Lo devo precisare, il fatto che sia una storia vera, perché altrimenti qualcuno potrebbe pensare che io stia scrivendo uno dei miei racconti. La realtà, invece, come recita l’adagio, spesso supera la fantasia e ci offre storie di vita talmente emblematiche che sarebbe difficile per una mente umana partorirle senza sconfinare nell’assurdo e il paradossale. In effetti la notizia è apparsa sui giornali ma un po’ in sordina, perché sembra più accattivante parlare di altre amenità, come lo scampato pericolo per Miss Italia, ad esempio, o l’assegno dimezzato della povera Lario. Invece la storia di Csanad Szegedi è intrigante e presenta importanti spunti di riflessione.
Quest’uomo dal nome impronunciabile, almeno per chi non conosce la sua lingua, fino a un anno fa circa era il leader del partito ultraconservatore Jobbik, un movimento che possiamo definire tranquillamente come neonazista, che dal 2006 è presente nel parlamento ungherese grazie alle sue idee antisemite, razziste e xenofobe. Ma la vita, il destino, una giustizia sublime hanno tessuto una trama impensabile: il nostro nazistone, improvvisamente, scopre che metà della sua famiglia, da parte di madre, è stata sterminata ad Auschwitz perché ebrea.
Ci ha messo un anno per capire cosa stava accadendo alla sua vita, e possiamo capirlo. Sapere che i propri idoli, la propria cultura di riferimento, il proprio credo che, in questi casi, diventa più religioso che politico, potrebbero essere i tuoi carnefici, sapere che tu stesso saresti il promotore della tua persecuzione, sapere i quei soldati che tanto ammiri, quell’Hitler che idolatri sono i carnefici di buona parte del parentado credo sia quantomeno sconvolgente. Così Szegedi s’è preso un anno sabbatico, ha riordinato tutti i pezzi del suo misero cervello andato in frantumi con la scoperta, e oggi è tornato a farsi vedere.
Così sappiamo che, oggi, l’ex nazistone è diventato un fervente ebreo praticante, rispetta lo shabbat, frequenta i riti ebraici e cerca addirittura di abituarsi alla cucina tipica di questo popolo che, fino a pochi mesi fa, avrebbe volentieri cotto nei forni di quella stessa Auschwitz dove hanno trovato la morte i suoi parenti. Sono stati i suoi rivali di partito, a quanto pare, a informarlo del piccolo dettaglio che faceva di lui una persona poco idonea a guidare un partito che avanza al passo dell’oca. Così se lo sono levato di torno, anche se lui dichiara di essere rimasto un conservatore (ma tra conservatore e nazista ce ne passa) “timorato di Dio”. Solo che ha cambiato dio. E anche qualche pericoloso atteggiamento.
Ora immaginiamo cosa potrebbe accadere, per fare un esempio, ad un leghista che si scopra figlio di Rom, o a un fascista nostrano, di quelli che vorrebbero affondare i barconi in mezzo al mare con la gente dentro, se apprendesse che suo padre è sceso anch’egli da un barcone. Immaginiamo uno dei tanti pittoreschi militanti dei movimenti di estrema destra che si scoprisse ebreo. Possiamo anche immaginare la stessa situazione con protagonista uno dei tanti antisemiti di sinistra. Sarebbe una tragedia psicologica. Ma come reagirebbero? E come reagiremmo noi se, per esempio, ci ritrovassimo accomunati dal destino a quello di chi abbiamo sempre detestato, odiato e combattuto: un berlusconiano che si ritrova comunista, un comunista dai natali berlusconiani, un anticlericale figlio di un prete, un bersaniano cugino di Renzi. Fatto sta che le vita ci insegna che a volte l’intolleranza ci si può ritorcere contro, che c’è un contrappasso anche in vita, non sempre, ma c’è.
Una nota a margine, tanto per ribadire il concetto che, comunque, tutto il mondo è paese: il nazistone, ormai ex tale, eletto nelle file del suo partito di nazistoni al Parlamento Europeo, ha cambiato dio, religione, atteggiamento, vita, alimentazione ma non si è dimesso dal suo seggio.
Luca Craia