foto by Primula – Ma Bohème
Quando immagino l’autunno, in particolare un ottobre che sta finendo, è inevitabile per me non pensare a questa poesia di Paul Verlaine
CHANSON D’AUTOMNE
Les sanglots longs
Des violons
De l’automne
Blessent mon cœur
D’une langueur
Monotone.Tout suffocant
Et blême, quand
Sonne l’heure,
Je me souviens
Des jours anciens
Et je pleure;Et je m’en vais
Au vent mauvais
Qui m’emporte
deçà, delà
Pareil à la
Feuille morte.(P. Verlaine, Chanson d’automne, Poèmes Saturniens, 1866)
Versi famosi, più da ascoltare che da leggere: le sonorità, le assonanze e le allitterazioni della lingua francese rendono da sole la malinconia di una stagione e la tristezza di un uomo che si sente all’autunno della propria esistenza.
Difficile quindi rendere in italiano la stessa atmosfera
CANTO D’AUTUNNO
Il pianto lento
Dei violini
D’autunno
Ferisce il mio cuore
Con monotono
Languore.Ansimando
Pallido, quando
Rintocca l’ora,
Mi sovvengo
Dei giorni d’allora
E piango;E mi abbandono
Al vento non buono
Che mi trasporta
Di qua, di là
Come la
Foglia morta.© Traduzione a cura di Primula Bazzani
Con alcune licenze grammaticali (suffocant è un participio presente non un gerundio …), nel tentativo di rispettare la musicalità e lo schema ritmico dell’originale, forse, e sottolineo forse, un po’ di Verlaine è rimasto …
Questa poesia suggerisce, evoca, non racconta.
Trasporta in un mondo interiore fatto di angoscia non urlata ma sussurrata, come un commovente e struggente legato prodotto dalla leggera carezza di un archetto sulle corde di un violino.
L’autunno è uno stato d’animo: la pioggia, le lacrime, la melodia triste della musica sono elementi inscindibili di un malessere fuori e dentro l’anima.
Il ritmo è lento, scandito dalla ripetizione dei medesimi suoni ricchi di un forte potere di suggestione.
Mancanza di punti di riferimento, scorrere inesorabile del tempo, senso di stanchezza e impotenza, rinuncia a qualunque tentativo di reazione: elementi dell’universo intimo di un uomo dal cuore profondamente ferito che non intravede alcuna via d’uscita.
Nemmeno il ricordo, spesso vissuto come rifugio, è sollievo da un presente soffocante; le lacrime non sono liberatorie.
Abbandonarsi, lasciarsi andare, lasciarsi vivere: l’unica possibilità.
In questo quadro impressionista con pennellate fatte di parole e toni musicali a tinte fosche, la danza della foglia morta è il riflesso del male di vivere, della rassegnazione.
Un malessere in continuo divenire, che non ha tempo e spazio definiti: la foglia non si posa mai, vaga in balía del vento senza una meta precisa.
foto dal web
La prospettiva paradossale è un’esistenza perennemente subita da un “morto vivente”