Questa mattina, martedì 18 novembre, un gruppo di persone armate di coltelli, asce e pistole ha attaccato alcuni fedeli in preghiera all’interno di una sinagoga a Gerusalemme nel quartiere di Har Nof.
Sono morte 4 persone e altre 9 sarebbero state coinvolte: 4 i feriti gravi, tra cui 2 poliziotti immediatamente trasportati d’urgenza in ospedale.
Il portavoce della polizia Micky Rosenfeld ha riferito che i 2 attentatori sono rimasti uccisi durante lo scontro, e le Brigate Abu Ali Mustafa hanno già rivendicato l’attacco. Questa ala militare del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina aveva in passato attuato diverse azioni terroristiche.
Rosenfeld ha dichiarato inoltre che le forze dell’ordine sono alla ricerca di possibili complici, avendo cominciato una perlustrazione delle strade di Gerusalemme interrogando alcuni sospetti. Secondo alcune indiscrezioni i due attentatori dovrebbero provenire dalla zona est della città.
Il quotidiano israeliano Hareetz non ha dubbi sulla presenza di un terzo uomo scappato appena dopo l’attacco.
Non si sono fatte attendere le reazioni delle varie parti politiche. L’agenzia di stampa palestinese Maara ha divulgato le prime dichiarazione del presidente Abu Mazen, che ha categoricamente condannato l’attacco e l‘uccisione dei fedeli ebrei a Gerusalemme e di altri civili ovunque essi siano.
Dalla parte israeliana, il primo ministro Benjamin Netanyahu, ha definito “brutale” l’uccisione delle persone in preghiera accusando Hamas e lo stesso presidente palestinese Abu Mazen di avere incitato il clima di violenza delle ultime settimane.
Gli ultimi giorni a Gerusalemme sono stati scanditi da attacchi, disordini e diatribe riguardo la “Spianata delle Moschee”. Il Monte del tempio – così spesso chiamata la spianata – è un luogo di culto fondamentale per islamici, cristiani ed ebrei.
Negli ultimi tempi diverse organizzazioni e associazioni religiose ebree hanno protestato in maniera massiccia, appellandosi all’abolizione di un decreto che impedisce ai propri fedeli di pregare in tale zona.
A fine ottobre, un rabbino promotore delle proteste è stato ferito da un palestinese con un colpo di pistola; nei disordini successivi un poliziotto israeliano ha ucciso l’uomo. Le tensioni fra le due comunità è salita ad un livello assai critico, anche per via delle ipotesi da parte di Israele di ampliare gli insediamenti nella parte est di Gerusalemme. Pochi giorni fa un automobilista palestinese – il 32enne Yusuf Hasan al Ramuni, dipendente di un’azienda di trasporti israeliana – ha investito alcuni pedoni israeliani; lo stesso automobilista sarebbe poi stato trovato impiccato ad un albero nei pressi di Gerusalemme Ovest. Secondo la polizia si tratterebbe di suicidio, ma diverso è il parere di Hamas, che imputa l’omicidio alle autorità israeliane e considera l’attacco alla sinagoga una rappresaglia consequenziale.
La comunità palestinese rivendica da molti anni Gerusalemme Est come possibile capitale di un ipotetico e riconosciuto Stato di Palestina.
Durante la giornata, le Brigate Abu Ali Mustafa hanno reso pubblico su Internet un video, in arabo e in ebraico, in cui annunciano l’inizio di una serie di attentati nella capitale. La notizia e il contenuto del filmato, oltre che gli esiti dell’attacco alla sinagoga, sono stati accolti con applausi e fuochi d’artificio a Gaza.
Netanyahu ha affermato che tutto questo non sarà ignorato, annunciando una “dura risposta”. Di nuovo.