gloriosa" tradizione del thriller erotico all'italiana.
A parte qualche ingenuità narrativa ( ma come fa la possessione demoniaca a essere legata alla guarigione di Ippolita?) e qualche effetto speciale realizzato in modo alquanto approssimativo ( gli effetti della levitazione) quello che colpisce del film, allora come ora, è l'atmosfera maligna che lo permea e che si fonde con un realismo di fondo sottolineato dalla parte iniziale del film.
Il ricordo più forte che ho dalla prima visione in anni ormai lontani è quel corridoio con pareti rosso cardinale e quelle nicchie con busti di personaggi che sembrano guardarti e che quasi ti aspetti che si animino, un corridoio opprimente e che soffoca , instillando una cospicua dose di inquietudine, senza l'ausilio di alcun effetto speciale.
Finale sbrigativo e non particolarmente memorabile ma per quanto mi riguarda questo film rimane un cult della mia adolescenza cinematografica.
Oggi apparirà un po' invecchiato ma val sempre una visione...
( VOTO : 6,5 / 10 )
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