Ci siamo. Si è appena avuta la notizia di un riscontro di questo fantomatico “Ignoto I”, il codice genetico trovato sul corpo della piccola Yara Gambirasio. Un caso aperto ormai da quattro lunghissimi anni. Lunghissimi per la famiglia, lunghissimi per gli amici della povera Yara.
Yara, la ragazzina uccisa, morta di freddo e di stenti nel campo di Chignolo, il 26 novembre 2010. Yara, un caso perfetto per le prime pagine della cronaca nera: piccoli indizi dilazionati nel tempo, come un liquore dopo un banchetto, perfetto per un articolo ogni tanto.
E adesso, la grande notizia.
“Igoto I” è stato fermato. Non dirò in questo articolo il nome dell’uomo condotto alla caserma di Bergamo, perché credo fermamente che sia stato un errore darlo in pasto all’opinione pubblica prima di un processo. Non che sia la prima volta: si veda il caso scazzi o il recente assassinio di moglie e figli da parte di Carlo Lissi, dove all’inizio si dava la colpa agli immigrati.
Prova ne sono i cori di insulto all’uscita della caserma. E’ vero, un uomo del genere non merita nient’altro che una pena severa. Ma c’è una grande differenza tra chiedere giustizia e sfogarsi con insulti sul web e dal vivo.
“Infame”, “Pezzo di merda”, “Spero che muoia” non sono altro che eufemismi.
Parole che dimostrano un’attenzione morbosa, nel caso migliore.
Chi il dramma l’ha davero vissuto non ha voglia, non ha più la forza di dire nulla. Vuole solo giustizia, pace, poter piangere una persoa amata in silenzio e tranquillità.
Invece, i giornali e il web hanno pubblicato le foto del presunto assassino come fossero ritratti di ricercati, scambiando i social netwok per la bacheca di un commissariato.
Certo, gli indizi sono tutti contro di lui. Il camioncino bianco, la polvere di calce nei polmoni della piccola, i tabulati telefonici. Prove schiaccianti, dalle quali sarà difficile uscire innocenti.
Ma in questo caos, in questa gara dove sembra che chi insulta di più può avere uno sconto sui propri peccati, ci siamo dimenticati di un fatto.
Una ragazzina di 13 anni è morta, da sola, di freddo, in un campo. E mentre i servizi continuavano a dare dettagli sulle ferite, sul dna ritrovato sui suoi indumenti intimi, mentre passavano le foto di una sua giornata in palestra fino a darci la nausea, diventavamo sempre meno consapevoli e sempre più guardoni.
Un assassinio di una innocente è diventato solo l’ennesima occasione per sfogarci, per fare notizia.
Allora, bene ha fatto il pm Letizia Ruggeri a dire “Prima di diffondere altri dettagli sull’inchiesta, aspettiamo la convalida del Gip”.
La giustizia farà il suo corso, e noi, come sempre, lo scriveremo su Facebook.
L’assassino di Yara non esiste ancora
Creato il 18 giugno 2014 da Retrò Online Magazine @retr_onlinePossono interessarti anche questi articoli :
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