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L'Avvocata del Diavolo, perchè nessun film può far schifo a tutti (N°5): High Spirits - Fantasmi da legare
Creato il 04 febbraio 2015 da Giuseppe ArmelliniSarà sostituito con IL SUPERSTITE, piccolo film scozzese vincitore di numerosissimi premi.
Quinto appuntamento con La Marti ed i suoi simpaticissimi e "disperati" tentativi di salvare film quasi insalvabili
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"Castello dei Plunkett: un edificio superbamente restaurato nel cuore dell'insuperabilmente bella campagna irlandese, conosciuto anche come il posto più stregato di tutta l'isola di smeraldo! Qui i morti sono molti di più dei vivi! Questo castello è pieno di demoni, spettri, bestie dalle lunghe zampe e mostri che vagano nella notte..".
La citazione dovrebbe farvi capire lo spirito (sguardo ammiccante) della pellicola di cui ho intenzione di parlarvi.
Intendiamoci: è un film demenziale, ma al solito trova un suo perchè. Sono incappata in "High spirits" in una ricerca anno per anno di film ispirevoli. Chiaramente non potevo esimermi dallo spulciare il 1988, anno in cui sono state partorite La Marti e, in contemporanea (o forse non esattamente), pellicole alquanto succulente.
Il regista, Neil Jordan, mette insieme un cast inverosimilmente eterogeneo in cui spunta un Liam Neeson più morto che vivo alle prese con un'ambientazione assai simile a quella che incontrerà in "Haunting - Presenze".
Sì, perchè il posto in cui si svolge tutta la vicenda altro non è che un vecchio castello irlandese in procinto di cadere a pezzi, il cui gestore non riesce a portare avanti l'attività alberghiera lasciatagli dal padre defunto. Pieno di debiti, per attirare turisti fingerà che il castello sia infestato e tenterà di spaventare gli avventori con il supporto del suo strambo team di dipendenti. Le vicende che accadranno risveglieranno gli spiriti realmente presenti nel castello che riusciranno a salvare la tenuta dalle mani dell'imprenditore americano che vorrebbe trasferire l'edificio a Malibu, in California.
Confesso: serve un po' di tempo prima di allinearsi con lo stile di questa pellicola. Non basta immaginarsi che si tratti di una sorta di commedia demenziale, perchè lo è in maniera del tutto personale, e per fortuna. Mi spiegherò immediatamente, elencando i soliti punti di merito del film.
1. LA TENEREZZA. È uno di quei film di una volta, ragazzi. Quelli in cui le battute fanno ridere non perchè sono comiche davvero ma perchè son cortesi, in qualche modo. C'è un velo di tristezza che avviluppa certi momenti che definirei melanconia, e c'è nello stesso modo un garbo nel presentare le scene più divertenti o romantiche. Quasi uno si aspettasse da un momento all'altro una coreografia o una cantatina stile "Tutti insieme appassionatamente".
2. Approposito di BATTUTE. A 55 secondi dall'inizio, nel castello riecheggia un "..il mio nome non è Testa signore, nè il mio cognome Di Cazzo..". Appena dopo, il padrone (esageratamente e comicamente disperato) si mette un cappio al collo e la madre lo guarda mentre si prepara un cicchetto. Sublime.
3. FANTASMI FINTI. Oh: qui si parla di mummie, spettri fatti apparire con specchi a 45 gradi semiargentati, letti che ruotano, banshee fatte dondolare vicino alle finestre con sistemi di carrucole azionate a pedali, cavalieri senza testa, e così via. Mica baggianate.
4. GLI AMERICANI. Gli avventori attirati con la storia del castello infestato sono eccezionali: un parapsicologo accompagnato dalla famiglia, un quasi prete che alla fine rinuncerà ai voti, una ragazza frivola appena mollata dal ragazzo ("..in realtà fa il parrucchiere, ma adora il diavolo part-time. Abbiamo prenotato questo viaggio al castello insieme, invece è scappato con un monaco buddhista. Insomma: come facevo a sapere che era gay?") ed infine la coppia formata dalla figlia dell'imprenditore americano (sotto copertura) e dal marito sessualmente frustrato.
5. LA DEMENZA. Sì, perchè c'è. Il parapsicologo fulminato, le storie d'amore tra vivi e morti che si intrecciano, il quasi prete che si innamora della ragazza frivola, la forte caratterizzazione dei personaggi irlandesi, il padrone dell'albergo che..no. Quello è un punto a sè.
6. IL PADRONE. È un Peter O'Toole di spessore questo, che riesce a delineare i tratti di un personaggio teatrale, surreale, strambo e a suo modo poetico. La forza sta nel suo credere di non farcela e di potercela fare (cazzo!) che si susseguono senza coerenza, è questo che concretizza un senso di affinità e famigliarità. Non può stare antipatico, 'sto guascone alcolizzato in abiti consunti che porta avanti tutta la baracca circondato dalla fiducia dei dipendenti e dai finti rimproveri materni.
Credo che questi punti bastino, e vorrei far notare l'assenza di una qualsivoglia morale. Non che non ci siano dei messaggi, ma sono superflui. In questa pellicola è stato il clima a catturarmi, una volta che ho accettato di farmi rapire da lui. È stato piacevole, è stato divertente, è stata un'oretta e mezza ben spesa.
Non sono quindi io che salvo lui, ma lui che si fa salvare da me.
Cenno d'intesa solenne. Sbattiamoci un penta, fratello.
Guardatelo.
Possibilità di salvezza: 85%
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