Uno dei temi più interessanti che potrebbero scaturire dall’esito dello “scandalo” Sel concerne la mutazione del concetto di autonomia. Finora in Alto Adige/Südtirol la parola “autonomia” valeva alla stregua di un articolo di fede. I dubbi al riguardo provenivano perlopiù da chi sognava soluzioni lontane dai compromessi che col tempo si sono invece poi rivelati non solo inevitabili, ma anche redditizi. La gestione provinciale dell’energia s’inseriva fluidamente nella cornice di progressiva emancipazione dal “predominio” dello Stato, tanto che recentemente qualcuno ha detto “facciamo tutto meglio, dobbiamo avere l’ambizione di fare tutto”. L’autogoverno pareva ormai un frutto maturo da cogliere.
Secondo uno schema classico, gli unici ostacoli capaci di ritardare il radioso cammino erano semmai riferiti alla paventata recrudescenza di un atteggiamento accentratore da parte dello Stato. Quando questo si è puntualmente ripresentato alla porta di casa con le vesti lacere della crisi economica e finanziaria, la mano tesa a chiedere denaro, tutto era infatti già pronto per far scattare il solito refrain. Impensabile invece che una battuta d’arresto potesse darsi a causa dell’incapacità di gestire autonomamente la politica energetica in modo virtuoso. Impensabile e impossibile almeno quanto vedere un Durnwalder dare dell’asino a un membro della “sua” giunta e un Pichler Rolle mettere apertamente in stato d’accusa il Landeshauptmann del “suo” partito. Per la prima volta ci siamo trovati di fronte a uno spettacolo che mostra in piena luce lo sgretolamento di un dogma ritenuto incrollabile.
Ma l’evidente crisi della Svp – e lasciamo pure in sospeso se si tratti di una crisi dovuta a comportamenti individuali o sia piuttosto il segnale dello smottamento di un intero “sistema” di potere – comporterà anche la crisi dell’autonomia, di fatto difficilmente pensabile senza il contributo del partito di via Brennero? Oppure è proprio da una crisi di questo tipo che l’autonomia, sottoposta a forti sollecitazioni e soprattutto inclinata verso uno sviluppo maggiormente pluralistico dei soggetti chiamati da ora in poi a modellarla, potrà trovare, magari a fatica, un senso ulteriore?
Per molti anni l’abbiamo considerata come un mero sinonimo di autosufficienza (autosufficienza della provincia rispetto allo Stato, autosufficienza del partito di raccolta rispetto ai suoi insignificanti alleati, autosufficienza delle decisioni del capo rispetto alla volontà e all’azione dei suoi sottoposti). Forse è arrivato il tempo di pensare a un’autonomia meno presuntuosa.
Corriere dell’Alto Adige, 18 ottobre 2012