Il duello televisivo, come molti commentatori lo hanno definito, tra Michele Santoro e Silvio Berlusconi, consumatosi negli studi Servizio Pubblico, ci lascia diversi spunti di riflessioni.
Il primo interrogativo, forse quello più immediato ed intuitivo, riguarda il livello dello scontro in sé, il tatticismo, ormai noto, adoperato da Berlusconi per eludere le responsabilità politiche dei propri governi nella crisi economica che ha reso il Paese più povero ed inerme, quando lui in persona ed il suo esecutivo negavano l’evidenza, dipingendo ristoranti affollati e narrando di aeroporti presi d’assalto dagli italiani spensierati e gaudenti che giravano l’Italia come turisti.
Poi, però, insieme alle immagini che scorrevano, legate al possesso da parte di Berlusconi del mezzo televisivo per venti minuti buoni di trasmissione, con il leader del Pdl impegnato nella lettura di una lettera che raccontava la biografia professionale di Marco Travaglio, sopraggiunge qualche altro pensiero. E la politica?. D’accordo, si è in un’arena politica, i colpi taglienti sono propri della campagna elettorale, in gioco ci sono le alleanze strategiche tra i partiti e di movimenti ed il futuro governo del Paese ma, la vera politica, i contenuti ed i programmi reali, dove sono?. Neanche un accenno spontaneo e doveroso se non all’abolizione dell’Imu sulla prima casa degli italiani.
Un risparmio di 4 mld. di euro da dover ricavare, ovviamente, da altre fonti. Dell’introduzione di una patrimoniale e di una doverosa riforma fiscale nel segno di una progressività più equa?. Nessun accenno. Delle riforme industriali, della lotta all’evasione fiscale, della corruzione, dei pari diritti delle donne nella società, alcun cenno. Della disoccupazione giovanile e di un mezzogiorno sempre più isolato?. Alcun cenno. Forse sono argomentazioni da programma elettorale di sinistra e quindi non appartengono a quel tipo di agenda politica.
In ogni caso, abbiamo assistito ad uno spettacolo di un anziano leader che tenta un’ affannosa risalita al potere, responsabile padrone e signore di un soggetto politico in grave crisi identitaria e privo di contenuti politici da offrire al proprio elettorato, figurarsi quella parte di elettori indecisi o allontanatesi dal racconto della politica perché imbrigliati nei problemi legati alla disoccupazione, le spese sempre più pressanti, le imposte pesanti ed incombenti, i problemi di un quotidiano divenuto fastidioso ed insopportabile. Già, i ristoranti pieni e gli aeroporti affollati. Questo ci è stato raccontato. Quasi un mantra per scongiurare il baratro, una formula magica e misticamente ricca di effetti dissuasivi.
Non credo resterà molto di quell’incontro televisivo nella mente degli italiani maggiormente interessati a delle proposte politiche che diano un futuro accettabile ai propri figli.
Qualcuno si è dimenticato di scrivere nella lettera letta da Berlusconi che molti migliaia di giovani sono costretti, per frustrazione, a lasciare l’Italia, non trovandovi un futuro degno di questo appellativo. Ma forse stonava con i contenuti. Ma non stonava con il pensiero della gente, con quello dei lavoratori del Sulcis che in questi giorni chiedono un incontro con la Regione per discutere della loro stabilizzazione ed annunciano: "Dalla galleria murata si esce quando ci sono atti concreti".
Ed i lavoratori dell’Ilva?. La questione tra diritto alla salute, da una parte, e diritto al lavoro, dall’altra, ha scosso e diviso il Paese e l’opinione di molti commentatori. Parole?. Forse si ma le sorti della fabbrica, e di migliaia di famiglie, restano appese ad un filo.
L'Ilva era stata "autorizzata" alla produzione e "alla commercializzazione dei prodotti ivi compresi quelli realizzati antecedentemente all'entrata in vigore del presente decreto legge". Questo il testo dell'emendamento che il governo aveva presentato al “dl salva-Taranto”.
In una nota l’azienda aveva deciso che "da ora e a cascata per le prossime settimane circa 1.400 dipendenti, appartenenti prevalentemente alle aree della laminazione a freddo, tubifici e servizi correlati, rimarranno senza lavoro". La decisione era legata al “no” del gip al dissequestro dei prodotti giacenti sulle banchine, aggiungendo che, in conseguenza del diniego del magistrato titolare delle indagini al dissequestro dei prodotti, "si fermeranno a catena gli impianti di Novi Ligure, Genova Racconigi e Salerno, dell'Hellenic Steel di Salonicco, della Tunisacier di Tunisi e di diversi stabilimenti presenti in Francia".
La politica deve cominciare a pensare a tutto questo, a trovare risposte adeguate alle urgenze provenienti dal mondo industriale, dalle sfere sociali e dagli ambienti internazionali ed europei.
Il “cantiere permanente” delle istituzioni comunitarie ha conosciuto un soprassalto: c’è all’ordine del giorno il problema di una riforma importante. Il ministro degli esteri tedesco Fischer ha posto con chiarezza il tema di una costituzione federale europea.
La moneta unica è stata un forte segnale a livello mondiale della volontà dei paesi “intermedi” europei di non farsi sottomettere dai mercati finanziari e di diventare, collettivamente, un punto di riferimento globale,
Naturalmente il primo passo nella creazione di un governo democratico europeo è il consolidamento necessario di un tessuto costituzionale. Un processo costituente è indispensabile, nel senso pieno del termine: occorre una costituzione come insieme di regole essenziali e come stesura di un patto riguardante un progetto politico condiviso.
Premessa di ogni mutamento, sarà il rafforzamento di un messaggio “ideologico” forte, come quello dell’identità europea, espresso in una “carta dei diritti” dei cittadini europei. Questo sarà un banco di prova che l’identità europea non è solo una mozione degli affetti, ma si distingue da altri modelli sociali, più o meno rispettabili, che si confrontano nel mondo contemporaneo.
Un’ulteriore punto di verifica seria del modello europeo dovrà essere la politica per l’integrazione delle generazioni di immigrati che arrivano e arriveranno sempre più numerosi sul continente, per le richieste di un mercato del lavoro che genera offerta di occupazione non saturata da giovani europei.
Il tema è centrale, soprattutto di fronte alle ricorrenti minacce di reazioni xenofobe, da cui quasi tutti i paesi sono segnati: meno si perseguiranno queste politiche, più problemi conoscerà l’integrazione degli immigrati che vengono da paesi esterni all’Unione
Il resto, non produce più nulla, nemmeno l’effetto di un sensazionalismo evanescente.
Cristian Curella