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L’arresto di Sallusti? La libertà di stampa è morta in un vergognoso silenzio

Creato il 01 dicembre 2012 da Iljester

L’arresto di Sallusti? La libertà di stampa è morta in un vergognoso silenzioE alla fine il direttore de Il Giornale è stato arrestato. Non solo! Dopo essere stato portato a casa propria per scontare la pena, egli è evaso, beccandosi un nuovo processo per il reato di evasione (da 1 a 3 anni). Non so se questo sia stato un atto coraggioso oppure stupido, ma è certo che non sarà utile. Ormai è chiaro che la drammatica vicenda di Sallusti, condannato a 14 mesi di carcere per “omesso controllo” su un articolo considerato diffamante nei confronti di un magistrato, non interessa nulla a nessuno.

Certamente non interessa ai suoi colleghi detrattori. A coloro i quali lo hanno sempre denigrato e considerato un servo del berlusconismo, come se lor signori non fossero viceversa i servi di chi ha sempre sponsorizzato l’antiberlusconismo. Perché diciamocela tutta: se in Italia esiste un giornalista che non è al servizio di un qualsivoglia padrone, altrettanto esistono puttane vergini. È un paradosso che serve a sottolineare che è illogico tacciare un giornalista di “berlusconismo”, per il sol fatto di non omologarsi all’antiberlusconismo.

L’arresto di Sallusti? La libertà di stampa è morta in un vergognoso silenzio

E certamente non interessa ai politicanti. In primis, a quelli di sinistra, i quali, grazie a questa esaltante vicenda, si sono liberati di un formidabile avversario di penna. Un Cyrano de Bergerac poco propenso a dar loro la slinguazzata che adorano e che cercano nei giornali amici e compiacenti. E parimenti non interessa ai cosiddetti politici “amici”, i quali, anzi, hanno talmente avuto nei suoi confronti il dente avvelenato, da dargli l’illusione di un impegno solenne per spegnere l’ignobile condanna, salvo poi tentare di sfornare una legge sulla diffamazione ancor più liberticida di quella tutt’ora in vigore. Uno scempio che non avrebbe salvato Sallusti dal carcere ma che avrebbe messo ancor più il bavaglio – con le solite complicità sinistre – alla stampa e in generale alla libertà di opinione, sacro diritto di tutti i cittadini.

E ancora, non interessa al Capo dello Stato, il quale naturalmente non ha speso una sola parola per la drammatica vicenda di Sallusti, sia nella sua veste di Presidente della Repubblica e sia nella sua veste di Capo della magistratura.

Certamente poi la vicenda non interessa a tutti coloro, popoli viola, violetti, rosa e rosati, che nel 2009 manifestarono contro il Governo Berlusconi per un supposto quanto inesistente tentativo di limitare la libertà di stampa. Dove sono andati a finire oggi questi grandi eroi della libertà di stampa? Dove sono andati a finire i movimentisti, i rivoluzionari, i grandi paladini della libertà di pensiero, ora che ci sarebbe bisogno di loro? Naturalmente a dormire, in un qualche armadio pieno di naftalina, in attesa che qualcuno li richiami nuovamente quando al governo ci sarà (se mai ci sarà) nuovamente il nemico politico e servirà manipolare l’opinione pubblica con una nuova ipocrita crociata. Ma non per Sallusti, notoriamente “amico” del nemico politico.

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La verità è che la vicenda di Sallusti ha tradito una realtà ineluttabile: la libertà di stampa in Italia è morta, compressa e avvilita in un sistema di regole repressive che si è rivelata forte con i deboli e debole con i forti. Perché se anche Sallusti ha sbagliato, l’evidente sproporzione tra il suo sbaglio e la sanzione comminatagli, sottolinea un paese allo sbando, un paese soggetto a un sistema di governo (nel più ampio senso del termine) illiberale, settario, oligarchico e poco incline alla critica e alle opinioni scomode. Sottolinea un sistema di tutela dell’onorabilità e del decoro, ancorato a un meccanismo penalistico arcaico, dal forte tenore repressivo, che sovente butta via il bambino con l’acqua sporca.

Non si può affatto dire che l’Italia sia un paese con un’avanzata legislazione in tema di libertà di stampa e opinione. Anzi, si potrebbe benissimo affermare il contrario: più il tempo passa, più ci si inoltra in una dittatura politica soft, basata sul dominio del potere oligarchico finanziario-tributario, e più i margini di azione dei cittadini, le loro libertà e i loro diritti fondamentali vengono erosi e circoscritti su posizioni omologate, radicate nel politicamente corretto e nelle verità preconfezionate dai media compiacenti.

E il bello è che sono davvero pochi coloro i quali se ne rendono pienamente conto.


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