Perdi una cosa al giorno. Accetta l'ansia
delle chiavi smarrite, dell'ora male spesa.L'arte di perdere non è troppo ardua.Perdi di più e più in fretta, per far pratica.Luoghi, nomi, e dov'era che volevifare un viaggio. Nulla sarà un dramma.Ho perso l'orologio della mamma.Ora, l'ultima o quasi di tre case dilette.L'arte di perdere non è troppo ardua.Ho perso due città, molto belle. E più vastiregni che possedevo, due fiumi, un continente.Mi mancano, ma non è stato un dramma.Anche perdere te (la voce gaia,un gesto amato) non mi smentirà.L'arte di perdere non è troppo arduaanche se può sembrare (scrivi!) un dramma.Elizabeth Bishop, L'arte di perdere,Rusconi, Milano 1982, traduzione di Margherita Guidacci.Scrivi, scrivi, scrivi, «Write it!»– e fallo soltanto dopo che hai appreso l'arte di perdere, arte preziosa, forse la sola che ti consente di raccontare il tuo vivere.Pensaci bene su cosa sia vivere: perdita continua di scaglie del nostro essere nello scorrere del tempo. Tutto va perduto... e noi soprattutto. Come ti muovi – e, altresì, come stai fermo. E se non apprendi tale arte indispensabile corri il rischio tremendo di vivere con la testa perennemente voltata indietro, smanioso di recuperare tutto quello che necessariamente va perduto.Scrivere è uno degli esercizi più efficaci che ti siano concessi per saper perdere coltivando l'illusione che niente vada perduto. Per esempio il primo bacio - che starebbe lì chiuso nella mente, se la mente non lo traducesse in forma di parole (o di pittura, di musica, eccetera) - o qualsiasi altro vissuto che informa (non inforna) il tuo essere. A te, che vuoi vivere sapendo di aver vissuto, non resta che dimostrarlo: non è troppo arduo “perdere” la vita sotto forma di parole.