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Per divertirci un po’ passiamo ora dalla teoria all’attualità. Vi avviso, ci sarà molto da ridere.Il primo novembre 2011 Mario Draghi è diventato presidente della Banca centrale europea e ha subito attuato, sia pure entri gli angusti limiti impostigli dal trattato di Maastricht, una politica monetaria espansiva.Ha via via abbassato il tasso di sconto, fino a ridurlo recentemente a uno striminzito 0,25%. Ha finanziato le banche per oltre mille miliardi di euro con prestiti della durata di tre anni a un tasso dell’1%. Non potendo monetizzare i deficit di bilancio degli stati elargendo anticipazioni allo scoperto, né potendo monetizzarne i debiti comprando i loro titoli alle aste, ha però sostenuto i corsi delle obbligazioni emesse dagli stati con le finanze disastrate, tra i quali svetta la repubblichina italiana, attraverso acquisti sul mercato secondario.Insomma, ha fatto quello che doveva fare.Risultati?Non del tutto insoddisfacenti per i mercati mobiliari, ma inutili per combattere la disoccupazione.Gli indici dei mercati azionari sono risaliti, vero, e i rendimenti sui titoli emessi dagli stati con le finanze disastrate sono scesi. I disoccupati, però, si sono moltiplicati.E allora? Cosa non va? E’ forse colpa dell’asimmetria della politica monetaria?No, non è colpa della politica monetaria. La vera causa della produzione che cala e della disoccupazione che sale sta nelle politiche di bilancio. A una politica monetaria espansiva si associano infatti, nei paesi in crisi dell’eurozona, politiche di bilancio procicliche, anziché anticicliche. Si aumenta cioè la pressione fiscale, invece di abbattela, e si riducono le spese pubbliche. Assistiamo, in buona sostanza, all’apoteosi della follia.
Gli esiti scontati di queste politiche economiche da manicomio sono sotto gli occhi di tutti. Gli stati con le finanze disastrate, oltre a distruggere gli apparati produttivi nazionali, hanno appesantito le proprie condizioni finanziarie. I debiti pubblici di Grecia, Italia, Spagna, Portogallo, Irlanda, Francia sono schizzati a quote astronomiche. La medicina non cura il malato, aggrava la malattia.Era tutto quanto prevedibile. Un peggioramento del settore privato si riverbera sul settore pubblico. Uno stato che desidera tagliare l’indebitamento, se mette in ginocchio i produttori di reddito, presto o tardi finirà in bancarotta. Ottiene quindi lo scopo opposto a quello voluto.Come se ne esce? Ribellandosi ai padroni dell’euro, ossia ai tedeschi. Sono stati infatti loro a imporre ai paesi con le finanze statali disastrate l’attuazione di politiche economiche procicliche. E non si creda che l’abbiano fatto per puro sadismo. Lo hanno fatto con competenza tecnica e lungimiranza. Danneggiare i sistemi economici dei paesi con le finanze statali disastrate significa attrarre capitali dalla periferia a Berlino e/o sfavorire pericolosi concorrenti sui mercati internazionali.La loro azione ha avuto pieno successo. Nel 2008 in Germania il tasso di disoccupazione sfiorava il dieci per cento, oggi arriva a malapena al cinque. La loro produzione, le loro esportazioni, nonché gli attivi della bilancia commerciale hanno registrato, anno dopo anno, andamenti da leccarsi i baffi. Le loro banche prestano soldi alla clientela a tassi di gran lunga meno onerosi di quelli applicati dalle banche dei paesi in crisi. Non solo, ma la repubblica federale tedesca colloca le proprie obbligazioni a tassi d’interesse inferiori al tasso d’inflazione.Credete che tutto ciò sia avvenuto per caso?No, è avvenuto perché gli ordini li dà Berlino e finché sarà Berlino a darli nulla cambierà mai.
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