29 ottobre. Torna sabato prossimo (alle 21) al Teatro Nuovo Viva l'Italia, spettacolo di Aldo Cazzullo per la regia di Paolo Valerio. A Verona ha debuttato un anno fa, poi una tournee lunghissima in lungo e in largo per l'Italia.
Il lavoro del giornalista del Corriere della Sera parte dal libro omonimo, edito da Mondadori che mette il dito nelle piaghe del Risorgimento, della Grande Guerra e della Resistenza per cercare, stanare, scovare con arguzia e acume intellettuale i motivi per cui "dobbiamo essere orgogliosi della nostra nazione".
Viva l'Italia è spettacolo sicuramente provocatorio. In primo luogo perché si parla di Risorgimento in un'epoca dove sembrano prevalere particolarismi, frammentazioni regionalistiche, campanilismi locali e individualismi. In terra della Lega poi è a dir poco una sfida politica. Parole come unità e Nazione hanno poco a che fare con l'immagine folcloristica di una Italia dipinta come penisola da "pizza e mandolino". Ma Viva l'Italia non è per questo nostalgico o revisionista. Anzi: "Contro la retorica consolatoria del Paese più bello del mondo", scrive l'autore "in difesa dell'unità nazionale e di un dato storico: in epoche diverse, gli italiani hanno dimostrato di saper combattere per un'idea di Italia che non fosse solo quella del Belpaese". Messaggio forte, detto con le forme del teatro.
Sul palco, oltre al regista Paolo Valerio, ci sono Michele Ghionna, Andrea De Manincor e Sabrina Modenini. Musica dal vivo con il pianoforte di Sabrina Reale. La scenografia sarà costruita con proiezioni di immagini (anche video) a cura di Roberto Guglielmi.
E sul palco c'è pure Cazzullo: osserva e commenta la dimensione più spettacolare affidata ad attori e musicisti. Lui invece legge brani tratti dal saggio (cominciando da quello che dà il titolo al libro): dalle lettere dei volontari della Grande Guerra alle testimonianze di Cavour su Garibaldi. Nomi e fatti: il colonnello Montezemolo, Carlo Alberto, Carlotta Aschieri, preti, operai, generali, irredentisti e fucilati, impiccati, morti nelle trincee, un filo rosso che lega nello sforzo, nella fatica di costruire una nazione e uno Stato da Nord a Sud perché, afferma il giornalista, "il Nord, senza il Sud, sarebbe deprivato di senso".
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