Federica Pellegrini riempie d’acqua una piscina con la sola imposizione delle mani. Gerard Piqué trasforma una vecchietta in una palleggiatrice che neanche Maradona. La statua di Francesco Totti viene portata in processione come fosse un santo e, quando gli cola una goccia di sudore vero, tutti si commuovono. Versione pop di Gloria , il successo di Umberto Tozzi, e poi la scritta «Solo su Sky lo sport fa miracoli».
Alla presentazione degli spot, inizio luglio, il vice presidente marketing del gruppo, Nicola Brandolese, si era detto sicuro che non ci sarebbero stati problemi perché «cercavamo un taglio creativo e divertente ma con garbo». Forse lo pensava davvero, forse era solo pretattica in attesa di una qualche polemica che facesse da cassa di risonanza. Fatto sta che il garbo non è bastato. E ieri Sky si è beccata il rimprovero di Avvenire , il quotidiano dei vescovi italiani.
Il direttore Marco Tarquinio, persona sempre pacata, ha pubblicato due lettere di persone che da quegli spot si sono sentite offese. E, sotto il titolo «Scherza con i fanti e lascia stare i santi», ha sottoscritto il loro ragionamento solo con qualche limatura: «Non c’è acredine ed emerge, caso mai, una certa voglia di far vibrare corde sensibili nell’animo degli italiani. Ma l’esercizio è spericolato, e finisce per ferire tanti e disturbare tantissimi».
E non finisce qui. Perché dallo spot con la statua di Totti, il direttore di Avvenire arriva fino al caso delle intercettazioni illegali che ha coinvolto i giornali di Murdoch, stesso editore della tv che adesso promette di fare miracoli. «Se è vero che l’Italia non è la Gran Bretagna di News of the world - scrive ancora Tarquinio - è pur sempre vero che Sky , gruppo Murdoch, in questo momento avrebbe bisogno di tutto tranne che di creare ulteriore sconcerto».
Da Sky preferiscono evitare una risposta diretta, forse perché stavolta a protestare non è un parlamentarino in cerca di telecamere ma il giornale dei vescovi. Assicurano, però, che la programmazione degli spot (pensati ben prima che esplodesse lo scandalo inglese) andrà avanti regolarmente. E soprattutto che non c’era alcuna intenzione di offendere, ma solo di «fare riferimenti al patrimonio religioso che, insieme al calcio, si divide le domeniche degli italiani», anche se ormai una partita in tv la trovi sette giorni su sette.
«La pubblicità funziona come le barzellette» scriveva il semiologo Omar Calabrese. Nel senso che, per colpire, deve puntare proprio ai campi che uno non si aspetterebbe. E cosa c’è di più inaspettato della religione? Guardando al passato, però, poteva andare peggio.
Dal «non avrai altro jeans al di fuori di me» fino al prete e la suora che si baciano, gli spot hanno spesso usato la fede in modo più diretto. Come per gli spot del caffè in paradiso con Paolo Bonolis e George Clooney. Anche quelli hanno fatto discutere ma solo perché Lavazza accusava Nespresso di aver rubato l’idea. Una guerra arrivata fino al Giurì di autodisciplina che ha però respinto il ricorso. Almeno nella pubblicità il paradiso è per tutti.
dal corriere.it