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L’arte affabulatoria di Carlos Ruiz Zafòn

Creato il 17 agosto 2014 da Pamelaserafino
 

L’ombra del vento, romanzo di Carlos Ruis Zafòn è un libro che ha riscosso un grandissimo successo internazionale, la parte migliore di questo lavoro letterario ( genere tra il giallo e l’ horror) risiede, a mio L’ombra del vento, romanzo di Carlos Ruis Zafòn è un libro che ha riscosso un grandissimo successo internazionale, la parte migliore di questo lavoro letterario ( genere tra il giallo e l’ horror) risiede, a mio avviso, nella ricchezza della trama più che nella sua costruzione, almeno nella sua parte tecnica consistente nel trovare espedienti narrativi capaci di far fluire le parti di raccordo senza evidenziarle; possibilità che sarebbe emersa ad esempio dall’utilizzazione di diverse voci narranti, la voce narrante che predomina in tutto il romanzo è invece quella del protagonista principale Daniel il figlio di un libraio di libri antichi, voce narrante talora interrotta, è vero, da quella di altri personaggi ma utilizzando sempre un punto di vista esterno, cosicché il tono del racconto risulta monocorde. L’autore è riuscito ad attrarre l’attenzione del lettore attraverso l’intreccio, all’interno di quella principale, di minitrame dal sapore misterioso a volte un po’ macabro e avventuroso. La vita dei personaggi principali, si intreccia, infatti, con personaggi secondari di cui viene narrata solo la storia e il legame indiretto che intrattengono con i protagonisti senza entrare in diretto contatto con essi. Si pensi ad esempio ad un personaggio della stregua di Laszlo de Vicherny, “duca di Parma e alchimista privato dei Borbone, il cui vero nome era Baltasar Deulofeu i Carallot, nato a Esparraguera, di professione gigolò e impostore”. Questa figura così emblematica viene messa in scena esclusivamente per descrivere il luogo nel quale Daniel ritrova la governante di Penelope l’amore perduto di Julian Carax, alter ego del protagonista, e di cui il giovane è alla disperata ricerca. Si veda di seguito l’accurata descrizione che viene fatta del personaggio. “Il sedicente impresario si vantava di possedere la più ampia collezione mai esistita di feti umanoidi in diverse fasi di deformazione conservati in formalina, per no parlare di un’altra raccolta, ben più vasta, di ordini di cattura emessi dalle polizie di mezza Europa e America. Le attrazioni del Tenebrarium (così Deulofeu aveva chiamato la sua creazione) comprendevano anche sedute spiritiche e negromantiche, combattimenti di galli, topi,cani, donne mascoline, scherzi di natura o misti, con possibilità di effettuare scommesse […] Lo strepitoso successo del Tenebrarium durò una quindicina d’anni, fin quando si scoprì che Deulofeu aveva sedotto moglie, figlia e nuora del governatore militare nel giro di una settimana. Sul centro ricreativo e sul suo fondatore si abbatté la più crudele delle vendette. Prima che Deulofeu potesse filarsela e assumere la sua ennesima identità, una banda di uomini mascherati gli diede la caccia nei vicoli del quartiere di Santa Marìa e lo impiccò a un lampione delle Ciudadela. Dopodiché il cadavere venne bruciato e dato in pasto ai cani randagi”. In poche righe è tratteggiata un’intera vicenda che da sola potrebbe dar vita ad un altro romanzo e che dire di Salvador Jausà propietario della casa dei misteri chiamata, “ L’angelo della nebbia” , luogo in cui trovano lo snodo tutti gli eventi centrali della vicenda, dall’inizio delle storie d’amore dei protagonisti alla morte di alcuni di loro. “Jausà, orfano dall’età di sei anni e di umili origini, aveva fatto fortuna a Cuba e a Portorico. Si diceva che fosse una delle tante eminenze grigie Dal Nuovo Mondo, oltre a un patrimonio cospicuo, aveva portato con sé anche una moglie nordamericana, una damigella dell’alta società di Philadelphia che non conosceva una parola di spagnolo, e una domestica mulatta, al suo servizio sin da quando viveva a Cuba, che viaggiava con sette bauli e un macaco in gabbia vestito da Arlecchino.[…] Nessuno dubitava che la domestica- una bellezza eburnea dallo sguardo e dai fianchi mozzafiato… fosse la sua amante, ispiratrice di piaceri illeciti e innominabili. Che fosse anche una strega, era solo una logica consL’ombra del vento, romanzo di Carlos Ruis Zafòn è un libro che ha riscosso un grandissimo successo internazionale, la parte migliore di questo lavoro letterario ( genere tra il giallo e l’ horror) risiede, a mio avviso, nella ricchezza della trama più che nella sua costruzione, almeno nella sua parte tecnica consistente nel trovare espedienti narrativi capaci di far fluire le parti di raccordo senza evidenziarle; possibilità che sarebbe emersa ad esempio dall’utilizzazione di diverse voci narranti, la voce narrante che predomina in tutto il romanzo è invece quella del protagonista principale Daniel il figlio di un libraio di libri antichi, voce narrante talora interrotta, è vero, da quella di altri personaggi ma utilizzando sempre un punto di vista esterno, cosicché il tono del racconto risulta monocorde. L’autore è riuscito ad attrarre l’attenzione del lettore attraverso l’intreccio, all’interno