La valle del Var
Quante volte ho già detto che l’arrière pays della Costa Azzurra è di una bellezza senza uguali! Eppure ogni volta me ne stupisco e ne gioisco come se non ne fossi già oltremodo convinto. Anche perché tutte le volte che giri il muso dell’auto fuori dall’autostrada e punti sulle montagne che stanno alle spalle della costa, hai sempre nuove sorprese, sempre nuovi soggetti da ammirare. Per esempio basta fare pochi chilometri dietro a Nizza, prendere verso l’interno la valle del Var e girare verso sinistra a Pont Charles Albert. La strada si inerpica subito verso l’alto. Come sono piccole e strette le stradine su questi monti! Ma in un attimo ecco che, arrivi a Gilette, un paesino dove dalla piazzetta del comune, una contorta serie di scale e scalette ti conduce sino alla cima, dove ben nascoste tra le case, trovi le rovine di un vecchio castello, ma soprattutto hai una vista spettacolare sulla stretta valle dell’Esteron che laggiù in basso, serpeggia, blu intenso tra il verde scuro dei boschi, scavandosi la via per arrivare al grande letto ghiaioso del Var che lo attende con la calma apparente e sorniona dei torrenti estivi. Un'altra stradina tortuosa ed ecco Bonson, anche lui abbarbicato ad uno sperone che ti consente di dominare tutta la valle. In fondo sono paesini da nulla, ma c’è qualcosa nell’aria tersa, in questa luce abbagliante, nel rosso dei gerani e nel profumo di rosmarino e di lavanda, che ti lascia contento di essere venuto.
Poi la strada prosegue nella valle della Vesubie, un altro minuscolo affluente del Var, attraverso gole contorte, strette e minacciose, incuneandosi lungo il corso del torrente che scorre in basso fragoroso e insolente. E’ un ambiente selvatico e scuro, dove la luce fatica a penetrare tanto sono alte le pareti del cañon, rocce dure e nude, granito vivo dove stentati alberelli faticano a stare abbarbicati ai piccoli spazi loro concessi. Da un lato vorresti rimanere a lungo qui nel fondo del lato oscuro, dall’altro ne vuoi venir fuori quanto prima, riguadagnare il sole e la luce, così risali la montagna per arrivare a La Bollène e goderti lo spettacolo dall’alto, circondato da boschi di querce e castagni così fitti da resistere anche allo sguardo. Ancora più in su per una strada ripidissima e tutta curve per arrivare al Col di Turini, quasi 1700 metri e se vuoi all’anello dell’Authion, oltre 2100 metri, foresta piena di pini verde scuro che incombono sulla strada a formare quasi un tunnel tra un tourniquet ed il successivo. Radio Nostalgie suona Gilbert Beaucau. Qui si correva un rallie famoso; erano i giorni di Silvie Vartan e Dalida. Che ci posso fare se sono vecchio! E poi giù tutte curve in una discesa vertiginosa, una specie di toboga tra alberi, boschi e foresta, mentre il sole cala sempre di più, baluginando tra le foglie basse, che ormai cominciano a colorarsi di giallo e di rosso. Accidenti che bella giornata. Mi sa che rimane appena il tempo per arrivare al mare, buttarsi in acqua, tanto il costume ce l’ho e poi preparasi per una insalata di polipo tiepido e una bella grigliata gamberi, orata e coda di rospo. Tanto il pesce non ingrassa.
Bonson