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L’ attesa di Piero Messina: la recensione – #Venezia72.

Creato il 07 settembre 2015 da Onesto_e_spietato @OnestoeSpietato

Assistente alla regia di Paolo Sorrentino per This Must Be the Place e La grande bellezza, Piero Messina porta con coraggio il suo film d’esordio, L’ attesa, nelle fauci del Concorso della 72esima edizione del Festival di Venezia. La ricompensa sono applausi (anche della stampa) per un buonissimo esordio, personale e sensuale, sorretto da una divina Juliette Binoche.

L-attesaL’ attesa racconta l’incontro/scontro tra due personaggi femminili, una donna e una ragazza, una mamma e una fidanzata, rispettivamente interpretate da Juliette Binoche e Lou de Laâge. La prima è mater dolente e dolorosa che non si capacita della perdita del figlio. La seconda è la fidanzatina di quest’ultimo, recatasi in Sicilia per rivederlo. Ma aspettare Giuseppe sarà come aspettare Godot. E la donna tace sulla drammatica verità che riguarda il mancato arrivo del figlio…

Che Piero Messina sia stato assistente di Sorrentino si vede sin dalle prime inquadrature. In particolare da quei  titoli d’inizio che (ri)suonano come un dichiarato e sfacciato omaggio al maestro Premio Oscar. Titoli d’inizio che fanno però subito presagire al peggio, ovvero un allievo il cui cinema è (foto)copia di quello del maestro, L’ attesa come girato dal fantasma del regista napoletano. Per fortuna Messina sa staccarsi dal “padre putativo” e trova la sua via. Il risultato è un ottimo esordio che sa parlare allo spettatore. Certo ha qualche ingenuità e qualche ricerca d’estetismo di troppo (la nuotata in mare della ragazza, la lettura del cellulare nel buio più pesto), ma anche dei momenti di grande emozione e poesia (l’abbraccio straziante del materassino da mare o il braccio/abbraccio teso sul bordo della vasca tra madre e figlio).
E poi un tema forte: il lutto contrapposto alla vita(lità) spartito tra due figure femminili, allo stesso tempo così lontane e così vicine, che finiscono per raccontarsi e confessarsi, in qualche modo anche affezionarsi. Ma il dialogo tra loro non si fa comunicazione, ostacolato dal vuoto e dal silenzio della verità (la morte di Giuseppe) che la donna non riesce a comunicare alla ragazza.

Due personaggi in rosa cuciti addosso a due ottime attrice. Senza trucco, dietro il volto sciupato dalla lacrime e dal lutto, brilla una magnifica Juliette Binoche. Le tiene bene testa, ma senza mai oscurarla, la bravissima Lou de Laâge, genuina anche nelle scene di disperazione.

Infine, è da segnalare come L’ attesa di Piero Messina, scortato anche dalla fulgida fotografia di Francesco Di Giacomo, abbia l’ardire di presentare e rappresentare una Sicilia inusuale, anzi a dir poco irriconoscibile. Non c’è folclore, non c’è sole a picco, non ci sono campi di grano. Il territorio siciliano è così cupo, nebuloso e nebbioso da assumere fattezze astratte, come un non-luogo (della mente) che sposta la vicenda fuori dal tempo. Ai siciliani potrà non piacere, ma è sintomo del coraggio estetico di Messina e del cinema come dis-illusione, oramai, del reale.


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