Prendiamo spunto dall’ultimo workshop, organizzato dall’ASCIA (Associazione per la Sensibilizzazione sulla Canapa Autoprodotta in Italia), a Bologna, per ribadire insieme alle molte voci, che vi hanno partecipato, tra intellettuali, artisti e medici, l’esigenza di rivedere la regolamentazione italiana sull’uso terapeutico e ludico della cannabis, che invece, dall’approvazione della legge “Fini-Giovanardi”, si è ancora più assurdamente inasprita.
“Parlare di canapa potrebbe sembrare un argomento marginale, tenendo in considerazione i problemi che stiamo affrontando sia a livello nazionale che internazionale, ma siamo costretti a farlo in virtù di una legge in vigore, la Fini-Giovanardi, che a causa del carattere criminogeno, liberticida, discriminatorio, anticostituzionale e fondamentalista che riveste, provoca una vera e propria devastazione nella vita quotidiana di migliaia di famiglie. Come potrete vedere dalla documentazione fornita, il più delle volte ci si accanisce in maniera fobica contro una criminalità di fatto inesistente, punendo migliaia di persone che dall’uso di canapa hanno semplicemente contemplato uno stile di vita o peggio ancora che ne hanno assoluto bisogno a causa di patologie invasive.
Oltretutto, questo argomento risulta banale e marginale solo in virtù di una richiesta di confronto e di dibattito, poiché per quanto riguarda l’allarme perennemente lanciato dal Dipartimento Politiche Antidroga del Governo, che quest’anno ha presentato un opuscolo redatto dal prof. Risé e un tomo supportato dalle tesi del prof. Serpelloni, sembrerebbe che il problema sul consumo di canapa sia invece tra i maggiori che le forze dell’ordine siano chiamate a contrastare e reprimere.
Perché affermiamo che la Fini-Giovanardi è una legge criminogena, liberticida, discriminatoria, anticostituzionale e fondamentalista?
Criminogena perché favorisce enormi profitti alla criminalità organizzata provocando il fenomeno del piccolo spaccio e una reale confusione tra il consumo di droghe leggere e pesanti, favorendo in tal modo la “cultura dello sballo” (le droghe sono tutte uguali) che nulla ha a che vedere con il consumo cosciente e responsabile che rivendichiamo.
Liberticida perché contemplando la presunzione di reato di spaccio anche per il possesso di piccole quantità o addirittura di una sola pianta, dà adito ad una repressione di stampo inquisitorio, permettendo l’invasione delle forze dell’ordine nella sfera del diritto di ogni cittadino di poter fare ciò che vuole all’interno delle proprie mura domestiche, oltraggiando la privacy e il diritto alle libere scelte.
Discriminatoria perché i consumatori di canapa non vengono valutati per le loro qualità civiche o professionali, ma solo in base alla qualità del loro sudore o delle loro urine.
I test che vengono effettuati non verificano se il soggetto sia o meno sotto l’effetto della sostanza, ma solo la certezza che ne abbia fatto uso, con il rischio di perdere non solo la libertà, ma anche il posto di lavoro, i propri beni e il rispetto della comunità.
Anticostituzionale perché entra in contraddizione con gli articoli della Costituzione che prevedono, per ogni persona, il diritto alla libertà individuale (art.13 e art.14), la libertà di cura (art.32), il rispetto per ogni espressione spirituale (art.19 e art.20) e la possibilità di una libera ricerca scientifica, atta a sostituire le terapie convenzionali (art.9).
Fondamentalista perché il divieto di seminare, coltivare e consumare un prodotto della natura, somiglia in modo inquietante al divieto di consumare bevande a base di alcol, tipica dei paesi confessionali, con le conseguenti gravose pene inflitte ai trasgressori.
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