Ma facciamo commentare una notizia simile da un poeta e avremo “L’avvocato Cola” di G.G. Belli.
L’avvocato Cola
Ma eh? Quel povero avvocato Cola!
da qualche tempo già si era ridotto
che sì e no aveva la camicia sotto,
e gli toccava castigar la gola.
Ma piuttosto che dire quella parola
di carità, piuttosto che fare il fiotto,
se vendette tutto in sette mesi od otto,
fuor che l’onore e una sedia sola.
Ora uno scudo, ora un testone,poi un papetto,
si mangiò disgraziato! a poco a poco
vestiario, biancheria, mobili e letto.
E finalmente poi, su quella sedia,
senza pane, senz’acqua e senza fuoco,
ci chiuse gli occhi e ci morì d’inedia
Di un avvocato che si lascia morire di fame perché nessuno più si rivolge a lui, cosa volete che scrivano i giornalisti? I più benevoli direbbero “Aveva perso ormai la fiducia della gente perché perdeva tutte le cause”, e certo non sarebbe mancato chi avrebbe tirato in ballo affari loschi. Ma l’episodio narrato da un grande poeta commuove e suscita simpatia per il povero avvocato Cola, che fu trovato alcuni giorni dopo il suo decesso proprio come racconta il Belli, simpatia per lui e “condanna per lo stato teocratico impotente a salvare la dignità umana, ma sempre pronto a umiliarlo con la carità” (Così scrisse il Muscetta). Occorre il poeta per risvegliare la coscienza sopita degli uomini.
Messo nelle mani ovvero nella penna di un giornalista dei giorni nostri un episodio simile commuoverebbe altrettanto? Ne dubito, perché episodi del genere si leggono quasi giornalmente, cioè quasi ogni giorno si legge di persone morte da molto tempo talvolta trovate nei parchi, talvolta sotto i ponti, talvolta nelle loro stanze e nessuno va a indagare chi fossero né perché morirono in quel modo.
Per saperne di più
http://arspoeticamagazine.altervista.org/l-avvocato-cola-di-g-g-belli#!