Un libro squarciato
Un libro squarciato dal vento
dentro una sfera di cristallo
occhi che scandivano il tempo
in un silenzio affumicato
da parole esauste
ora a riposo
Un violino parlava da solo
da un do-re-mi-
a un sol-la-si-
anch’esso confuso dall’afa
in un desiderio altro
oltre quella nenia di polvere
Una nonna un nonno
vene pulsanti di memoria
e ricordi
(la luce è sempre bella!)
accarezzavano ancora gradini
di vita sana
coi loro bambini
in attesa di un’altra novella
Una finestra s’apriva
improvvisa e tagliente
in un mondo di sprechi
e tragedie umane
mentre uomini potenti
rais sultani dittatori e presidenti
urlavano inutili e fornicavano…..
……e quella finestra non si chiudeva
e lo spettacolo continuava
gratuito e senza veli
a zero applausi!
Ottobre 2013
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Dalla presentazione di Giorgio Linguaglossa alla silloge “Le falesie dell’anima” di Gavino Puggioni.
Forse questo di Gavino Puggioni è un libro d’amore, come può scriverlo un autore che voglia dissimularne le tracce; e il poeta è costretto a scrivere sull’acqua o ad aprirsi un guado nella neve. Se Cavalcanti e gli stilnovisti elaborano una laica teoria dell’amore, per secoli, nelle generazioni seguenti sarà più di tutti Francesco Petrarca a percorrere, «nano sulle spalle di quei giganti», il cammino a ritroso che, grazie al senno di poi, doveva invece condurre in avanti, costruendo i fondamenti di quella civiltà umanistica nella quale riuscirono a convivere, arricchendosi reciprocamente, la tradizione classica e quella cristiana.
Oggi il mondo moderno a tecnologia avanzata esclude a priori ogni autorità e magistero spirituale che non provengano da essa, e la poesia si vede quasi ridotta a prendere ad interlocutore il proprio «io» («le falesie dell’anima»), o a inventarsi degli interlocutori surrogati, o finti, a prodursi nella zona di scocca tra un talismano quasi magico come il violino di Beethoven e un italiano che sarebbe la traduzione della musica di quel violino; e lo stile diventa il risultato di un rapporto, il risultato di un dialogo tra una tematica «d’occasioni» e l’istituzione linguistica per eccellenza qual è il linguaggio poetico. Dal punto di vista fonetico e lessicale, nelle parti in versi, la poesia di Gavino Puggioni riceve sicuramente uno stimolo da questa contaminazione a distanza, ma rimane pur sempre all’interno della dialettica tra conservazione e innovazione di novecentesca memoria, non può sfuggire alla dialettica che il Novecento ha inaugurato con le avanguardie storiche.
Siamo certo tutti figli del Novecento, il secolo che ha espiantato la poesia dal corpo umano quale organo inutile, un po’ come si faceva un tempo quando i chirurghi espiantavano le tonsille ai bambini. Ma è un espianto che ha delle conseguenze non, propriamente, tutte positive, o che comunque porteranno dei risultati che soltanto il futuro potrà giudicare.
Nota di RB: su un piano più umano, mi piacerebbe cogliere l’occasione per ringraziare Gavino della sua amicizia e per come si è sempre speso anche per Rosebud in questi due anni; sempre con cortesia, gentilezza, comprensione del fatto che oltre le necessità mediatiche ci sono quelle del vivere. Per tutti, anche per chi anima un sito. Un bacio Gavino e un grazie dal cuore.
Featured image, Gavino Puggioni durante la premiazione, grazie al fotografo Matteo Melis per la cortesia.
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