Opera di Julia Gromskaya
Ecco un altro libricino di Pellai che si inserisce nella collana della Narrativa Psicologicamente orientata. Lascio spiegare a lui di cosa si tratta:
“La NPO è pensata per fare sì che il lettore non trovi semplicemente una storia e delle parole davanti ai propri occhi, ma perché scopra se stesso e la sua personale storia dietro e dentro le frasi che scorrono nel testo.” Nella NPO il lettore “sperimenta un flusso narrativo che facilita nel corso della lettura il verificarsi di ‘insight’, ovvero l’incremento di autoconsapevolezza.”
Questo libricino, grande come un’agendina con tanto di elastico per chiudere, riporta le immagini di una giovane artista, Julia Gromskaya, e tratta del periodo della gravidanza.
Parlo senza aver finito il libro, a caldo delle prime impressioni.
Non me la prendo con Pellai perché da uomo ha tentato di “insinuarsi” nella mentalità di una donna incinta: la scrittura è anche sperimentazione.
Forse, però, partendo dal mio personalissimo punto di vista (non sono mai stata una fans della gravidanza e dei bambini!), la situazione che ripropone è troppo idilliaca: compagno innamorato e comprensivo, tutto il mondo che si apre a nuove sensazioni, tutti felici, coppia abituata a viaggiare, sciare… ehm… magari!
Quando ho detto a mio padre che ero incinta, non so se per lo shock o se perché la mia cucina è proprio sciapita, la sua risposta è stata: “Ah. Passami il sale.”
C’è da prenotare l’ecografia, siamo pronte per le emozioni che ci darà? Sì, ma dove li mettete tutti i casini per prendere l’appuntamento nel periodo giusto?
Passeggiate in mezzo alla natura per riflettere sulla vita che ci cresce in grembo? Macché… ho lavorato fino all’ottavo mese, dovevo stare attenta alle lettere di credito e ai giorni di arrivo dei containers… nonostante la stanchezza del terzo mese (non ho mai desiderato così tanto di mettermi a dormire di pomeriggio). Altro che rallentamento dei ritmi!
E giù di questo passo.
Ma Pellai lo sa. Il suo scopo non era quello di rappresentare la gravidanza ideale, ma il senso dell’attesa. Quello che la vita a cui accenno qui sopra ci strappa dalle mani.
Ecco perché sto leggendo volentieri questo libretto: “i passaggi cruciali della nostra vita spesso meritano di essere rivisti e riletti anche nel lungo termine, perché il ricordo con il quale li abbiamo immagazzinati nella nostra mente a volte nasconde qualche incrostazione o qualche residuo catabolita tossico di cui è meglio liberarsi.”
Questo non vuol dire, che se mi sono persa le “idilliache” sensazioni della prima gravidanza, non veda l’ora di passare alla seconda per riassaporarle con più calma.
Scordatevelo.
Neanche morta.