Il Testimone, trasmissione condotta da Pif, mi piace.
La vedo meno di quanto vorrei, ma quando capita ne rimango sempre colpito.
Qualche giorno fa ho seguito la puntata dedicata all’Arte Contemporanea (che a breve sarà disponibile anche in streaming, sul sito di MTV). Per Arte Contemporanea ci si riferisce generalmente all’arte creata nel presente. Nel caso specifico credo che si possa parlare del ramo specifico del postmodernismo.
Avete presente quei tizi che tirano due righe con gesso su una strada e definiscono ciò “opera d’arte”? Ecco, siamo da quelle parti.
Ho sempre guardato con una certa perplessità a questi fenomeni. Curiosando in Rete si trovano le cose più improbabili, dall’artista che dipinge col vomito, a quello che lo fa col pene. Senza dimenticare quelli che ricavano opere e istallazioni mettendo insieme rifiuti, scarti industriali, merda.
Ne Il Testimone ho visto altri esempi di questa cosiddetta Arte.
Si va dal tizio che ha vinto un prestigioso premio accendendo e spegnendo a caso la luce, in una stanza vuota, a quello che è riuscito a vendere per 40.000 dollari un vecchio canotto gonfiato grazie a una fisarmonica.
Senza dimenticare – non riesco a rimuoverlo dalla testa nemmeno se ci provo – una catasta di confezioni di latte scaduto, che veniva prezzata più o meno attorno ai 12.000 dollari.
O alla ruota di bicicletta che girando accende una lampadina (7.000 dollari).
Un’altra che mi ha colpito, in quanto a ridicolaggine, è la foto di turisti in attesa davanti all’ingresso di una mostra. Arte contemporanea pure questa, a quanto pare.
Sapete qual è la cosa più spassosa? Che questi capolavori vanno a ruba. C’è gente disposta a staccare assegni importanti, per aggiudicarsi queste opere d’arte.
Ci sono due domande che ricorrono spesso quando si parla di queste correnti artistiche:
- Cosa mi rappresenta l’opera?
- Potrei farla anch’io?
Il primo quesito, a quanto pare, è tabù. Gli artisti si offendono terribilmente, se gli si chiede qualcosa del genere. Forse perché non sanno cosa rispondere? Chissà.
La seconda domanda invece contempla un “no” molto partigiano come risposta.
Ma perché no? Obiettivamente impilare dei cartoni di latte e dire che si tratta di un’istallazione artistica non richiede certo un novello Antonio Canova. Gli esperti dicono però che, a noi comuni mortali, manca il guizzo dell’idea, il colpo di genio.
Genio? Vabbé.
La luce si accende e si spegne.
Opera d’arte!
La cosa che mi ha colpito più di tutte è però un’altra ancora. Un paio di questi creativi hanno candidamente ammesso di aver realizzato delle opere di arte contemporanea senza avere in realtà nessuna idea su cosa fare.
Questo è il caso del tizio scozzese che ha vinto il Turner Prize con l’istallazione della luce che si accende e che si spegne, in una stanza vuota.
Intervistato da Pif, Martin Creed ha confessato che la nascita di questo “capolavoro” pluripremiato è dovuta a giorni in cui non aveva assolutamente uno straccio di vero progetto artistico. “Allora ho pensato che un gesto come accendere e spegnere l’interruttore della luce è comunque arte” (cit.)
Fico, no?
Ora, questo mio post sembra particolarmente aggressivo. Ok, io l’Arte Contemporanea la sopporto poco. La visita al museo Guggenheim di New York la ricordo come uno dei momenti più noiosi del mio primo viaggio oltreoceano.
Poi c’è anche un perché, in questa mia antipatia.
Vengo da un settore, l’editoria, in cui la gente ci fa le pulci se un ebook costa più di un euro. Un.fottuto.euro.
Poi vengo a scoprire che un vecchio canotto è stato comprato per 40.000 dollari perché l’ha gonfiato un artista contemporaneo.
Permettete che le palle mi girino un po’.
Che volete farci. Anzi, quasi mi scatto una foto sul cesso, con l’ereader in mano, e poi provo a venderla come opera d’arte.
Pricasso, l’artista che dipinge con casso.
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(A.G. – Follow me on Twitter)