di quella principale, di minitrame dal sapore misterioso a volte un po’ macabro e avventuroso. La vita dei personaggi principali, si intreccia, infatti, con personaggi secondari di cui viene narrata solo la storia e il legame indiretto che intrattengono con i protagonisti senza entrare in diretto contatto con essi. Si pensi ad esempio ad un personaggio della stregua di Laszlo de Vicherny, “duca di Parma e alchimista privato dei Borbone, il cui vero nome era Baltasar Deulofeu i Carallot, nato a Esparraguera, di professione gigolò e impostore”. Questa figura così emblematica viene messa in scena esclusivamente per descrivere il luogo nel quale Daniel ritrova la governante di Penelope l’amore perduto di Julian Carax, alter ego del protagonista, e di cui il giovane è alla disperata ricerca. Si veda di seguito l’accurata descrizione che viene fatta del personaggio. “Il sedicente impresario si vantava di possedere la più ampia collezione mai esistita di feti umanoidi in diverse fasi di deformazione conservati in formalina, per no parlare di un’altra raccolta, ben più vasta, di ordini di cattura emessi dalle polizie di mezza Europa e America. Le attrazioni del Tenebrarium (così Deulofeu aveva chiamato la sua creazione) comprendevano anche sedute spiritiche e negromantiche, combattimenti di galli, topi,cani, donne mascoline, scherzi di natura o misti, con possibilità di effettuare scommesse […] Lo strepitoso successo del Tenebrarium durò una quindicina d’anni, fin quando si scoprì che Deulofeu aveva sedotto moglie, figlia e nuora del governatore militare nel giro di una settimana. Sul centro ricreativo e sul suo fondatore si abbatté la più crudele delle vendette. Prima che Deulofeu potesse filarsela e assumere la sua ennesima identità, una banda di uomini mascherati gli diede la caccia nei vicoli del quartiere di Santa Marìa e lo impiccò a un lampione delle Ciudadela. Dopodiché il cadavere venne bruciato e dato in pasto ai cani randagi”. In poche righe è tratteggiata un’intera vicenda che da sola potrebbe dar vita ad un altro romanzo e che dire di Salvador Jausà propietario della casa dei misteri chiamata, “ L’angelo della nebbia” , luogo in cui trovano lo snodo tutti gli eventi centrali della vicenda, dall’inizio delle storie d’amore dei protagonisti alla morte di alcuni di loro. “Jausà, orfano dall’età di sei anni e di umili origini, aveva fatto fortuna a Cuba e a Portorico. Si diceva che fosse una delle tante eminenze grigie Dal Nuovo Mondo, oltre a un patrimonio cospicuo, aveva portato con sé anche una moglie nordamericana, una damigella dell’alta società di Philadelphia che non conosceva una parola di spagnolo, e una domestica mulatta, al suo servizio sin da quando viveva a Cuba, che viaggiava con sette bauli e un macaco in gabbia vestito da Arlecchino.[…] Nessuno dubitava che la domestica- una bellezza eburnea dallo sguardo e dai fianchi mozzafiato… fosse la sua amante, ispiratrice di piaceri illeciti e innominabili. Che fosse anche una strega, era solo una logica conseguenza.” La capacità di raccontare brevemente le storie, la sua affabulazione è il tratto migliore di questa scrittura, che riassume e incuriosisce mentre gli elementi a cui fa riferimento il genere , la curiosità morbosa del lettore di indagare nelle vite, il gusto per il macabro, che è molto diffuso ed ha sempre riscosso un grande successo, sono stimolati dalla penna di Zafòn. Ho posto l’attenzione su alcuni personaggi secondari della storia per evidenziare volutamente la strategia di ampliamento della trama attraverso storie di vita collegate. Nessun personaggio sfugge a quest’indagine esistenziale, che però bisogna dirlo, resta sempre sul piano epidermico non raggiunge la profondità dell’essere, includendo i personaggi principali, i secondari e le semplice comparse. eguenza.” La capacità di raccontare brevemente le storie, la sua affabulazione è il tratto migliore di questa scrittura, che riassume e incuriosisce mentre gli elementi a cui fa riferimento il genere , la curiosità morbosa del lettore di indagare nelle vite, il gusto per il macabro, che è molto diffuso ed ha sempre riscosso un grande successo, sono stimolati dalla penna di Zafòn. Ho posto l’attenzione su alcuni personaggi secondari della storia per evidenziare volutamente la strategia di ampliamento della trama attraverso storie di vita collegate. Nessun personaggio sfugge a quest’indagine esistenziale, che però bisogna dirlo, resta sempre sul piano epidermico non raggiunge la profondità dell’essere, includendo i personaggi principali, i secondari e le semplice comparse. avviso, nella ricchezza della trama più che nella sua costruzione, almeno nella sua parte tecnica consistente nel trovare espedienti narrativi capaci di far fluire le parti di raccordo senza evidenziarle; possibilità che sarebbe emersa ad esempio dall’utilizzazione di diverse voci narranti, la voce narrante che predomina in  tutto il romanzo è invece quella del  protagonista principale  Daniel il figlio di un libraio di libri antichi, voce narrante talora interrotta, è vero, da quella di altri personaggi ma utilizzando sempre un punto di vista esterno, cosicché il tono del racconto risulta monocorde.

