Proprio una settimana fa si è celebrato l’anniversario della strage di Capaci, ormai più che maggiorenne. Ma non per questo tutti, TUTTI, ne sanno qualcosa. Dello scorso anno mi ricordo che il momento più alto era stato quello del “silenzio”, intonato dalla tromba, in segno di lutto. Una profonda commozione ti assale se pensi che in quegli attimi di non troppi anni fa, esplodeva tutto. Poi, il vedere tutti quei bambini sorridenti con le magliette bianche.
Quest’anno riesco a raggiungere via D’Amelio prima che il corteo inizi la sua strada. L’80 % dei presenti è costituito da bambini e da ragazzi venuti da scuole siciliane ed italiane. Gli adulti sono i maestri delle elementari, i fotografi, i giornalisti, gli abitanti della zona. Il palazzo in cui abitava Paolo Borsellino è sotto i ferri della ristrutturazione mentre all’entrata campeggia umilmente un albero d’ulivo preso d’assalto dai biglietti e da ogni altra cosa appendibile in segno di onore ad una vittima della mafia. Nonostante sia fondamentalmente “il giorno” di Falcone, è sicuramente il momento dell’anno dove vengono ricordati le vittime di mafia in maniera più rumorosa, più partecipata, e maggiormente ripresa dai media.
Il corteo si snoda fino a raggiungere via Notarbartolo e più precisamente “l’albero Falcone”, altro simbolo della memoria dove accanto è stato montato il consueto palco sul quale quest’anno saliranno il procuratore Grasso, Maria Falcone, alcuni ragazzi venuti dall’Europa per dire no alla mafia e Claudio Baglioni.
Pian piano il viale si riempie fino a diventare una bolgia popolare, fino a perdere qualsiasi tipo di connotazione pacifica per via della mancanza d’aria, dei marciapiedi pieni di piante e di ostacoli di ogni tipo che per poco (un miracolo) non hanno causato un allarme vero e proprio. Praticamente, se volevi andar via o stavi male, era impossibile sbucare da qualche parte. Tutto questo quando viene scoperta la sorpresa sul palco: ecco a voi Claudio Baglioni. L’isteria collettiva è una di quelle cose per cui bisogna prevedere in anticipo gli effetti, se non ci si vuol trovare direttamente dentro il calderone della follia. Bambini arrampicati dalle madri su sostegni inopportuni, donne di mezza età sui vasi delle piante, tutti nella folle corsa alla foto e al video, tutti che si devono spostare proprio in quel momento, quando varchi non ce ne sono. Tutti esaltati, tutti vivi per nulla. Al che m’incazzo e vorrei andare. Ma è meglio lasciar perdere, e dico alla signora che accanto parla tutto il tempo di stare un momento in silenzio, perché sta parlando Grasso. Dietro di me sento un uomo che dice provocatoriamente che si può anche fischiare al procuratore perché non lo rappresentava, perché era sempre “in giro”. Ma dove sono capitato?
Quest’anno la presenza è raddoppiata, triplicata..
Tutti hanno cantato Strada Facendo, Fratelli d’Italia..
E ci può anche stare. Ma non così, tutti spudoratamente distratti dal vero obiettivo di un pomeriggio di maggio.
Chi avrà pensato a quella strage, ai morti ammazzati senza nome, né volto?
Chi avrà pensato al coraggio?
Chi avrà pensato alla mafia?
Quanti si sono goduti lo spettacolo?
Anche quest’anno il momento più toccante è stato quando si è intonato il “silenzio”quando la folla oceanica di un carnevale inaspettato si è zittita.
E perdonatemi, ma il resto mi è sembrato solo lo spettacolo dell’ipocrisia.
Come quando lo scorso anno a Castelvetrano (TP) si lodava al meraviglioso corteo per la legalità, con tanto di noto attore in prima fila. E poi, il 23 di maggio, il giorno dopo, nella piazza centrale erano meno di una decina ad essere presenti al “minuto di silenzio”.
Uno squallido minuto di silenzio che senza un briciolo di notorietà non meritava di essere vissuto.