Siamo ormai piuttosto lontani dalle epoche in cui emergevano numerose prescrizioni riguardanti presunte “norme di bellezza”, immutabili e valide una volta per tutte. Al contrario, sono andati affermandosi numerosi contro-modelli, che hanno contributo a riabilitare, in qualche modo, il brutto, o ciò che si era ritenuto tale, in tutte le forme d’arte.
A questo proposito, di solito (o almeno, non ancora) noi non consideriamo “belle” le immagini che ci mostrano com’è fatto un virus o un batterio. L’artista britannico Luke Jerram, però, deve pensarla in maniera molto diversa.
In una sua serie di “sculture”, intitolata Glass Microbiology, figurano infatti creazioni di vetro che rappresentano tanto l’HIV quanto l’influenza suina, tanto il vaiolo quanto l’Escherichia coli. Come ha dichiarato lo stesso autore, l’obiettivo era quello di sottrarre, a questo tipo di rappresentazioni, il contenuto “emozionale” che fotografie e schemi, che appaiono su giornali e riviste, attribuiscono loro.
I lavori di Luke Jerram sono in mostra in ben due gallerie, il Museum of Arts and Design di New York, e il National Glass Center, nel Regno Unito.
Di sicuro non siamo in presenza di opere che mancano di originalità: incarnano più che bene, anzi, una contemporanea tendenza artistica, tra le molte; una tensione che potremmo provare a definire dicendo: “rappresentare il piccolo in grande, e il grande in piccolo”. Basti pensare a Ron Mueck, su tutti.
Magari non tutti apprezzano, è chiaro, o per qualcuno potrebbe essere ripugnante. E tuttavia, se di scavare, nel senso letterale, dentro di noi, non si incarica l’arte, chi mai potrà e dovrà farlo?
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