Sarà il giorno del ricordo o l'ennesimo fanta-show di regime?
di David Incamicia |
Oggi in molti esclameranno "finalmente è il 6 aprile!". Io invece, sommessamente, mormoro che purtroppo un altro 6 aprile è arrivato. Già, perchè mentre l'Italia intera sarà concentrata su ciò che avverrà nelle aule del Palazzo di Giustizia di Milano, dove andrà in scena il primo atto del cosiddetto "processo Ruby" in assenza dell'attore protagonista, gli aquilani celebreranno il secondo anniversario di una tragedia che oltre agli ingenti danni umani e materiali che provocò allora sta aggiungendo la beffa della derisione morale da parte di uno Stato - eccezion fatta per San Giorgio Napolitano - altrettanto assente, malgrado il solito avanspettacolo del "grande imputato" che sarà ripreso, come si usa di questi tempi, a reti unificate.
E chissà se l'uomo della provvidenza, colui che tutto puote in virtù del più capiente e sozzo portafoglio degli ultimi 150 anni, è riuscito a prepararsi pure stavolta uno sketch che fa alla bisogna, proprio come a Napoli per la monnezza e più di recente a Lampedusa per i derelitti umani considerati dal fedele e verde alleato - ma di rabbia - ugualmente monnezza, per convincere i terremotati di L'Aquila che se stanno ancora nella merda, sommersi dalle macerie, senza una casa e un lavoro, senza più un passato e forse senza nemmeno un futuro, è solo colpa loro che quella notte di due anni fa se ne stavano nel letto a dormire invece di sollazzarsi con un bel "bunga-bunga" collettivo nella principale piazza cittadina. Attendiamo frementi il TG-Minzo delle 20 o uno speciale di "Forum" in prima serata per soddisfare - e siamo certi che sarà così - questa prorompente curiosità.
Intanto, bisogna fare i conti con la triste realtà. E rendersi conto che dalle 3.32 del 6 aprile 2009 L’Aquila è caduta in un profondo sonno, quasi a emulare il gigante del Gran Sasso raffigurato tra le rocce della montagna più alta degli Appennini. Se si varca la “Zona Rossa” della città e si passeggia per il centro storico ci si imbatte - riferiscono i cronisti che l'hanno fatto in questi giorni - in un silenzio assordante. L’unico rumore percepito proviene dalle jeep degli Alpini di pattuglia, che effettuano controlli per prevenire le azioni di sciacallaggio. E' una città fantasma pregna di un'atmosfera luttuosa, l'atmosfera del funerale di una intera comunità deceduta senza che nessuno sia intervenuto a porgere sinceramente le condoglianze. Ma la voglia di ricominciare non manca, accompagnata dalla rabbia. “JEMO ‘NNANZI”, andiamo avanti, recita uno striscione in bella vista. Assieme a quello più famoso del “NOI ALLE 3.32 NON RIDEVAMO”.
Dunque sono deserte le vie principali di L’Aquila, ora c’è solo qualche “turista del macabro” munito della solita macchina fotografica d'ordinanza. Ma gli operai dove sono? E i tecnici? Legno e ferro ricoprono ogni stabile, ogni chiesa, ogni monumento. L’Aquila è interamente fasciata da puntellamenti e pare sospesa nel vuoto. In alcune case non è concesso entrare neanche ai proprietari per il pericolo dei crolli. Ma agli abitanti l'aver messo in sicurezza la città - meglio sarebbe dire le macerie - non basta. Tutti ora attendono con ansia che alle mille promesse seguano fatti concreti, e che la città venga presto messa in condizione di tornare a vivere. Si era deciso di costituire un consorzio in ogni quartiere, per poi chiedere una stima di fondi per la ricostruzione. Ma quando arriveranno questi fondi? Gli esperti locali parlano di almeno 20 anni per la messa in opera di una “nuova” L’Aquila. Troppo tempo, un'infinità conoscendo altre analoghe esperienze come l'Irpinia o l'Umbria.
Gli aquilani si sono organizzati poiché hanno compreso, anche al prezzo di manganellate sul volto durante i cortei di protesta davanti al Parlamento, che difficilmente potranno rincasare nei prossimi anni. C’è chi ha deciso di scappare definitivamente, chi invece accolto da familiari si sta rifacendo una vita altrove, spesso addirittura fuori regione. Per non parlare del migliaio di aquilani ancora ospiti negli alberghi della costa. Altri ancora sono in affitto o occupano le piastre allestite in periferia. E quegli sgravi fiscali annunciati ai tempi della campagna elettorale per le regionali sono evaporati ben presto, sacrificati in nome della stabilità finanziaria in tempi di crisi. Insomma, è piena emergenza!
La gestione economica della ricostruzione è visibile sul sito http://www.commissarioperlaricostruzione.it/, dove mensilmente vengono aggiornati i dati che non sono proprio qualcosa di cui andare fieri. E oggi gli aquilani, loro malgrado, dovranno “celebrare” i due anni dal sisma. Ma l’unico rappresentante istituzionale al quale sono pronti a dare il benvenuto sarà proprio il Capo dello Stato Napolitano. Dagli "altri" si sentono traditi e offesi, cosa che nei TG di RAIMEDIASET non si potrà dire né mostrare. Chi vuole veramente capire come procede la ricostruzione a L’Aquila e quali sono le reali condizioni di vita degli aquilani a due anni dal sisma, deve recarsi lì di persona e ascoltare le loro parole. Qualcuno ci aveva già provato col film "Draquila, l'Italia che trema" e ha dovuto subire la solerzia della censura di regime. Il sistema più efficace per nascondere l'illegalità e l'approssimazione che, dopo il terremoto, hanno dato il colpo di grazia a quella comunità.
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