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Il primo giorno di aprile, le calendae, la dea Venere Verticordia era omaggiata con doni floreali. Questo rituale prendeva il nome di Veneralia. L'appellativo Verticordia deriva da verso corde, rivolgimento del cuore, dal momento che si riteneva che, grazie all'intervento della dea i cuori delle donne romane potessero indirizzarsi al matrimonio. Queste festività sono menzionate da Plutarco, dove Venere Verticordia è collegata con Aphrodite Epitalàrios, la Venere dal cestello. Servio afferma che il tempio dedicato a Venere Verticordia si trovava nella Valle Murcia, circondato da un boschetto di mirti. Il termine Murcia, riferito alla valle, si ritrova nel latino murcidus, derivato da murcus, che vuol dire mutilato, autolesionista che si taglia il pollice per evitare il servizio militare, per cui vigliacco, codardo. Il termine ricorda il sanscrito murch-, svenire, perdere i sensi, perdere coscienza ma anche cagliare (del latte) e coagulare (del sangue) e il sostantivo murchah, svenimento, stupore, allucinazione. A Dioniso e ai suoi misteri rimanda il cestello di Aphrodite Epitàlarios, che ricorda la cista mystica presente nei riti dionisiaci, contente il fallo.
Durante la festa di Venere nelle idi di aprile, si svolgevano dei bagni rituali, con lavacri del simulacro della dea. Vi era anche un bagno collettivo, che coinvolgeva tutte le donne che partecipavano alla festa, che dovevano prendere questo bagno all'ombra di un mirto, considerato pianta sacra alla dea. Una volta offerti dei fiori a Venere, le sue seguaci bevevano il cocetum, a base di latte, papavero pestato e miele, che, proprio per la presenza dell'oppio, aveva il potere di arrecare sonno ed oblio alle convenute.
Ma aprile, nell'antico calendario romuleo, contemplava altre feste che celebravano il risveglio della natura e la sessualità femminile, collegata al risveglio della natura. In questo quadro si configurano i Megalenses, giochi in onore della dea Cibele, che i Romani adoravano con l'epiteto di Magna Mater (corrispondente al greco Megale Meter). Questi giochi si svolgevano dal 12 al 19 aprile e si chiamavano Ceriales. Il 21 del mese, oltre a celebrarsi il "compleanno" della città di roma, si svolgevano altre feste in onore di una divinità femminile: le Parilia. Questa festività segnava l'inizio dell'anno pastorizio ed i pastori compivano riti lustrali in onore dell'antica dea Pales che presiedeva alla loro attività.
Il 23 aprile era dedicato a Venere Ericina. Si festeggiava con libagioni di vino, le Vinalia. Si trattava di una festa dell'amore, vietata alla matrone di Roma e aperta alle prostitute. Le professe (le prostitute) offrivano a Venere, protettrice dei giardini, composizioni di rose, giunche e bruciavano incenso. L'origine del culto era, forse, fenicio-babilonese. Il santuario di Aphrodite più antico era, secondo Erodoto, quello di Ascalona, in Fenicia. La dea era inizialmente legata agli aspetti della fecondità e della generazione (come gli altri culti a divinità femminili orientali: Ishtar e Astarte). La Venere Ericina aveva un suo tempio sul monte Erice (oggi S. Giuliano), dove esisteva, con tutta probabilità, un tempio punico antecedente dedicato alla dea Tanit. Qui veniva praticata la prostituzione sacra.
A partire dal 28 aprile si svolgevano i Florales, legati alla fertilità ed alla sessualità femminile. La festa si protraeva fino a maggio. Il simulacro della divinità veniva cinto di corone di fiori variopinti e si usava, in teatro, fare scherzi piuttosto licenziosi. Era possibile assistere, durante i Florales, a combattimenti tra prostitute con capre e lepri (simboli di vizio e lascivia).
Il 15 di aprile ricorrevano i Fordicidia, un sacrificio propiziatorio di vacche gravide destinate alla gravida dea Tellus, personificazione della Terra.
Quasi due terzi del mese di aprile, dunque, erano dedicati alla celebrazione di festività in onore di divinità femminili strettamente connesse al risveglio della natura: Venere, Cerere, Pales, Tellus. Erano culti che avevano una valenza volta alla procreazione ed alla celebrazione dell'istintività sessuale.
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