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L'arma energetica della Russia influisce sugli equilibri Mediorientali

Da Roxioni
L'arma energetica della Russia influisce sugli equilibri Mediorientali
Affari russi ed egemonia regionale nel crocevia del Medio Oriente.
L'arma energetica della Russia influisce sugli equilibri MediorientaliL’arma energetica è decisamente più forte dell’Armata Rossa. Negli interventi geopolitici la coppia Putin-Medvedev mostra di preferire l’efficacia persuasiva e vantaggiosa del business che fa guadagnare denaro e consolida il potere.
Caduto nell’autunno scorso il ministro economico considerato riformatore oltre che esperto di finanza, quel Kuldrin di cui Medvedev ha voluto la testa perché ne
soffriva il carisma, non sono scomparsi i suoi princìpi liberali e liberisti incamerati dall’intera dirigenza del Cremlino. Quei princìpi non confliggono con l’intento di rafforzare l’egemonia geo-strategica con cui la Russia si rilancia nel ruolo di superpotenza ben oltre la precedente intesa dei Brics. Le aree mondiali di sviluppo e di crisi sono terreni su cui misurarsi e lo scacchiere mediorientale è un banco di prova difficile ma imprescindibile. Lì nel promuovere o sostenere politica ed economia delle nazioni “protette” o alleate l’establishment moscovita compie i propri passi non perdendo mai di vista il fine di rimpinguare i conti nazionali, pubblici e privati. Avevamo già esaminato (cfr. Russia, i vantaggi dell’embargo all’Iran) come dietro al veto di Mosca alle sanzioni occidentali contro il governo degli ayatollah le aziende russe, statali e private, s’avvantaggiassero nel piazzare i propri idrocarburi e gas naturale sul doppio mercato europeo e asiatico.
E’ di questi giorni la notizia che Gazprom sta proponendo alla Turchia di attuare quei progetti esposti da Medvedev a Erdoğan durante l’incontro del G20 della scorsa estate. Concernono la costruzione d’impianti di stoccaggio di gas per i flussi verso l’Europa che per un quarto degli attuali consumi usa appunto metano russo. Anche Ankara è altamente dipendente dalle forniture del colosso presieduto da Zubkov, che s’aggirano attorno al 67% del fabbisogno nazionale, e sta cercando mercati alternativi. Il maggiore sarebbe quello iraniano da usare in casa e da smistare incassando sui diritti di transito. L’affare interesserebbe molto Teheran che ha in quel prodotto uno degli elementi vitali delle sue esportazioni, ma le due nazioni sono in competizione per l’egemonia strategica nella regione. Fattore che i politici e businessmen di Mosca riconducono a proprio vantaggio. Così lanciano la prassi dei contratti a lungo termine, 10-15 anni, che paiono vantaggiosi per i clienti destinatari di sconti anche del 30% sul gas fornito, ma lo sono principalmente per chi piazza il suo prodotto a prezzi differenziati da cliente a cliente. Politica commerciale in cui Gazprom si distingue. Recentemente proprio Ankara s’è trovata di fronte al dilemma se diversificare gli acquisti comperando gas anche dall’Iran, che offriva mille litri cubi a 500 dollari, oppure cedere al ribasso russo che per i mille metri cubi fa ora pagare 400 dollari.
L'arma energetica della Russia influisce sugli equilibri MediorientaliIl premier turco avrebbe sperimentato vie nuove, ma gli esperti commerciali gli hanno ricordato come gli invii invernali iraniani potevano stentare nella puntualità di consegna. Questa carenza avrebbe potuto penalizzare la filiera produttiva interna e sarebbe stata una macchia per l’immagine efficientista del suo Esecutivo. Così non s’è fatto nulla. La questione del gas è un esempio di come le mire economico-strategiche di due prim’attori dell’area mediorientale siano costrette a fare doppiamente i conti con la presenza d’un angelo custode nient’affatto disinteressato. Non contento del ruolo dell’enorme forza derivante dalle forniture energetiche il mondo imprenditoriale russo amplia i suoi gangli nella stessa fornitura dei servizi. Sue aziende stanno negoziando l’acquisizione di una rete elettrica in Germania e una di produzione e di distribuzione in Italia. Oltre che distribuzione di gas in Grecia e nella Repubblica Ceca. Una strategia che seguendo la via del cosiddetto unbundling, lo spacchettamento che noi abbiamo inizialmente conosciuto nella telefonia e che da qualche anno s’è diffuso appunto nel settore energetico, cerca di riacquisire quella centralità affaristica che gestori locali d’un gasdotto o di un suo tratto possono averle tolto. I conflitti legali fra il supermanager Alexei Miller e l’Unione Europea sono noti, Gazprom passa al contrattacco producendo, vendendo, distribuendo prodotti energetici e ora posizionando servizi. Il rilancio come superpotenza passa per la smania di capitali con buona pace di alleanze e veti di comodo. source

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