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L’attacco al 18 – giu’ le mani dal lavoro!

Creato il 05 febbraio 2012 da Tnepd

di Ferdinando Imposimato
La Voce delle Voci

lavoro
I lavoratori sono vittime, e non causa, della crisi del capitalismo e del liberismo selvaggio. I loro salari sono al di sotto del limite invalicabile della dignita’ e del rispetto della persona umana. L’idea del Governo Monti, che recepisce le proposte della Confindustria, di ridurre ulteriormente questo diritto, e’ pura follia e deve offendere tutti gli uomini e le donne del nostro Paese. Questa idea, oltre che immorale, e’ economicamente non conveniente. Perche’ incide negativamente sui consumi e sulla crescita.

I diritti inviolabili dell’uomo (articolo 2 della Costituzione), tra cui quello al lavoro dignitoso, non sono disponibili, neanche con il consenso dei lavoratori e dei sindacati. L’accordo che limita il diritto al lavoro con la possibilita’ di licenziamento senza giusta causa sarebbe illegittimo per contrasto con la Costituzione. La Carta pone al primo posto, nella gerarchia dei valori, non lo Stato o l’impresa privata, ma la persona umana e il lavoro, di cui rifiuta qualsiasi concezione utilitaristica. Secondo l’articolo 41 della Costituzione, che qualcuno voleva cambiare, «l’iniziativa economica privata e’ libera ma non puo’ svolgersi in contrasto con l’utilita’ sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla liberta’ e alla dignita’ umana del lavoratore».

La tutela del lavoro interessa tutti, lavoratori e non. Compito della Repubblica e’ non solo promuovere le condizioni per rendere effettivo questo diritto, ma fare in modo che ogni lavoratore abbia una retribuzione che lo liberi dal bisogno e gli consenta di dedicarsi al proprio miglioramento spirituale per esercitare in modo responsabile i propri diritti politici. L’articolo 3 della Costituzione stabilisce che «la repubblica rimuove gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la liberta’ e l’eguaglianza, impediscono il pieno sviluppo della persone umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese».

Oggi il salario che il lavoratore riceve e’ determinato non dal valore reale dei beni prodotti, ma dal bisogno di forza lavoro dei capitalisti in relazione all’offerta dei lavoratori che si contendono l’occupazione. In altre parole, il salario non e’ determinato dal valore del suo prodotto, ma dalla legge della domanda e dell’offerta. Ma il lavoro non puo’ essere trattato come merce di scambio, soggetta alla legge della domanda e dell’offerta: e’ un diritto, non una merce. E’ assurdo equiparare il lavoro – come fa Confindustria – alle patate, ai fagioli o ai cavolfiori, i cui prezzi aumentano o diminuiscono a seconda della quantita’ offerta. In una situazione di crisi occupazionale, come quella attuale, un’offerta enorme di lavoro e una domanda che si riduce, non possono produrre licenziamenti o riduzione delle retribuzioni, come avviene nella compravendita degli ortaggi o di altri prodotti. La risposta deve essere una riduzione dell’orario di lavoro e una sua redistribuzione tra il maggior numero di lavoratori a parita’ di retribuzione. Bisogna guardare all’esempio non della Polonia, ma di Francia e Germania, dove vige una giornata lavorativa di 35 ore, e la competitivita’ e’ assicurata.

IL 18 NON SI TOCCA

Noi siamo per la difesa e per il miglioramento dell’articolo 18, la cui modifica provocherebbe un regresso della societa’ italiana. Questo governo ha difeso le banche e i banchieri, ma non puo’ farlo a spese dei lavoratori. I capitalisti privati controllano, in modo diretto o indiretto, le principali fonti d’informazione (stampa, radio e pubblica istruzione). Per cui e’ estremamente difficile che i singoli cittadini possano arrivare a conclusioni oggettive sul diritto al lavoro e avvalersi in modo intelligente dei propri diritti politici.

La produzione viene portata avanti in nome del profitto, non della sua utilita’ sociale. La giustificazione del profitto e la concorrenza senza limiti provoca un enorme spreco del lavoro, oltre che la deformazione della coscienza sociale, poiche’ si crea una competizione esasperata tra lavoratori, una guerra tra poveri. Considero tale storpiamento della coscienza dei singoli il peggiore dei mali del moderno capitalismo. Tutto il nostro sistema educativo ne e’ contagiato. Si inculca nei giovani un atteggiamento di esagerata competizione in nome dell’orribile “mors tua vita mea” che porta alla lacerazione dei rapporti e all’egoismo esasperato, con crescenti divisioni tra i lavoratori. Invece occorre inculcare nei ragazzi il principio del perseguimento del bene comune, sviluppare le capacita’ dei singoli, consentire il loro miglioramento culturale e politico e il senso di responsabilita’ e di solidarieta’ verso i compagni piu’ sfortunati. Anziche’ coltivare la glorificazione del potere e del successo, che caratterizzano la nostra societa’.

I lavoratori hanno diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantita’ e alla qualita’ del lavoro svolto e comunque tale da garantire una vita libera e dignitosa (articolo 36 della Costituzione), allo sciopero, se sono in pericolo sicurezza e liberta’, e a mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidita’, vecchiaia e disoccupazione involontaria. Chi oggi dice si’, per costrizione o bisogno di sopravvivenza, domani puo’ rivolgersi al giudice per reclamare la lesione dei suoi diritti.

Riteniamo inaccettabile che in Italia manchi il salario minimo garantito per legge come e’ in Francia e in circa 90 paesi. E’ vergognoso che il salario dei lavoratori italiani sia inferiore del 30% rispetto a quello dei maggiori paesi europei e del 50% nei confronti delle retribuzioni in Germania e in Inghilterra. Questo non solo e’ disumano, ma anche non conveniente, perche’ deprime l’economia. Bisogna ripristinare la scala mobile per garantire l’adeguamento dei salari all’inflazione. E le pensioni devono avere per legge un minimo garantito, rispettoso della dignita’ della persona. In questa situazione vorremmo che il presidente della Repubblica esercitasse la sua funzione di garanzia, rilevando la incostituzionalita’ di una modifica dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. E richiamasse le forze politiche al rispetto delle norme costituzionali, essendo il lavoro la principale risorsa del nostro sventurato paese.


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