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Non avevo messo a fuoco - colpa mia - l'Argentina dei nostri emigranti. L'Argentina che per diversi anni è stata un'altra "Lamerica", forse migliore dell'altra, quella che accoglieva, si fa per dire, a Ellis Island. Storie comunque di fatica, sudore, emarginazione, non solo di speranza.
Ci ho pensato l'altro giorno, leggendo il libro di Erri De Luca Il giorno prima della felicità. Ci sono alcuni passi bellissimi su questa Argentina, fissati attraverso il racconto di uno dei personaggi, Don Gaetano: vent'anni di Sudamerica di cui riesce a rammentare quasi esclusivamente il viaggio, l'oceano.
I viaggi sono quelli per mare con le navi, non coi treni. L'orizzonte dev'essere vuoto e deve staccare il cielo dall'acqua. Ci dev'essere niente intorno e sopra deve pesare l'immenso, allora è viaggio. Qualcuno piangeva, pure nella miseria, che lo costringeva, gli rimordeva la perdita. Tranne pochi e peggiori, nessuno aveva spirito di avventura. I soldi del biglietto erano stati raccolti dai risparmi di varie famiglie. Erano il loro investimento nel futuro. Sarebbero stati rimborsati dalla riuscita del loro parente. Il compito schiacciante, l'obbligo di fare fortuna, sgomentava come la vastità del mare. A chi piangeva, dicevo che così allungava l'oceano con altra acqua salata. Il viaggio doveva servire a dimenticare il punto di partenza. Durava quasi un mese e alla fine sbarcavano uomini pronti, con il naso per aria
Poi l'Argentina è il passato che viene tagliato, una nuova vita che non si sa, ma che sarà comunque diversa:
In Argentina ho dimenticato. Ogni cosa nuova che imparavo ne cancellava una della vita di prima
Un'opportunità, comunque, sul tavolo verde della vita. Fa bene ricordarsi tutto questo oggi.
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