L’autore è riuscito ad attrarre l’attenzione del lettore attraverso l’intreccio, all’interno di quella principale, di minitrame dal sapore misterioso a volte un po’ macabro e avventuroso. La vita dei personaggi principali, si intreccia, infatti, con personaggi secondari di cui viene narrata solo la storia e il legame indiretto che intrattengono con i protagonisti senza entrare in diretto contatto con essi. Si pensi ad esempio ad un personaggio della stregua di Laszlo de Vicherny, “duca di Parma e alchimista privato dei Borbone, il cui vero nome era Baltasar Deulofeu i Carallot, nato a Esparraguera, di professione gigolò e impostore”. Questa figura così emblematica viene messa  in scena esclusivamente per descrivere il luogo nel quale Daniel ritrova la governante di Penelope l’amore perduto di Julian Carax, alter ego del protagonista, e di cui il giovane è alla disperata ricerca. Si veda di seguito l’accurata descrizione che viene fatta del personaggio.

“Il sedicente impresario si vantava di possedere la più ampia collezione mai esistita di feti umanoidi in diverse fasi di deformazione conservati in formalina, per no parlare di un’altra raccolta, ben più vasta, di ordini di cattura emessi dalle polizie di mezza Europa e America. Le attrazioni del Tenebrarium (così Deulofeu aveva chiamato la sua creazione) comprendevano anche sedute spiritiche e negromantiche, combattimenti di galli, topi,cani, donne mascoline, scherzi di natura o misti, con possibilità di effettuare scommesse […] Lo strepitoso successo del Tenebrarium durò una quindicina d’anni, fin quando si scoprì che Deulofeu aveva sedotto moglie, figlia e nuora del governatore militare nel giro di una settimana. Sul centro ricreativo e sul suo fondatore si abbatté la più crudele delle vendette. Prima che Deulofeu potesse filarsela e assumere la sua ennesima identità, una banda di uomini mascherati gli diede la caccia nei vicoli del quartiere di Santa Marìa e lo impiccò a un lampione delle Ciudadela. Dopodiché il cadavere venne bruciato e dato in pasto ai cani randagi”.

In poche righe è tratteggiata un’intera vicenda che da sola potrebbe dar vita ad un altro romanzo e che dire di Salvador Jausà propietario della casa dei misteri chiamata, “ L’angelo della nebbia” , luogo in cui trovano lo snodo tutti gli eventi centrali della vicenda, dall’inizio delle storie d’amore dei protagonisti  alla morte di alcuni di loro.

Jausà, orfano dall’età di sei anni e di umili origini, aveva fatto fortuna a Cuba e a Portorico. Si diceva che fosse una delle tante eminenze grigie Dal Nuovo Mondo, oltre a un patrimonio cospicuo, aveva portato con sé anche una moglie nordamericana, una damigella dell’alta società di Philadelphia che non conosceva una parola di spagnolo, e una domestica mulatta, al suo servizio sin da quando viveva a Cuba, che viaggiava con sette  bauli e un macaco in gabbia vestito da Arlecchino.[…] Nessuno dubitava che la domestica- una bellezza eburnea dallo sguardo e dai fianchi mozzafiato… fosse la sua amante, ispiratrice di piaceri illeciti e innominabili. Che fosse anche una strega, era solo una logica conseguenza.”

La capacità di raccontare brevemente le storie, la sua affabulazione è  il tratto migliore di questa scrittura, che riassume e incuriosisce mentre gli elementi a cui fa riferimento il genere , la curiosità morbosa del lettore di indagare nelle vite, il gusto per il macabro, che è molto diffuso ed ha sempre riscosso un grande successo, sono stimolati dalla penna di Zafòn. Ho posto l’attenzione su alcuni personaggi secondari della storia per evidenziare volutamente la strategia di ampliamento della trama attraverso storie di vita collegate. Nessun personaggio sfugge a quest’indagine esistenziale, che però bisogna dirlo, resta sempre sul piano epidermico non raggiunge la profondità dell’essere, includendo i personaggi principali, i secondari e le semplice comparse.


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