di Michela L.
Quest’estate, sotto l’ombrellone, ho portato con me il suo ultimo libro: Pantumas. La parte iniziale del libro l’ho trovata decisamente lenta, l’idea di vedere come un film (con tanto di pellicola e bobina!) la vita del defunto Lisandru Niala, noto Zumpeddu, è piuttosto banale. Superato lo smarrimento iniziale la storia prende il via, ripercorrendo un po’ a casaccio i momenti salienti della vita del protagonista, e finalmente posso riconoscere le caratteristiche che tanto ho apprezzato dello scrittore nei libri precedenti, quella sorta di magico realismo che è ormai un segno distintivo delle sue opere, anche se per l’autore nei suoi libri c’è tanto realismo e poca magia.
La vicenda si svolge a Chentupedes, un antico villaggio scavato fra i monti: la tradizione vuole che i coniugi legati da un vincolo d’amore muoiano insieme, come insieme sono vissuti. Qualcosa però non è andata come avrebbe dovuto e Lisandru muore solo, la moglie Rosaria lo aspetta pazientemente e dopo un anno ritorna sotto forma di pantuma (fantasma) per portarla via con sé: prima però è necessario raccontarsi tutto, rivivere, anzi rivedere, la vita passata tra gli amori, i tradimenti, le nascite e le morti per poter fare insieme il loro ultimo viaggio.
Bello, realistico e magico… come sempre!
Purtroppo, però, ho un altro piccolo appunto da fare all’autore: riguarda la predica che sul finale del libro dedica alle donne di oggi: il mio compagno (furbetto) mi ha suggerito un’altra chiave di lettura e cioè un elogio smisurato alla forza d’animo delle donne e alla loro capacità di capire e perdonare, ma io mi chiedo perché mai le donne dovrebbero continuare a “capire gli uomini e i loro sensi di colpa”(pag. 150)?
Forse è arrivato il momento che siano loro a capire noi donne, o no!?
Pantumas, di Salvatore Niffoi
(Ed. Feltrinelli, 2012, pp. 171, ISBN 9788807019012)