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L'ASSENZA CHE VOLEVO - di Olimpio Talarico

Creato il 29 maggio 2013 da Ilibri
L'ASSENZA CHE VOLEVO - di Olimpio Talarico L'ASSENZA CHE VOLEVO - di Olimpio Talarico

Titolo: L'assenza che volevo
Autore: Olimpio Talarico
Editore: Falzea
Anno: 2013

Il titolo del romanzo è esplicativo di quello che sarà il tema che percorrerà la narrazione. Una narrazione non senza interruzioni perché, quando si intraprende questo viaggio, la libertà del lettore viene vincolata dalla struttura dell'opera in capitoletti, ciascuno dei quali inquadra l'esistenza dei diversi personaggi, quattro per la precisione. Dico capitoletti, non per ridurne il valore contenutistico, ma perché la dimensione limitata serve a conferire l'aspetto di un pezzo di coscienza, di un fotogramma che appare alla mente con la rapidità con cui fuggono i pensieri. Allo stesso modo la scrittura si fa semplice, lineare, priva di articolazioni e di periodi complessi proprio per trasmettere l'idea della voragine del vuoto che si intravede tra le mancate giunture di questi frammenti di parole.

Luca, Giovanni, Giulia, Tommo: inizialmente appaiono figure isolate, ma a mano a mano che la storia procede si riesce ad intendere che questi personaggi hanno dei legami ed infine tutti insieme, dopo una scontro-incontro, partono alla volta di un viaggio per i territori della Calabria. Ognuno ha la sua storia, ognuno ha i suoi problemi ma tutti quanti sono circondati da un senso di vuoto che li rende prigionieri di un limbo dal quale non osano uscire.

Ad alternare i numerosissimi monologhi interiori, o discorsi di carattere intimistico, si inserisce un filone poliziesco che prende avvio dalla morte del padre di Tommo. A presiedere le indagini sarà il maresciallo Avola, personaggio singolare perché a differenza degli altri non è calabrese: è umbro e per certi tratti ricorda il capitano Bellodi de Il giorno della civetta. Come lui, in particolare, sarà fortemente restio a fidarsi della gente del posto, odierà fino all'assuefazione l'omertà che circonda ogni caso criminale, ma alla fine, al momento della partenza, sarà commosso e sentirà dispiacere nel lasciare una terra alla quale, si era affezionato, proprio per le peculiarità. Inoltre a questo percorso del romanzo si lega l'emblematica figura della madre di Tommo, custode di valori tradizionali.

L'opera si apre in medias res, con un rapido capitolo che anticipa gli improvvisi cambiamenti che questi personaggi stanno per vivere attraverso la metafora del temporale estivo. Ma quello che subito colpisce è che nel capitolo immediatamente successivo, il narratore torna a dare un quadro più esaustivo, cercando di presentare gradualmente tutti i personaggi fino poi a ricollegarsi a quell'esordio soltanto molte pagine dopo. Insomma, è come se l'autore volesse fare uno scherzo al lettore frettoloso, spaventandolo di fronte alla vicenda avviata per poi rassicurarlo, riprendendo da capo il discorso.

Tema parallelo e forse intrinseco all'assenza, che è vera protagonista del romanzo, è la letteratura: non solo perché ciascun capitolo viene anticipato da una citazione letteraria, che passa dalla nostra letteratura delle origini ai modernisti inglesi, dalla canzone d'autore alle ballate dialettali, ma anche perché non poche volte il pensiero del narratore si esplica meglio attraverso un riferimento ai grandi poeti del passato. Leggendo Leopardi, Giulia riesce ad elaborare la propria delusione verso il padre, ed è sempre recitando Campana che avverte il primo nascere del suo amore per Luca. Se inizialmente sembra dominare tra i personaggi una logica del tipo Luca-Giovanni e Giulia-Tommo, ben presto le dinamiche conseguiranno uno spostamento degli assi, di modo che Giovanni (politico locale, rappresenta una parentesi sulla corruzione politica) si troverà più legato a Tommo (un ragazzo estremamente pratico, amante della Ferrari) e Luca a Giulia: l'attrazione tra i due sarà nobilitata dalla comune passione per la letteratura, cosa che induce a ritenere questa coppia di personaggi privilegiata rispetto agli altri.

Moltissime altre figure appaiono con più o meno importanza nella vicenda, ma quelli di Matteo e Marfisa sono significativi perché mostrano ai loro amici la giusta strada da perseguire: chi non dovesse riuscire ad intraprenderla si sarebbe trovato di fronte ad un vicolo cieco, una strada senza via di uscita, e così accade. Per quanto i toni tendano ad essere malinconici in tutto il romanzo, tuttavia nella conclusione si lascia una spiraglio di speranza, anche per chi non credeva di poterla più avere, con alcune pagine di suspance inducono ad accelerare la lettura fino alla riga finale.

  

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