Dead Poets Society
Genere: Drammatico
Regia: Peter Weir
Cast: Robin Williams, Robert Sean Leonard, Ethan Hawke, Josh Charles, Gale Hansen
1989
124 min
Il 9 giugno 1989 nei cinema americani usciva Dead Poets Society, film che nello stesso anno, ad ottobre, sarebbe poi arrivato nel nostro paese col titolo L’attimo fuggente.
Samuel F. Pickering, Jr. professore di lingua inglese dell’Università del Connecticut e un certo professor John C. Campbell professore di storia di Detroit, furono le più dirette fonti di ispirazione per il personaggio del professor John Keating interpretato da un immenso Robin Williams. Keating viene assunto come insegnante di lettere in un severissimo collegio maschile tradizionalista americano dove fin da subito mette in evidenza i suoi metodi d’insegnamento, radicalmente diversi dallo spirito autoritario del collegio Welton. Keating cerca di far emergere le singole personalità, anziché condurre i suoi allievi verso la crescita privi di libero arbitrio, spronandoli ad esprimere i loro talenti e le aspirazioni riguardo il futuro.Il professor Keating si eleva fino ai più alti ranghi delle figure spirituali, ai padri adottivi dei giovani americani, rintracciabili nelle immortali pagine dei libri. Amore, poesia, amore per la poesia; Keating prende in prestito il motto ‘carpe diem’ e lo trasferisce alle giovani menti del futuro che dovranno assaporare la vita in tutta la sua ancestrale visione, che per anni hanno solo cercato di capire, ma mai tentato di apprezzare. Reagire poiché parole e idee possono cambiare il mondo.
25 anni fa il John Keating di Robin Williams saliva sulla cattedra della sua classe, di fronte agli sguardi attoniti degli studenti e dei nostri. Keating per anni è stato il professore cinematografico più influente di tutti e lo sarà ancora, forse per sempre. Ma oggi quel personaggio dovrebbe navigare in un mare di schemi precostituiti, lui che impartiva la ribellione dalle regole considerate immutabili, per manifestare la vera personalità dell’individuo e soprattutto il diritto all’autonomia nelle scelte, laddove esse vengono deliberatamente oppresse ed annullate. E’ un mare che troverebbe in Keating un osso duro da fronteggiare, un capitano: ‘O Capitano, mio Capitano!’. Per quanto il film gridi a questi versi prepotentemente, forse a gran parte degli studenti del nostro paese risultano ancora sconosciuti. In realtà si tratta del titolo di una poesia di Walt Whitman che l’autore dedicò ad Abramo Lincoln in occasione della sua morte e che fa parte di una raccolta intitolata Foglie d’Erba (Leaves of grass).
Un gruppo di allievi diciassettenni, volendo emulare le gesta del professore, quando lui stesso era un allievo di Welton, riporterà in vita la “Setta dei Poeti Estinti”, una società segreta che ha lo scopo di riunirsi e di leggere, immersi nella natura, poesie e – prendendo spunto da un verso di Henry David Thoreau, filosofo, scrittore e poeta statunitense – di ‘succhiare tutto il midollo della vita’. Ma in quanti, oggi, sarebbero capaci di gesta simili? In quanti si dichiarerebbero follemente innamorati della poesia e tal punto da onorarla segretamente, lontani da disciplina, tradizione, onore ed eccellenza? (i quattro pilastri dell’accademia Welton). Azzardiamo una previsione: pochi, pochissimi.
Trovate la vostra voce, la propria unica e vitale espressione d’individui. Rendete la vostra vita straordinaria. Scegliete chi essere e cosa fare nella vostra vista. Affrontate paure e ansie. L’attimo fuggente è il film di chi afferra l’importanza delle piccole cose, l’importanza di pensare con le proprie menti e assaporare le parole. Il film che giace sul letto idealista di vecchie generazioni che combattono il buio pesto delle nuove nel clima ostile della società civile e del suo insieme. Tutti possono sfuggire a tutto, come disse il poeta Robert Lee Frost, citato dallo stesso Keating: ‘due strade trovai all’inizio del bosco ed io scelsi quella meno battuta ed è per questo che sono diverso…’.